(Lapresse)

Il Bi e il Ba

I talk-show degli eterni adolescenti

Guido Vitiello

Ascoltare Michela Murgia riporta indietro alle polemiche sterili e tenere degli anni del liceo

La polemica su Michela Murgia e sulla sua fobia delle divise non è più interessante di una catena di miccette: un riflesso condizionato che ne innesca altri, a raffica, e tutto quel che resta nell’aria è un blando odore di polvere da sparo. Farei volentieri a meno di parlarne, se non fosse che quell’odore mi ha riportato alla mente lontani ricordi degli anni di scuola, consentendomi di trovare la diagnosi per alcuni sintomi preoccupanti che osservo da anni nel dibattito italiano: l’egemonia culturale dell’assemblea di istituto. Vedo Murgia, vedo Tomaso Montanari, vedo le sardine, vedo (sempre meno, grazie al cielo) Scanzi e Fusaro, vedo i loro sparring partner sul fronte avverso, e per magia mi ritrovo in un liceo classico nei giorni dell’occupazione, quando i piccoli capi carismatici guadagnavano il proscenio e giocavano a rifare i dibattiti degli adulti.

 

Che tenerezza, quei loro discorsi così fervorosi! Ogni tema macro o micro – dalla finanziaria al compito in classe, dai dittatori ai bulli della terza C – era un cartellone da cantastorie su cui inscenare sempre gli stessi duelli: la privatizzazione (madre di tutti i mali) e la solidarietà, l’anima contro la finanza, i padroni e gli schiavi, i dannati della terra e i signori della guerra, i movimenti dal basso e la sinistra che non è più di sinistra… E io la capisco, la nostalgia; ma prima di chiederci se dare il voto ai sedicenni, chiediamoci se è proprio il caso di appaltargli anche i talk-show.