L'islamismo c'entra con il terrorismo? Chiedere ai cristiani in medio oriente

Al direttore - Insomma la procura ci ha provato, è andata male e si va avanti come se niente fosse successo. I pm barano sulle intercettazioni usando un virus spia che non potevano usare, strumentalizzano il reato associativo e “pagano” solo con l’annullamento dell’ordine di carcerazione. Il Csm tace, l’Anm pure, il ministro non ne parliamo, i tg non spiegano le ragioni del provvedimento del riesame, i giornaloni prendono atto con pezzi stringatissimi. Non so, ma un’ispezione, un procedimento disciplinare significherebbero una “delegittimazione” della procura? Allora va bene l’impunità per il gioco delle tre carte sulla pelle di un signore che s’è fatto sei mesi di arresti gratis.


Frank Cimini



 


 

Al direttore - Quando Papa Francesco prega per i morti e i feriti di Barcellona fa il suo mestiere, ma i mandanti e i manovali delle stragi non possono essere assolti: vanno combattuti con ogni mezzo. Per sgominare il nemico, però, bisogna prima conoscerlo. Ora, siamo sicuri di conoscerlo davvero? Stando a certe analisi del terrorismo islamista, attente a non urtare la sensibilità dei fedeli di Maometto, non si direbbe. E’ merito di Hannah Arendt, al di là di alcune forzature presenti nelle sue tesi, la lettura del totalitarismo novecentesco come forma politica assolutamente nuova e diversa dalle altre forme storicamente conosciute (dispotismo, tirannide, dittatura, assolutismo, autocrazia). L’essenza di questa nuova e diversa forma politica per la filosofa tedesca era il terrore, e il suo principio di azione era nel pensiero ideologico. L’ideologia totalitaria pretende infatti di spiegare con granitica certezza il corso della storia: i segreti del passato, l’intrico del presente, le vie del futuro: “Rimane il fatto – scriveva profeticamente la Arendt – che la crisi del nostro tempo e la sua esperienza centrale hanno portato alla luce una forma interamente nuova di governo che, in quanto potenzialità e costante pericolo, ci resterà probabilmente alle costole per l’avvenire” (“Le origini del totalitarismo”, 1951). Totalitarismo viene da “totalità”, e quindi esprime qualcosa che abbraccia e pervade tutto. Ebbene, dubbi non possono esserci: L’Isis è l’espressione più aggressiva e più violenta del totalitarismo del terzo millennio. Europa e Stati Uniti ci misero un bel po’ di tempo prima di capire la vera natura dell’espansionismo e dell’egemonismo hitleriano. Stanno commettendo lo stesso errore con il radicalismo islamista? In qualche misura, sì. Basti pensare all’Arabia Saudita, patria dell’estremismo salafita-wahabita,che continua a godere di una sorta di immunità diplomatica a Washington e nelle cancellerie europee. Ma quello che muove i foreign fighters e i militanti jihadisti che vivono nelle periferie delle nostre città non è solo il fanatismo religioso -soprattutto nella versione premiale del “paradiso dei martiri” – ma un’ideologia totalizzante. L’islam radicale appare loro come l’unica utopia rivoluzionaria capace di dare identità, di opporsi a una cultura che disprezzano e di sovvertire realtà sociali da cui sentono di essere disprezzati. Il capolavoro di Al Baghdadi è stato quello di aver dato forma concreta a questa utopia con la costruzione del califfato, che ha offerto ai giovani radicalizzati una sponda politica e ideale alla decisione di combattere la guerra in occidente. Adesso il suo edificio statuale sta crollando, ma la sua idea non è morta. Poiché non si può abolire la produzione di camion, furgoni e suv, che il Dio dei Vangeli ci protegga.


Michele Magno 



 

Su questo tema, purtroppo, la dottrina di Papa Francesco è emersa con chiarezza pochi mesi fa, a febbraio, durante un discorso fatto a Roma, all’Università di Roma Tre. Francesco ha messo sullo stesso piano le tre religioni monoteiste, ha detto che “non esiste il terrorismo cristiano, non esiste il terrorismo ebraico e non esiste il terrorismo islamico” e ha negato dunque ancora una volta la possibilità che vi sia una razionalità nel disegno portato avanti dagli estremisti islamici. Purtroppo, come ci dimostra anche l’attentato di Barcellona, i terroristi che uccidono in nome di un dio non lo fanno per ragioni legate alla povertà, per ragioni legate alla diseguaglianza sociale, per ragioni legate alla depressione, per ragioni legate all’eccesso del liberismo sfrenato. Lo fanno per ragioni legate a una interpretazione letterale di alcuni passaggi del Corano. Non si può chiedere a Papa Francesco, al Papa della misericordia, di fare quello che fece il suo predecessore, che ebbe il coraggio di mettere in discussione alcuni tabù dell’islam. Si potrebbe chiedere qualcosa di diverso, qualcosa di più semplice: chiedere per esempio ai cristiani in medio oriente se l’islamismo c’entri no con la loro persecuzione.

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