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la versione di cassese

Tutti contro la burocrazia

E’ accusata, a torto, di ogni male e la sua semplificazione è considerata la madre di tutte le riforme

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Procure, Anac e Corte dei conti si sono mobilitati, nei giorni scorsi, a difesa dei propri poteri agitando lo spettro dell’illegalità, della corruzione, dello sperpero del pubblico denaro. Si sono, però, ben guardati dal dimostrare quanto efficace sia la loro azione, visto che, con tanti “cani da guardia”, a loro dire, illegalità, corruzione e sperpero del denaro pubblico continuano a ritmi addirittura crescenti.

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Procure, Anac e Corte dei conti si sono mobilitati, nei giorni scorsi, a difesa dei propri poteri agitando lo spettro dell’illegalità, della corruzione, dello sperpero del pubblico denaro. Si sono, però, ben guardati dal dimostrare quanto efficace sia la loro azione, visto che, con tanti “cani da guardia”, a loro dire, illegalità, corruzione e sperpero del denaro pubblico continuano a ritmi addirittura crescenti.

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Questo è il primo punto dolente: ci si agita e si interviene senza avere dati obiettivi, raccolti sul campo. Un compito delle stesse autorità menzionate, oltre che dell’Istat. Quest’ultimo, qualche tempo fa, ha svolto un’indagine interessante sulla corruzione misurata, invece di quella percepita, che ridimensiona fortemente quest’ultima. Dovrebbe continuare in questo compito, rendendosi utile all’opinione pubblica e al legislatore. 

 

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Un’altra anomalia è costituita dal fatto che il Pd sembra si sia schierato sul fronte conservatore, a difesa dell’esistente. 

 

Non meraviglia, visto che ai partiti mancano programmi e linee direttrici di azione, quelli che una volta nascevano nella “base”, nelle sezioni, in interminabili ma fruttuosi dibattiti, spesso venati di ideologismi, ma utili per formare un “idem sentire”. 

 

Lasciamo da parte gli atteggiamenti di corpi dello stato e di forze politiche e passiamo ai provvedimenti in cantiere. 

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Questi sono dettati dal desiderio di “tagliare la burocrazia”, incolpata di tutti i possibili mali. Ora, una volta, fino alla svolta del 1992-1993, quando è stata introdotta la separazione tra indirizzo e controllo (spettanti alla guida politica) e gestione (spettante alla burocrazia), era il ministro che “firmava” gli atti. Se questi erano firmati da un alto funzionario, la sua firma era apposta sotto la dicitura “per il Ministro” o “d’ordine del Ministro”. La separazione ha scaricato il corpo politico delle responsabilità delle decisioni “day-to-day”. 

 

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Tuttavia il ministro rimane il primo degli amministratori. 

 

Sì, anche se si è scaricato di questo compito e delle relative responsabilità, in parallelo con la riduzione delle sue immunità penali e civili. Ora, quindi, guida una barca della quale si lamenta ogni giorno, senza, tuttavia, riprendere il proprio ruolo iniziale, ciò che potrebbe fare, non essendo quella distinzione tra indirizzo/controllo e gestione un principio costituzionale. Merita ricordare quindi le osservazioni scritte da Francesco Saverio Nitti nel suo “Meditazioni e ricordi” (Mondadori, 1953). I ministri inesperti – scrive Nitti – sono quelli che “hanno per abitudine di far cadere tutte le responsabilità sulla burocrazia e di dire che gli impiegati non valgono nulla – e così danno prova della loro incapacità, cioè di non saper utilizzare gli uomini secondo le loro attitudini”. 

 

Ma il ruolo del ministro è mutato da allora. Spesso non vede e non sente l’alta burocrazia. Ha contatti con il suo staff (il gabinetto, spesso molto pletorico). Deve far politica, stare nelle piazze per essere eletto, seguire i sondaggi, “stare sui social”, perdere più tempo negli studi televisivi e in interviste, anche per strada, che nel proprio ufficio. 

 

Sì, ma allora che titolo ha per rivolgere critiche così dure alla burocrazia? Può immaginare il direttore di un giornale che mette piede solo episodicamente nel proprio ufficio, vede solo qualcuno dei giornalisti, e tuttavia si lamenta dell’apparato che da lui dipende? Si potrebbe aggiungere che, se il taglio della burocrazia, la semplificazione, sono la madre di tutte le riforme, non ci si spiega perché chi è al governo da qualche anno non abbia cominciato la sua azione semplificatrice fin dall’inizio. Aggiungo, a proposito del modo di far politica, che la ricerca della popolarità a ogni costo è un fatto negativo. Luigi Einaudi, scrivendo nel 1960 l’introduzione alla traduzione italiana del libro scritto dall’allora giovane senatore John F. Kennedy (“Ritratti del coraggio”), che sarà poi presidente degli Stati Uniti, osservava che il “disprezzo della popolarità […] nel libro è segnalato come la virtù massima dell’uomo di Stato”. E il prefatore americano, lo storico Allan Nevins, osservava che “il senatore Kennedy tratta d’un genere speciale di coraggio: il coraggio morale d’un capo parlamentare il quale, in difesa di princìpi, affronta la passione dei colleghi, degli elettori e d’una maggioranza del pubblico in genere”, per affermare “il diritto del rappresentante eletto a esercitare liberamente il proprio giudizio”. Vede quanto diversa è la situazione odierna, nella quale i politici, alla ricerca della popolarità, con molta leggerezza, fanno dei propri collaboratori (tali sarebbero i burocrati) bersaglio delle più infamanti accuse? 

 

Qui solleva un problema relativo al modo di fare politica odierno, quello non di esporre idee e svilupparle, ma di indicare bersagli. 

 

Questo non dovrebbe però comportare di dimenticare gli sforzi precedenti. In materia di semplificazione, ad esempio, l’analisi e le proposte prodotte dal Servizio studi della Confindustria, per opera principalmente di Gianpaolo Galli, nel 1998, raccolte in tre volumi editi dal Mulino con il titolo “L’Italia da semplificare”. Se ne sarò dimenticata persino la Confindustria? 

 

Aggiungo che esiste un apparato semplificatorio, il Comitato interministeriale di indirizzo e guida strategica delle politiche di semplificazione, varato un quindicennio fa, e la Commissione per la semplificazione e la qualità della regolazione. 

 

Nonché gli atti prodotti dal governo immediatamente precedente a questo in carica, e composto in parte dalle stesse persone, che alla fine del 2018 aveva varato norme per la semplificazione. E’ stata fatta un’analisi di questi tentativi o si è cominciato dal nulla, come se non vi fossero state precedenti esperienze? Non è anche questo preoccupante, questa sordità rispetto ai precedenti, questa disattenzione per quanto è stato fatto proprio ieri? E’ un bel modo di governare?

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