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il figlio

Vichingo in pelliccia, albero di Natale traballante e altre fragilità

Annalena Benini

Non è l’inizio che aspettavamo. Ma i ragazzi sono diventati molto più saggi e forti di noi

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Che cosa succede dopo un tentativo di golpe di inizio anno, nel giorno in cui bisognerebbe smontare l’albero di Natale ma nessuno ne ha voglia, e quindi l’albero, ormai traballante, storto e sconfortato, resta lì dove si trova, testimone di tutto, anche di questo assalto violento al Congresso americano? L’albero, già messo a dura prova dagli assalti violenti di due gatti scatenati (ma con pellicce naturali e senza diritto di voto), che cercano ogni giorno e ogni notte di farlo cadere o almeno di rompere tutte le palline e di conquistarlo, ha comunque resistito fino alla sera in cui doveva finire ripiegato in una scatola e infilato in un soppalco stretto e buio. Ma a quel punto il problema del suo abbattimento è stato totalmente superato dalla visione grottesca di Jake lo Sciamano travestito da bisonte tatuato, o da vichingo, e di tutti gli altri con lui.

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Che cosa succede dopo un tentativo di golpe di inizio anno, nel giorno in cui bisognerebbe smontare l’albero di Natale ma nessuno ne ha voglia, e quindi l’albero, ormai traballante, storto e sconfortato, resta lì dove si trova, testimone di tutto, anche di questo assalto violento al Congresso americano? L’albero, già messo a dura prova dagli assalti violenti di due gatti scatenati (ma con pellicce naturali e senza diritto di voto), che cercano ogni giorno e ogni notte di farlo cadere o almeno di rompere tutte le palline e di conquistarlo, ha comunque resistito fino alla sera in cui doveva finire ripiegato in una scatola e infilato in un soppalco stretto e buio. Ma a quel punto il problema del suo abbattimento è stato totalmente superato dalla visione grottesca di Jake lo Sciamano travestito da bisonte tatuato, o da vichingo, e di tutti gli altri con lui.

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Un tempismo perfetto, a voler seguire le teorie complottiste del vichingo, e in effetti l’albero si trova molto vicino al televisore e quindi non poteva non sapere. Caro albero, che tra l’altro sei sempre lo stesso da molti anni e perdi i pezzi e subisci da parte nostra un breve innamoramento e poi un lungo e crescente disamore finché qualcuno, di solito io, ti smonta con furia e ogni volta minaccia di cambiarti, soprattutto perché perdi la neve (la neve è stata una mia idea, ma non sapevo che cadesse e restasse attaccata alle mani), anche stavolta ti sei salvato. Anche stavolta hai guadagnato altri giorni di lucine intermittenti. Forse mesi, forse a questo punto puoi restare fino alla mia vaccinazione, quando sarà, perché non ho nessuna intenzione di occuparmi di te finché non mi sentirò un po’ più al sicuro.

 

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E’ uno strano nuovo inizio, questo, pieno di cattivi auspici e di confusione. Non è quello che speravamo. Mio figlio è tornato in classe, per non diventare un vichingo complottista in pelliccia e senza mascherina, mia figlia è rimasta a casa davanti al computer, impegnata in una discussione con compagni e professori (voci metalliche e amareggiate) su come sarà possibile, da lunedì, entrare a scuola alle dieci del mattino e tornare a casa alle quattro del pomeriggio e pranzare, e poi studiare, fare sport, cenare, esistere ancora, non odiare la scuola e non odiare i professori che devono usare i giorni di presenza per fare tutti i compiti in classe. Ho sentito un professore che diceva: forse sono stupido io che non ci sto capendo niente, ma è davvero tutto difficile, e con le finestre aperte in classe a gennaio mi prenderò anche la broncopolmonite. E i ragazzi lo consolavano. Ho sentito una ragazza che diceva ai compagni, poiché si stanno decidendo picchetti distanziati e scioperi: però non facciamo la cafonata all’americana.

 

Forse c’è un prima e un dopo cafonata americana, forse invece di dire all’albero di Natale che è tutto storto e spelacchiato dovrei ringraziarlo per la sua fatica di restare in piedi e di intrattenere i gatti, distogliendoli dalla distruzione del resto della casa. Forse i ragazzi delle scuole superiori, che non vanno a scuola da quasi un anno ma stanno sei ore ogni giorno davanti a una telecamera, che escono pochissimo da quasi un anno e che consolano i professori amareggiati e semplicemente chiedono di poter avere un po’ di chiarezza e un panino col salame da mangiare in cortile, sono diventati in questo anno molto più saggi di quel che ci aspettavamo, molto più adulti e per niente vichinghi. Molto più forti di noi. Mio figlio deve imparare a memoria: “Caron dimonio con occhi di bragia”, il terzo canto dell’Inferno: è il canto in cui Dante, alla fine, sviene per la paura, e questa faccenda dello svenimento e del terrore dei dannati che vanno verso le tenebre eterne a mio figlio diverte molto, mentre naturalmente io mi sento svenire. Forse alla fine di tutto questo sarò io a diventare l’albero di Natale traballante. Quindi adesso vado a raddrizzarlo un po’, e ad accendergli la televisione.

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