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Cento anni fa la Russia sovietica fu il primo stato al mondo a legalizzare l’aborto

Oggi ci sono 50 milioni di aborti all’anno secondo l’Oms. “E’ iniziato con un regime dedito all’abolizione dei diritti umani e della famiglia” Scrive il Catholic World Report (17 novembre)

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Questo articolo è stato pubblicato su Un Foglio internazionale, l'inserto a cura di Giulio Meotti con le segnalazioni dalla stampa estera in edicola ogni lunedì

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“Il 18 novembre 1920, la Russia sovietica è diventata il primo paese a legalizzare l’aborto”, ha detto Jennifer Roback Morse, Ph.D., fondatrice e presidente del Ruth Institute, ricordando i 100 anni del tragico evento. “Non sorprende che uno stato totalitario sia stato un pioniere dell’aborto legalizzato. Proprio come il comunismo viola i diritti umani su vasta scala, l’aborto nega il più fondamentale dei diritti – il diritto alla vita – al nascituro”, ha dichiarato la Morse. “Ecco perché è ironico che così tante organizzazioni internazionali cerchino di descrivere l’aborto come un diritto umano fondamentale, paragonabile alla libertà di parola o al diritto a un giusto processo”.

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Fino alla fine della Seconda guerra mondiale, l’aborto legalizzato era limitato alla Russia e ai paesi controllati dall’Urss, poi Svezia e Giappone hanno seguito l’esempio. Negli anni 60 e 70, molte democrazie europee hanno approvato leggi simili. Nel 1973, la Corte suprema impose l’aborto agli Stati Uniti. Oggi, l’Organizzazione mondiale della sanità stima che ci siano 50 milioni di aborti all’anno in tutto il mondo. “Il numero di aborti eseguiti negli ultimi 100 anni potrebbe essere di miliardi”, ha detto Morse. E’ importante per tutti noi capire le origini dell’aborto legalizzato. E’ iniziato con un regime dedito all’abolizione dei diritti umani e della famiglia e alla massiccia espansione del potere statale”, ha accusato la Morse. Leon Trotsky, allora in esilio forzato, disse che “il potere rivoluzionario ha dato alle donne il diritto all’aborto” come “uno dei suoi più importanti diritti civili, politici e culturali”. Questo era implicito nella visione di Trotsky della “nuova famiglia”. Per arrivarci, “la vecchia famiglia deve dissolversi molto più velocemente”. Niente di meglio dell’aborto. “Non puoi ‘abolire la famiglia”, ha detto Trotsky. “Devi sostituirla”.

 

Una fonte autorevole della fine degli anni 60, il professor H. Kent Geiger, nel suo lavoro sulla Harvard University Press, riferì: “Si possono trovare donne sovietiche che hanno avuto venti aborti”. Negli anni 70, secondo le statistiche ufficiali del ministero della Sanità sovietico, l’Urss registrava in media 7-8 milioni di aborti all’anno, annientando intere generazioni future di bambini russi. Solo di recente, sotto Vladimir Putin, di fronte a un calo demografico previsto da 140 milioni di russi nel 2000 a 104 milioni entro il 2050 (secondo le proiezioni dell’Organizzazione mondiale della sanità), la Russia ha posto restrizioni all’aborto e creato politiche per incoraggiare la fertilità. Resta da vedere se avranno sortito l’effetto sperato.

 

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