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Cari figli, litigate quanto vi pare e non diventate rane intimidatrici

Annalena Benini

Predica per la libertà di non essere d’accordo e di imparare a usare tutti i telecomandi

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Cari figli che vi buttate a terra implorando: no, la predica no, e roteate gli occhi e fingete di svenire, adesso direte che sto diventando pazza, un’altra volta. Ma conto sul fatto che anche questa notizia vi farà alzare solo un attimo gli occhi dal telefono: la mamma ha sbroccato per il caldo, e poi sarà di nuovo tutto a posto, tutto identico. La mamma ha sbroccato anche se fa freddo, e da questo treno per Milano con aria condizionata a bomba, con addosso una sciarpa, una mascherina, un berretto di lana a luglio e un paio di occhiali da sole, recupero la mia sbrindellata autorità di madre per dirvi che per quanto mi riguarda, ma soprattutto per quanto riguarda la libertà del mondo, potete litigare quanto vi pare.

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Cari figli che vi buttate a terra implorando: no, la predica no, e roteate gli occhi e fingete di svenire, adesso direte che sto diventando pazza, un’altra volta. Ma conto sul fatto che anche questa notizia vi farà alzare solo un attimo gli occhi dal telefono: la mamma ha sbroccato per il caldo, e poi sarà di nuovo tutto a posto, tutto identico. La mamma ha sbroccato anche se fa freddo, e da questo treno per Milano con aria condizionata a bomba, con addosso una sciarpa, una mascherina, un berretto di lana a luglio e un paio di occhiali da sole, recupero la mia sbrindellata autorità di madre per dirvi che per quanto mi riguarda, ma soprattutto per quanto riguarda la libertà del mondo, potete litigare quanto vi pare.

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Anzi, sono contenta se litigate. Approvo i vostri litigi. Potete anche insultarvi, picchiarvi con moderazione, senza sangue. Potete non essere d’accordo su niente. Certo mi dispiacerà quando uno di voi due verrà a dirmi: lo odio, è scemo, ma non ci farò troppo caso e comunque so che a un certo punto vi coalizzerete contro di me e ritroverete in un attimo tutta la vostra unione culturale, tutta la vostra ragione.

 

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E’ una questione di libertà, e voi giustamente la date per scontata, siete nati con la libertà già infilata dentro, e non leggete il New York Times e anzi non leggete nessun giornale, ma vedete tutti i film e tutte le serie e tutta YouTube, e di certo non sapete che stanno succedendo in America delle cose tra il comico e lo spaventoso che intimidiscono la libertà anche di litigare, di cambiare idea, di avere un’opinione differente: si viene svergognati e licenziati per questo. Come quando guardate “It”, vecchia e nuova versione, e dite che fa ridere ma poi dormite con la luce accesa, le coperte sugli occhi, il coltellino svizzero sul comodino e una torcia per spaventare i mostri che sorgono dal water.

 

Per voi la libertà di dire tutto è come l’aria che respirate, e quindi non ci pensate mai, pensate immensamente di più alle ruote dello skate da cambiare, e anche per me è quasi la stessa cosa. Ma poi se l’aria diminuisce, si soffoca, e se non si cambiano le ruote dello skate, si cade. Quindi adesso ascoltate questa predica anche buttandovi a terra svenuti.

 

Se non si può parlare, ma nemmeno tacere, perché in certi casi parlare e tacere equivalgono a offendere qualcuno di più fragile, e tutti si sentono fragili, allora vorrei che voi non doveste mai avere paura né di parlare né di tacere (Giulio, so che sai che i miei occhiali da sole li ha rotti Benedetta e non lo dici, e non mi sento offesa da questo, nemmeno mi sento in pericolo per questo silenzio: vi scalo i miei occhiali da sole dalla paghetta fino a Natale. Erano i miei occhiali preferiti e mi sento più fragile senza).

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Succedono da tempo cose più spaventose che comiche anche nelle scuole americane: gli studenti rivendicano il diritto a non essere mai messi a disagio da idee spiacevoli, nemmeno sotto forma di programma scolastico. In questo caso anche solo nominare quell’idea o quell’immagine diventa una violenza: e raccontare che i Bravi hanno rapito Lucia nei Promessi Sposi è una violenza, e anche la domanda: tu da dove vieni?, può essere ritenuta una violenza, perché presuppone che chi la riceve sia straniero, e via così verso l’impossibilità di dirsi qualunque cosa, oltre che di discutere di qualcosa e di non essere sempre d’accordo. Sembra solo un’ottusità, come quando io mi rifiuto di imparare a usare quell’altro telecomando, ma il risultato è che con un solo telecomando, più bello, semplice e giusto, non riesco a vedere quasi niente di quello che mi interessa.

 

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Comunque, se la Provvidenza e i biscotti della fortuna ci assistono (l’ultimo che ho aperto al ristorante cinese l’altra sera diceva: non lasciarti intimidire da una rana, ma io non l’ho capito subito), anche voi tornerete a scuola a settembre e io per la gioia farò esplodere i petardi sul terrazzo condominiale a mezzogiorno per due settimane: vorrei solo che non vi faceste intimidire dalle rane, e so che non è così facile, perché le rane gracidano la loro ragione tutto il tempo. Ma soprattutto vorrei che non vi accodaste mai alle rane intimidatrici e sempre offese, che finiscono per togliere l’aria a chi sta semplicemente respirando con un’altra idea. Tolgono gli amici, la compagnia, la reputazione, il divertimento di litigare e di dirsi un sacco di cose anche sbagliate. La predica è finita, adesso tornate a litigare, crescete e imparate a usare tutti i telecomandi, anche per me.

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