Adelaide Aglietta e Marco Pannella (Ansa)  

il bi e il ba

Cosa direbbe Pannella di questi giovanotti con la testa imbottita di slogan

Guido Vitiello

Le nuove battaglie per i diritti civili sono portate avanti da giacobini-gesuiti allergici al dialogo. Lo stile dei radicali è un altro

Quando ascoltò un deputato della Rete di Orlando che gridava “ladri di giustizia!”, Marco Pannella ebbe un riflesso bonario di paternalismo. Dire quelle e altre cose ben più scabrose, negli anni in cui nessuno osava dirle, gli era costato ostracismi e processi; ora, in bocca al giovane giacobino-gesuita, “suonavano come la scappatella di un bravo ragazzo”, per giunta parecchio intollerante. Ci ho ripensato spesso, in questi giorni, nei dibattiti sul ddl Zan, ogni volta che arrivava in spedizione punitiva uno di quei burbanzosi giovanotti con la testa imbottita di slogan da identity politics imparaticcia e di banalità neomarxiste intersezionali assortite, pretendendo di spiegare a me, o a qualche mio amico radicale, le battaglie sui diritti civili.

 

 

Siccome però non sono Pannella, il paternalismo posso permettermelo solo per interposta persona, consigliando un libro di Marco Di Salvo: “La prima donna: Adelaide Aglietta, una borghese radicale” (Edizione Efesto). A rigore sono quattro libri in uno: un secondo libro scorre nelle fittissime note a piè di pagina, e poi ci sono la prefazione di Flavia Fratello e la postfazione di Giovanni Negri. Leggendo la storia del primo segretario donna di un partito italiano, il burbanzoso giovanotto di cui sopra ritroverà molte cose familiari – battaglie femministe, ecologiste, antimilitariste – ma anche un paio di ingredienti a cui sembra del tutto allergico: la nonviolenza e la fiducia socratica nel dialogo.

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