PUBBLICITÁ

Samuel Paty, il lavoro più difficile del mondo, e la nostra difficoltà a riconoscerlo

Perché è così difficile ringraziare gli insegnanti? Il rischio della libertà.

Annalena Benini

Perché è così difficile ringraziare gli insegnanti? Il rischio della libertà. “Senza il suo insegnamento non ci sarebbe  nulla di tutto questo”. La lettera di Camus 

PUBBLICITÁ

Gli eroi di oggi sono i medici, e gli infermieri, e poi ancora i medici, e i primari che con gli infermieri alla fine del turno vanno a fare i tamponi ai senzatetto, e l’infermiere che non lascia sola la signora intubata in ospedale, e quando torna a casa dai figli, di notte, si spoglia sulla porta e chiude i vestiti in una busta di plastica prima di farsi la doccia con l’Amuchina. Loro non si sentono eroi, naturalmente, ma per noi lo sono. Ci affidiamo a loro più che a chiunque altro. Speriamo in loro più che in chiunque altro. Sappiamo bene quanto rischiano, anche, forse più di chiunque altro. Dopo che Samuel Paty, professore di scuola media di quarantasette anni (Storia e Geografia, ma anche Educazione civica e morale), è stato decapitato (decapitato!) in Francia da un diciottenne russo-ceceno che ha subito postato su Twitter la foto della testa mozzata, “Da Abdullah, servitore di Dio, a Macron, leader degli infedeli, ho giustiziato uno dei tuoi cani dell’inferno che aveva osato prendere in giro il Profeta”, ho pensato, osservando una commozione, un’indignazione e un turbamento contenuti, trattenuti: ma perché, invece, ci riesce così difficile ringraziare e sostenere gli insegnanti? 

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Gli eroi di oggi sono i medici, e gli infermieri, e poi ancora i medici, e i primari che con gli infermieri alla fine del turno vanno a fare i tamponi ai senzatetto, e l’infermiere che non lascia sola la signora intubata in ospedale, e quando torna a casa dai figli, di notte, si spoglia sulla porta e chiude i vestiti in una busta di plastica prima di farsi la doccia con l’Amuchina. Loro non si sentono eroi, naturalmente, ma per noi lo sono. Ci affidiamo a loro più che a chiunque altro. Speriamo in loro più che in chiunque altro. Sappiamo bene quanto rischiano, anche, forse più di chiunque altro. Dopo che Samuel Paty, professore di scuola media di quarantasette anni (Storia e Geografia, ma anche Educazione civica e morale), è stato decapitato (decapitato!) in Francia da un diciottenne russo-ceceno che ha subito postato su Twitter la foto della testa mozzata, “Da Abdullah, servitore di Dio, a Macron, leader degli infedeli, ho giustiziato uno dei tuoi cani dell’inferno che aveva osato prendere in giro il Profeta”, ho pensato, osservando una commozione, un’indignazione e un turbamento contenuti, trattenuti: ma perché, invece, ci riesce così difficile ringraziare e sostenere gli insegnanti? 

PUBBLICITÁ

 

Samuel Paty è stato ucciso, se riuscite a immaginare l’accanimento che serve a staccare la testa dal corpo di un uomo con un coltello, perché cercava di insegnare la libertà. “Di essere o di non essere Charlie Hebdo”, ha detto una sua studentessa. La libertà di parlare di tutto, e parlare di tutto non può essere mai considerata “una provocazione”, tantomeno “un insulto”. Insegnante di scuola media, Samule Paty avrebbe potuto limitarsi a spiegare i confini degli stati europei,  leggere a voce alta la Costituzione e aspettare il suono della campanella, ma non l’ha fatto. 

 

PUBBLICITÁ

Brigitte Macron, la moglie del presidente della Repubblica e lei stessa ex insegnante di Francese, ha detto grazie agli insegnanti con una lettera   intitolata da Libération: “Essere Prof.”.

 

“Essere prof. è trasmettere e anticipare, preparare le lezioni con particolare attenzione, perché ogni lezione è importante; è entrare in una classe e sentirsi al proprio posto; è intravedere il barlume che può illuminare gli occhi degli studenti, è anche notare quando abbandonano, e andare a riprenderli; è essere felici quando li hai fatti reagire a ciò che ti muove; è avere ambizione per loro e aprire loro le porte perché quelle della mente e della conoscenza sono infinite; è sviluppare il loro spirito critico per renderli liberi. Tutto questo, Samuel, lo sapevi, o meglio ancora, l’hai incarnato”. Hanno reso omaggio a Samuel Paty, in Francia, ma hanno anche iniziato una discussione sulla condizione dell’insegnamento. 

 

Oggi insegnare è diventato uno dei mestieri più difficili del mondo, è stato riconosciuto.  Per la difficoltà di trovare le parole giuste, per l’autocensura, per la sensazione di essere guardati con sospetto e sfiducia dai genitori degli alunni, per le intimidazioni, come a Samuel Paty era già accaduto (era stato denunciato per pedopornografia dopo aver mostrato in classe la vignetta di Maometto nudo),  e in tutto questo per non sentirsi sostenuti né dai superiori né dal mondo fuori, che considera gli insegnanti poco più che baby sitter al servizio delle famiglie, o anche scansafatiche pronti alle vacanze. 

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

Da quando ci sono le lezioni a distanza, poi, abbiamo abbassato ancora di più la percezione dell’importanza del ruolo degli insegnanti: ci permettiamo di sbirciare dalle telecamere dentro le loro case e riderne, dentro le librerie alle loro spalle, nelle  occhiaie e negli errori, niente ci sembra abbastanza, niente ci convince, e perfino crediamo alle scuse dei nostri figli: ho preso 4 perché la prof. mi odia. Vogliamo le scuole aperte, accoglienti, sicure durante una pandemia, e consideriamo il lavoro degli insegnanti essenziale solo quando manca. Ho visto un’insegnante di Italiano di scuola media pregare non i suoi studenti, ma i loro genitori, di sforzarsi di tenere un comportamento più maturo almeno durante i colloqui scolastici.    
   

Bernard-Henri Lévy ha scritto su Repubblica che oggi “si deve dire anche degli insegnanti, che sono eroi”. Non soltanto i medici che ci salvano la vita. Perché gli insegnanti cercano di fare lo stesso con il cervello dei nostri figli, come possono, più che possono. Non penso che la dedizione riguardi tutti, non penso che gli insegnanti siano tutti eroi, del resto nemmeno i medici e gli infermieri lo sono, perché siamo  esseri umani, esposti  alla prova della vigliaccheria fisica e morale. Ci sono i prof.  che non hanno voglia di accendere la telecamera, durante le lezioni a distanza. C’è chi ha troppa paura del Covid per riuscire a pensare ai suoi studenti. Un professore di Inglese, durante un’ora di supplenza in una classe non sua, ha detto ai ragazzi di un liceo classico che lui però  ha fatto delle scelte e non spiega Oscar Wilde perché non condivide il suo orientamento sessuale. Ci sono inadeguatezze profonde e ci sono grandezze per niente riconosciute. Un’insegnante di scuola media, con salute molto infragilita da una malattia, porta i suoi alunni di dodici anni per le strade della città con l’ombrello e la mascherina, per spiegare la Storia, per accendergli una luce negli occhi e per riafferrare quella luce appena la vede sparire. Dice solo, mentre i genitori si infastidiscono per la pioggia: è compito mio, sono qui per questo. Ci sono insegnanti che restano l’incontro più importante di esseri umani ormai più che adulti. C’è la lettera che Albert Camus scrisse al suo maestro elementare dopo aver vinto il Nobel: “Senza di lei, senza quella mano affettuosa che lei tese a quel bambino povero che io ero, senza il suo insegnamento e il suo esempio, non ci sarebbe stato nulla di tutto questo”. Il lavoro, l’inventiva nell’emergenza, il rischio dell’educazione alla libertà. Anche la possibilità del fallimento, e l’occasione perduta di vedere accendersi quella luce negli occhi: il mestiere più difficile del mondo.

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ