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Ridurre le emissioni non è il solo modo di mitigare i cambiamenti climatici

Rivista Energia

Sempre più studi attestano il contributo che riforestazione e stop alla deforestazione possono apportare contro il riscaldamento globale

dal sito www.rivistaenergia.it

Ridurre le emissioni di CO2 industriali ed energetiche non è il solo modo per mitigare l’incremento della temperatura. Sono sempre di più gli studi che attestano il solido contributo che la riforestazione e lo stop alla deforestazione possono offrire nella lotta ai cambiamenti climatici. Gli alberi assorbono infatti anidride carbonica dall’atmosfera durante il processo di fotosintesi clorofilliana e la tengono intrappolata per poi rilasciarla gradualmente durante la sua decomposizione (o rapidamente in caso di combustione).

 

Secondo l’IPCC, circa il 23% delle emissioni di gas serra antropogeniche proviene infatti dal cosiddetto settore AFOLU, ovvero da agricoltura, silvicoltura e altri usi del suolo (Agriculture, Forestry and Other Land Uses), con la deforestazione a fare la parte del leone e solo parzialmente compensata da imboschimenti e rimboschimenti e da altri usi del suolo. Specularmente, la protezione delle foreste e la riduzione del degrado forestale è l’opzione di mitigazione che ha il potenziale più elevato anche in termini di benefici ambientali e sociali (tra lo 0,4 e i 5,8 GtCO2-eq all’anno).

 


La protezione delle foreste e la riduzione del degrado forestale è l’opzione di mitigazione che ha il potenziale più elevato anche in termini di benefici ambientali e sociali


 

E non si tratta solo della purtroppo ben nota Foresta Amazzonica, una delle poche foreste a conquistarsi qualche titolo sui giornali, da ultimo per le esternazioni del Presidente Jair Bolsonaro che intende sfruttarne le abbonanti risorse minerarie. Sono numerose e sparse per il globo le foreste che meriterebbero (non solo per i benefici climatici) di essere tutelate e restaurate.

 

Nello stesso Brasile c’è un’altra, meno conosciuta, foresta pluviale che, come riporta il World Resources Institute, se restaurata sarebbe in grado di offrire un importante contributo contro i cambiamenti climatici, salvaguardando al contempo la biodiversità e dando un impulso all’economia rurale: la Foresta Atlantica. Un’area che si espande dal nord del Paese fino ad addentrarsi in Paraguay, estremamente varia e ricca a livello di biodiversità, ma che va degradandosi dai tempi dei primi esploratori europei, tanto che ha perduto ormai l’80% della sua originaria copertura arborifera (contro l’“appena” 19% della Foresta Amazzonica).

 
Secondo uno studio pubblicato da Science Advances citato dal WRI, vi sono aree economicamente più efficienti da restaurare di altre. La Foresta Atlantica, oggi casa di oltre 145 milioni di brasiliani, è una di queste, con un potenziale di quasi 40 milioni di ettari (grosso modo la medesima superficie dell’intera Norvegia). Ma sono state individuate foreste anche in Indonesia, India, Madagascar e Colombia.

 


Le aree potenzialmente riforestabili sono pari all’intera Cina e consentirebbero di togliere dall’atmosfera 4 volte la CO2 prodotta al mondo in un anno


 

Un altro studio, pubblicato su Science e anch’esso citato dal WRI, ha mappato nel mondo un’area potenzialmente riforestabile di 0,9 miliardi di ettari (pari all’estensione della Cina) che sarebbe in grado di togliere dall’atmosfera 205 miliardi di tonnellate di CO2, un ammontare pari a 4 volte le emissioni di gas serra che vengono emesse annualmente a livello globale.

 

I benefici della riforestazione sono molteplici e non unicamente di carattere etico e ambientale. Per città come Rio o São Paulo, la restaurazione della Foresta Atlantica significherebbe ripristinare una “infrastruttura naturale” in grado di migliorare la qualità dell’acqua, ridurre l’erosione del suolo e l’inquinamento delle riserve idriche.

 

Ma la riforestazione può avere anche vere e proprie finalità economiche. Investire in sistemi agroforestali caratterizzati da interazioni ecologiche ed economiche tra alberi legnosi, coltivazioni ed allevamenti consente di produrre alimenti e legname, stoccare CO2 e tutelare la biodiversità. Un approccio più ecologico e sostenibile della tradizionale agricoltura, ritenuta responsabile di circa la metà delle emissioni di metano indotte dall’uomo e principale fonte di protossido di azoto: entrambi gas ad effetto serra molto potenti.

 

Interventi che dovrebbero interessare anche i paesi industrializzati, a partire – come dichiarato dal Presidente di Repsol sul Financial Times, Antonio Brufau Niubó – dall’Europa, che potrebbe così evitare annunci accattivanti ma dannosi per la sua stessa economia per concentrarsi invece su una politica più efficace per l’ambiente.

 


Rimuovere 1 tonn. CO2 tramite la tassazione automobilistica costa 200€ o più contro gli appena 15€ dei progetti di riforestazione


 

Al riguardo, porta l’esempio della fiscalità su benzina e gasolio. Il costo per rimuovere una tonnellata di CO2 attraverso la tassazione del trasporto su strada è infatti di 200€ o più. Se anziché tartassare gli automobilisti danneggiando l’industria del continente venisse investito il 15% di tali imposte in programmi di riforestazione su larga scala si riuscirebbe a compensare le emissioni dell’intero settore del trasporto su strada dell’UE.

 

Questi progetti sono infatti realizzabili a costo estremamente inferiore (a partire da soli 15 € per tonnellata di CO2 assorbita) e sono per di più realizzabili laddove risulta più appropriato. Anche quindi nei paesi in via di sviluppo, ai quali i paesi industrializzati hanno promesso ma finora disatteso finanziamenti nell’ambito dell’Accordo di Parigi.

 

La tutela e il ripristino delle foreste è quindi un approccio alla mitigazione di cui si parla poco, ma che può dare risultati concreti, anche e forse soprattutto a fronte dei numerosi incendi che stanno interessando diverse aree del globo – come SiberiaArticoCanarieGreciaPortogallo Bolivia – in questa torrida estate.

Fonte: ESA

Il post è stato pubblicato su www.rivistaenergia.it in data 20 Agosto 2019