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un foglio internazionale

Perché l'apocalisse tira

Viviamo in un mondo che annuncia un futuro cupo e decrepito. Pochi propongono qualcosa di costruttivo. Si sentono soltanto geremiadi

Quando è stata l’ultima volta che hai sentito una visione davvero nuova del futuro – una che non riciclasse semplicemente delle nozioni in circolazione da molto prima che nascessi? Di questi tempi, si tratta di merce rara. Dai un’occhiata agli oggetti che compongono le immagini del futuro nella cultura popolare, e troverai che la maggior parte di questi sono antichi”. Così inizia l’articolo del noto commentatore americano John Michael Greer su UnHerd. “Le machine volanti – continua – sono un grande esempio. Non sono affatto nuove: il pioniere dell’aviazione Glenn Curtiss ha costruito e testato la prima macchina volante nel 1917. Il problema è che i compromessi ingegneristici necessari per costruire un veicolo adatto allo stesso tempo per la strada e per l’aria significano che la tua macchina volante avrà delle pessime performance in entrambi i circuiti. Costerà così tanto che, allo stesso prezzo, potresti comprare una buona macchina, un buon aereo e pagare la caparra per uno yacht di medie dimensioni”. 

Questi prototipi hanno sempre fallito – questo è il motivo per cui non ci sono le macchine volanti, spiega Greer. Lo stesso discorso vale per tanti altri oggetti futuristici di cui si parla da cent’anni. La sostituzione degli umani con i robot, l’energia da fusione nucleare, il viaggio extraterrestre, la connessione internet per tutti. Questi progetti hanno lo stesso problema delle macchine volanti: certo, sono possibili (l’unica eccezione è l’energia da fusione, attorno a cui c’è ancora parecchia incertezza) ma i benefici limitati non coprono nemmeno lontanamente i costi astronomici. Tuttavia, scrive Greer, gli “stessi vecchi futuri, ingrigiti da decenni di polvere, continuano a definire il nostro immaginario popolare”. Per molte persone il mondo di “Star Trek” corrisponde alla propria idea di futuro, nonostante siano passati oltre cinquant’anni dall’uscita della serie tv. “Ma ‘Star Trek’ non è il nostro futuro. E’ il corpo imbalsamato di un futuro che è morto tempo fa”. Questo paradosso racconta molto del nostro presente. I ribelli degli anni Sessanta e Settanta erano dei visionari; immaginavano un futuro radicalmente diverso dal presente, e che metteva paura alle classi dominanti, all’establishment. In quegli anni, chiunque voleva sovvertire lo status quo – dai gruppi ambientalisti alle femministe – si è poi istituzionalizzato, e ha messo da parte la propria visione rivoluzionaria. La rinuncia di un’idea nuova di futuro fa parte di questo stesso processo.

Il risultato è stata una paralisi dell’immaginazione, che ha avuto serie conseguenze politiche. “Avete notato quante delle crociate politiche degli ultimi quarant’anni sono state contro, anziché a favore, di un’idea? E’ tutto incentrato su combattere o fermare qualcosa, anziché concepire un cambiamento costruttivo e poi indicare come farlo diventare realtà. I partiti politici insistono che gli avversari peggioreranno le cose, senza offrire alcuna speranza che le cose miglioreranno. Non è una sorpresa che così tante persone sono sedotte dalle fantasie apocalittiche. In confronto a un futuro che non è mai meglio della miseria del presente, anche l’estinzione di massa assume un certo fascino”.

Secondo Greer, le idee del futuro dominanti corrispondono a qualcosa di più vecchio di “Star Trek”. Prendete il concetto del “Grande Reset” proposto dal fondatore del World Economic Forum Klaus Schwab, che immagina una società in cui “nessuno possiede nulla, una burocrazia enorme e intrusiva controlla ogni dettaglio della tua vita, e tu sarai felice”. Secondo il commentatore, questa visione non rappresenta nulla di nuovo, anzi corrisponde grosso modo allo stalinismo. Che dire del futuro che inizia con i giovani che si trasferiscono nelle comuni in campagna per dare inizio a una nuova società? si domanda Greer. Questa è un’idea ancora più vecchia, se ne parlava già nell’Ottocento.

Qual è la morale della favola? “Se devi prendere in prestito un futuro dal passato, trovane uno che funziona. Se devi inventarne uno dal nulla, non lasciare che il futuro dipenda da una fonte di energia che non esiste: questo è stato il problema di fondo del futuro concepito da ‘Star Trek’ (…). Non dare un potere illimitato a un sistema burocratico contando sul fatto che non ne abuserà. Questo è stato il motivo per cui il glorioso futuro socialista ha trasformato l’Unione sovietica, la Cina di Mao e la Cambogia in mattatoi. Non pensare di potere fuggire dalla società e creare un’utopia su cinquanta ettari di campagna: è stato provato molte volte, e le possibilità di successo sono state infinitesimali”. 

Secondo Greer, esistono tutt’ora delle visioni innovative del futuro, il problema è che i suoi fautori tendono ad avere una logica cospirazionista, assumendo che i nostri governanti vogliano conquistare il mondo. Se mettono da parte gli elementi complottisti, queste menti possono sviluppare un’idea di un futuro migliore e più interessante. Il mondo di domani non assomiglierà a quello descritto dai media. Dobbiamo essere pronti a confrontarci con il progresso tecnologico e con il disfacimento tecnologico; ci saranno svolte inattese, nuove opportunità e limiti invalicabili. Avverrà tutto questo, e in contemporanea. Così avanza la Storia. “Prima lo capiamo, e rinunciamo al futuro obsoleto che ha costruito l’immaginario collettivo, e prima saremo in grado di immaginare un domani in cui vale la pena vivere, per poi uscire fuori, e dargli forma – conclude Greer –. Questo è un esempio di quando fare le domande è più utile che offrire le risposte. Mettete da parte i futuri decrepiti che vengono propagati dai media, e chiedetevi cosa volete dal futuro”. 

 

La traduzione è di Gregorio Sorgi
 

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