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La grande Milano che combatte

Daniele Bonecchi

Medicina di base e crisi occupazionali (già iniziate). Covid-19 non conosce confini e Sala lancia la proposta di allargare la zona rossa a tutta la città metropolitana

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Sembra trascorsa un’era geologica dall’incontro tra Beppe Sala e il ministro agli affari regionali Francesco Boccia, durante il quale si era delineato un nuovo modello di autonomia: quella su base “metropolitana”. Ora è tutto bloccato. Ma Covid-19 non conosce confini e mentre Sala, difendendo il bastione milanese, lancia la proposta di allargare la zona rossa a tutta la città metropolitana, la “grande Milano risponde” al virus come può.

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Sembra trascorsa un’era geologica dall’incontro tra Beppe Sala e il ministro agli affari regionali Francesco Boccia, durante il quale si era delineato un nuovo modello di autonomia: quella su base “metropolitana”. Ora è tutto bloccato. Ma Covid-19 non conosce confini e mentre Sala, difendendo il bastione milanese, lancia la proposta di allargare la zona rossa a tutta la città metropolitana, la “grande Milano risponde” al virus come può.

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“Quello che abbiamo capito è che il virus si diffonde più facilmente e allora servono strutture sanitarie pronte a rispondere alla crescente domanda dei cittadini”, spiega Arianna Censi, vicesindaco della Città metropolitana ma in realtà – con Sala sempre più impegnato all’interno dei confini daziari – punto di riferimento dei 134 sindaci della grande Milano. “Il diffondersi del virus ci ha trovato impreparati, inizialmente, e ha messo allo scoperto la nostra vulnerabilità. Come Città metropolitana non abbiamo una competenza specifica sulla Sanità, ma teniamo un coordinamento dei comuni e delle strutture. Uno dei punti cruciali è l’informazione. Ora il quadro si è chiarito finalmente anche per i medici di base, per quelli di medicina generale, per i pediatri, perché il sistema regge soltanto se ha un comportamento univoco. Se c’è un ruolo che stiamo giocando noi, senza cercare visibilità, è nell’informare in modo chiaro amministratori e cittadini sulle circolari, qualche volta scritte in burocratese. Mi sembra che reggano bene gli amministratori, il terzo settore, il volontariato”.

 

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Anche l’economia della grande Milano è però in sofferenza. “Noi siamo molto preoccupati perché gli effetti della crisi saranno molto lunghi”, spiega Massimo Bonini, segretario della Camera del Lavoro metropolitana. “Oggi ancora non li vediamo completamente ma il tema economico assieme ai temi del lavoro e quelli sociali avranno un peso notevole, siamo impegnati sia a livello regionale che del governo per recuperare gli ammortizzatori sociali che, a dire il vero, non sono sufficienti perché riguardano la zona rossa, mentre gli effetti economici investono tutta la zona gialla, quindi l’area metropolitana ma anche l’insieme della regione. I contraccolpi del motore del paese che se si ferma arriveranno nel resto del paese”.

 

Il vicesindaco Censi chiarisce: “Noi abbiamo fatto nei giorni scorsi un primo incontro sulle necessità del mercato del lavoro e della formazione nella stagione del coronavirus. Per capire dove ci sono le esigenze d’intervenire più concretamente e anche questo è un modo per rileggere la distribuzione delle attività del terziario e ragionare su quali elementi producono più competitività”. Ma la crisi sanitaria si inserisce in un quadro economico da tempo in sofferenza e ora la situazione si è aggravata.

 

“In particolare la città metropolitana mette a nudo situazione mai risolta dal 2008”, spiegano dalla Cgil. “Gli alberghi occupano circa 100 mila persone e ora il 40 per cento di questi lavoratori è in sofferenza. Ristorazione e poi attività del tempo libero e della cultura sono state sospese per le ordinanze, e sono tutti settori privi di ammortizzatori sociali. Senza contare che un terzo del lavoro somministrato è in crisi 230 mila lavoratori hanno un contratto subordinato o interinale, 75 mila sono lavoratori autonomi, le cosiddette partite Iva. Ma le difficoltà sono destinate a crescere”, chiarisce il sindacato. “Noi siamo molto preoccupati perché gli effetti della crisi da coronavirus saranno molto lunghi”.

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E infatti si fa sempre più insistente la domanda di trasformare l’intera regione in zona rossa. “Tutta la parte a sud, verso Crema e Cremona, ha le strutture sanitarie in sofferenza. Per fortuna sono state messe in campo disponibilità da parte della sanità privata e questo ha dato una mano agli ospedali pubblici. Bisogna però avere più personale in tutte le strutture ospedaliere”, spiega Arianna Censi, che però azzarda una lettura più complessa: “Da un’esperienza di questa natura – dopo una settimana a capofitto – possiamo imparare delle cose, perché ci propone un cambiamento nel nostro modo di vivere. Per esempio che possiamo sfruttare la tecnologia per lavorare da casa: un vantaggio anche per l’ambiente. Con lo smart working – che nella nostra struttura amministrativa viene utilizzato da tempo – la qualità del lavoro migliora. C’è la consapevolezza che questo non è solo un problema sanitario ma intercetta anche la nostra idea di contesto urbano, metropolitano. Alcune cose possono migliorare, occorre metterci la testa. Forse può rappresentare un modello dal punto di vista ambientale. Uno schema di futuro con nuove modalità, un passo in avanti”, conclude, con una vena d’ottimismo, Censi.

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