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Una Regione che fa

Fabio Massa

La squadra di Fontana e il ruolo di Fabrizio Sala tra imprenditori, mascherine e centrali d’acquisto

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Nei primi giorni del contagio, Attilio Fontana stava a Palazzo Lombardia. Lui, Fabrizio Sala, il vicepresidente, doveva invece dormire al Pirellone. Perché uno che comandi, di fronte a una emergenza, ci deve essere. Ore concitate, giorni tremendi. Poi l’infezione non grave di una collaboratrice di Fontana, e il governatore leghista va in quarantena. Fabrizio Sala torna a Palazzo Lombardia, a metterci la faccia, di persona. Pian piano le varie figure iniziano a ritagliarsi un ruolo. Fontana sopra tutti. Davide Caparini a coordinare lo sforzo degli approvvigionamenti. Giulio Gallera a coordinare la parte sanitaria (e a conquistarsi sul campo la candidatura a sindaco di Milano, chissà). E poi Fabrizio Sala a parlare con gli imprenditori, a rappresentare la Regione del fare con chi fa. Mestiere duro, questo. Perché gli imprenditori non vogliono chiudere, e le misure draconiane di Regione all’inizio non riescono a essere digerite. Di notte, poi, Fabrizio sta al telefono con Davide: il fratello, che fa il medico in Cina. Cardiologo presso il Jilin Heart Hospital. Analizzano le curve, si raccontano esperienze. Rumors regionali raccontano che con Guido Bertolaso il vicepresidente Sala abbia un rapporto speciale. “Ha il compito di costruire l’ospedale – spiega Sala al Foglio – E’ il consulente del presidente e fa riunioni, organizza tutto il sistema. Si è voluto subito rendere conto sul campo della situazione. Diciamo che sono contento perché si sta creando un team molto forte, con i tecnici di Regione Lombardia che lavorano in squadra”. L’obiettivo numero uno sono i posti di terapia intensiva in Fiera. I padiglioni deserti, orbite vuote del sistema di esposizioni orgoglio di Milano, resi inservibili dal virus che ha bloccato tutto. “Quanto tempo? Non è stimabile. Ma vi dico che saremo rapidissimi, perché la decisione verso a quale ci si sta orientando è quella di aprire per moduli. Man mano che sono pronte le strutture si inizia a lavorare. Anche perché non è che arrivano 400 attrezzature di terapie intensive in una sola mattinata. Man mano che il materia arriva vengono approntati i singoli moduli e vengono consegnati. Il lavoro che stiamo facendo è di estrema urgenza, e in emergenza Guido Bertolaso sa benissimo come fare. E’ un combattente, ma con la capacità di coinvolgere tutti, dal vertice fino all’ultima persona della squadra".

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Nei primi giorni del contagio, Attilio Fontana stava a Palazzo Lombardia. Lui, Fabrizio Sala, il vicepresidente, doveva invece dormire al Pirellone. Perché uno che comandi, di fronte a una emergenza, ci deve essere. Ore concitate, giorni tremendi. Poi l’infezione non grave di una collaboratrice di Fontana, e il governatore leghista va in quarantena. Fabrizio Sala torna a Palazzo Lombardia, a metterci la faccia, di persona. Pian piano le varie figure iniziano a ritagliarsi un ruolo. Fontana sopra tutti. Davide Caparini a coordinare lo sforzo degli approvvigionamenti. Giulio Gallera a coordinare la parte sanitaria (e a conquistarsi sul campo la candidatura a sindaco di Milano, chissà). E poi Fabrizio Sala a parlare con gli imprenditori, a rappresentare la Regione del fare con chi fa. Mestiere duro, questo. Perché gli imprenditori non vogliono chiudere, e le misure draconiane di Regione all’inizio non riescono a essere digerite. Di notte, poi, Fabrizio sta al telefono con Davide: il fratello, che fa il medico in Cina. Cardiologo presso il Jilin Heart Hospital. Analizzano le curve, si raccontano esperienze. Rumors regionali raccontano che con Guido Bertolaso il vicepresidente Sala abbia un rapporto speciale. “Ha il compito di costruire l’ospedale – spiega Sala al Foglio – E’ il consulente del presidente e fa riunioni, organizza tutto il sistema. Si è voluto subito rendere conto sul campo della situazione. Diciamo che sono contento perché si sta creando un team molto forte, con i tecnici di Regione Lombardia che lavorano in squadra”. L’obiettivo numero uno sono i posti di terapia intensiva in Fiera. I padiglioni deserti, orbite vuote del sistema di esposizioni orgoglio di Milano, resi inservibili dal virus che ha bloccato tutto. “Quanto tempo? Non è stimabile. Ma vi dico che saremo rapidissimi, perché la decisione verso a quale ci si sta orientando è quella di aprire per moduli. Man mano che sono pronte le strutture si inizia a lavorare. Anche perché non è che arrivano 400 attrezzature di terapie intensive in una sola mattinata. Man mano che il materia arriva vengono approntati i singoli moduli e vengono consegnati. Il lavoro che stiamo facendo è di estrema urgenza, e in emergenza Guido Bertolaso sa benissimo come fare. E’ un combattente, ma con la capacità di coinvolgere tutti, dal vertice fino all’ultima persona della squadra".

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Ieri, intanto, nel pomeriggio, è stato il vicepresidente ad accogliere il primo contingente di materiale dalla Cina. Reperirlo, magari dribblando la burocrazia che ammazza, è l’obiettivo numero uno. “La situazione è questa: in questo momento abbiamo una centrale acquisti che è Aria. Stiamo acquistando secondo le norme in deroga stabilite dal governo, ma con i dovuti controlli. Il primo obiettivo è potenziare le terapie intensive laddove esistono e poi cercare di acquistare a livello internazionale mascherine per distribuirle agli ospedali e poi, se ce la facciamo, agli infetti e a tutti gli altri”. Davide Caparini, assessore al Bilancio, ne ha ordinati 48 milioni di pezzi. Un numero enorme. Più o meno da tutto il mondo. “Dobbiamo far lavorare i medici in sicurezza. Quindi facciamo scorta ovunque – spiega il vicepresidente – Nel mondo la competizione per accaparrarsi i dispositivi è serrata, e il paese che si trova nelle migliori condizioni di esportare è proprio la Cina, con la quale noi abbiamo contatti”. Poi ci sono gli imprenditori, e i donatori. “Devo dire che è incredibile. Non solo abbiamo ricevuto diverse donazioni, anche molto cospicue. Ma soprattutto abbiamo il mondo imprenditoriale che ci sta segnalando dove ci sono le attrezzature – spiega Sala – Ora però serve coordinamento. Ci sono imprenditori che scelgono direttamente di comprarle, e altri che donano soldi. Noi coordiniamo. Ho fatto una riunione con Assolombarda e siamo in contatto con tutte le aziende per far sì che non ci siano sovrapposizioni”. 

 

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Il mondo imprenditoriale però all’inizio era contro le misure restrittive. “Io ho cercato di spiegare a tutti un concetto. Mettiamola così: prima rallentiamo il contagio e prima ricominciamo a lavorare. Ovvio che questo lo facciamo per la salute. Noi stiamo salvando vite umane. Chi chiude salva vite umane. Il Talmud dice che chi salva una vita salva il mondo intero. Penso che in Lombardia ne stiamo salvando tante. Ma lo possiamo fare solo se rallentiamo tutti insieme. Quello che racconto alle aziende e alle multinazionali è che torneremo a lavorare. E se saremo tra i primi a uscire dal contagio, ne avremo anche un vantaggio competitivo. Se saremo tra i primi uscire dal contagio insieme alla Cina, allora si apriranno spazi. Dobbiamo tenere duro e fare quello che è giusto”.

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