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Il Potenza vuole tornare nel calcio che conta

Leo Lombardi

Dopo essersi congedato dalla Serie B più di 50 anni fa, il club lucano sogna di ritornarci grazie a una gestione oculata del budget e a giocatori inconsueti

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L'Italia del calcio scopre Potenza nel 1965. Una rivelazione, la Basilicata, sempre nelle retrovie nello sport nazionale. In serie A non si era (e non si è) mai vista e in B era una novità assoluta. La promozione era arrivata nel 1963, in panchina Egizio Rubino, cognato del ben più famoso Oronzo Pugliese, il tecnico che avrebbe fatto da modello a Lino Banfi e al suo allenatore nel pallone (anche se l'originale vi andava poche volte). Una presenza che, da discreta, si fa esplosiva in quella stagione 1964-65. Ancora Rubino allenatore, arriva un quinto posto a quota 44 punti, a soli tre di distanza dalla promozione in A. Potenza che fa dell'attacco la sua arma migliore: chiude con 55 reti, secondo reparto del calcio professionistico dopo l'Inter campione d'Italia (68) allenata da Helenio Herrera. Il tutto grazie a due ventenni. Uno è Roberto Boninsegna, che proprio da HH è stato mandato al sud perché non lo convinceva per la prima squadra. Il centravanti avrebbe ritrovato la maglia nerazzurra soltanto nel 1969, dopo sette anni in giro per la penisola, prestito dopo prestito. L'altro è Silvino Bercellino, più noto come Bercellino II, come si indicavano i fratelli minori nel calcio. Il più grande è Giancarlo, a lungo centrocampista nella Juventus. Dal vivaio bianconero arriva pure lui per una toccata e fuga a Potenza: il tempo di segnare 18 gol (terzo nella classifica marcatori) e di tornare a Torino, dove però non credono nelle sue qualità, nonostante sappia segnare ben 6 reti in quattro partite consecutive nelle dieci partite che un altro Herrera (Heriberto) gli concede.

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L'Italia del calcio scopre Potenza nel 1965. Una rivelazione, la Basilicata, sempre nelle retrovie nello sport nazionale. In serie A non si era (e non si è) mai vista e in B era una novità assoluta. La promozione era arrivata nel 1963, in panchina Egizio Rubino, cognato del ben più famoso Oronzo Pugliese, il tecnico che avrebbe fatto da modello a Lino Banfi e al suo allenatore nel pallone (anche se l'originale vi andava poche volte). Una presenza che, da discreta, si fa esplosiva in quella stagione 1964-65. Ancora Rubino allenatore, arriva un quinto posto a quota 44 punti, a soli tre di distanza dalla promozione in A. Potenza che fa dell'attacco la sua arma migliore: chiude con 55 reti, secondo reparto del calcio professionistico dopo l'Inter campione d'Italia (68) allenata da Helenio Herrera. Il tutto grazie a due ventenni. Uno è Roberto Boninsegna, che proprio da HH è stato mandato al sud perché non lo convinceva per la prima squadra. Il centravanti avrebbe ritrovato la maglia nerazzurra soltanto nel 1969, dopo sette anni in giro per la penisola, prestito dopo prestito. L'altro è Silvino Bercellino, più noto come Bercellino II, come si indicavano i fratelli minori nel calcio. Il più grande è Giancarlo, a lungo centrocampista nella Juventus. Dal vivaio bianconero arriva pure lui per una toccata e fuga a Potenza: il tempo di segnare 18 gol (terzo nella classifica marcatori) e di tornare a Torino, dove però non credono nelle sue qualità, nonostante sappia segnare ben 6 reti in quattro partite consecutive nelle dieci partite che un altro Herrera (Heriberto) gli concede.

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Il Potenza si congeda dalla serie B con un ultimo posto del 1968, da allora solo sofferenze fatte di campionati minori, di retrocessioni, di fallimenti economici. L'ultimo incrocio ad alta tensione nell'estate 2017, quando la società non ha giocatori, è travolta dai debiti, non possiede neppure i soldi per iscriversi. L'uomo della svolta si chiama Salvatore Caiata, tornato in Basilicata dopo aver fatto fortuna con la ristorazione a Siena. Il calcio non gli interessa, è più attirato dalla politica. Parte con il Popolo della libertà, nel gennaio 2018 viene contattato da Luigi Di Maio, che cerca volti della società civile da mettere in lista con i Cinque Stelle in vista delle elezioni politiche. Caiata dice sì, ma incappa in una indagine per riciclaggio. Il semplice avviso di garanzia basta all'ideologia pentastellata per l'espulsione. Caiata se ne fa allegramente un baffo, viene eletto e oggi è un deputato degli emergenti Fratelli d'Italia. “La mia casa storica”, come la definisce.

 

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Il calcio lo affronta con un budget a basso profilo e facendo a meno anche del direttore sportivo. Non c'è neppure di facciata, come amano fare quei presidenti che assumono dirigenti fantoccio per poi operare in prima persona. Caiata, insieme con il tecnico, individua il profilo che serve, quindi lo cerca con il match analyst del club, che si occupa anche dello scouting. Una soluzione che ha un suo perché: arriva subito la promozione, cui fa seguito un anno di consolidamento in serie C. Oggi la squadra, affidata dalla passata stagione a Giuseppe Raffaele, viaggia nelle zone alte del girone C. Ha un leader in Carlos França, brasiliano 40enne tornato a giocare dopo aver sconfitto un tumore nella spina dorsale quando aveva 27 anni. Non è titolare ma quando viene chiamato in causa si fa sentire: due reti, entrambe al 90', entrambe decisive. Con lui in attacco c'è Antonio Isgrò, che ha conosciuto la serie C a 33 anni dopo essere stato pescato in Eccellenza, mentre tra i pali c'è una presenza inconsueta come Sebastian Breza, che giunge da una nazione poco football addicted qual è il Canada. Ma anche laggiù, oggi, sanno che esiste la Basilicata.

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