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Giulia Ligresti risponde “Love”

Paola Bulbarelli

Debuttare in una galleria d’arte con una mostra di design è il suo modo di tornare libera

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La parola “ricominciare” non le piace affatto. “Semplicemente perché non sono mai morta”, dice al Foglio Giulia Ligresti, un nome una storia, imprenditrice milanese laureata in Economia aziendale alla Bocconi e numerosi ruoli dirigenziali ricoperti, e soprattutto componente di una famiglia che ha contribuito a far grande Milano e a disegnarne il nuovo skyline. Famiglia di cui tanti, ancora oggi, si ostinano a chiedere una damnatio memoriae fuori tempo e luogo. Ma si può non essere “mai morta”, appunto. Ci sono stati tempi bui, difficilissimi da dimenticare, dai quali è uscita con un’assoluzione definitiva dalle accuse di falso in bilancio e aggiotaggio nel caso Fonsai, annullando il patteggiamento e 62 giorni di carcere. Innocente dopo sei anni da colpevole. Ma non ha mai smesso di credere nella giustizia e nella verità che, alla fine, è emersa. E parte con uno dei tanti interessi che le hanno sempre riempito la vita: oggetti di design. Da lì una mostra personale, la prima, della nuova collezione dal titolo emblematico “Love”, un inno all’amore battuto nel ferro ospitata da Glauco Cavaciuti, fondatore dell’omonima Galleria nel cuore di Milano. “Love è dirompente, è una necessità. È il mio modo di cristallizzare in oggetti senza tempo l’amore che mi ha travolta e ispirata negli anni, consentendomi di affrontare le sfide più importanti”. Un sentimento che si è trasformato in sedute, consolle, divanetti, tavoli e sculture, realizzati in ferro, alluminio, ottone e bronzo, elementi della terra e preziosi velluti. Ogni pezzo è unico e inimitabile e rappresenta l’eccellenza del made In Italy.

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La parola “ricominciare” non le piace affatto. “Semplicemente perché non sono mai morta”, dice al Foglio Giulia Ligresti, un nome una storia, imprenditrice milanese laureata in Economia aziendale alla Bocconi e numerosi ruoli dirigenziali ricoperti, e soprattutto componente di una famiglia che ha contribuito a far grande Milano e a disegnarne il nuovo skyline. Famiglia di cui tanti, ancora oggi, si ostinano a chiedere una damnatio memoriae fuori tempo e luogo. Ma si può non essere “mai morta”, appunto. Ci sono stati tempi bui, difficilissimi da dimenticare, dai quali è uscita con un’assoluzione definitiva dalle accuse di falso in bilancio e aggiotaggio nel caso Fonsai, annullando il patteggiamento e 62 giorni di carcere. Innocente dopo sei anni da colpevole. Ma non ha mai smesso di credere nella giustizia e nella verità che, alla fine, è emersa. E parte con uno dei tanti interessi che le hanno sempre riempito la vita: oggetti di design. Da lì una mostra personale, la prima, della nuova collezione dal titolo emblematico “Love”, un inno all’amore battuto nel ferro ospitata da Glauco Cavaciuti, fondatore dell’omonima Galleria nel cuore di Milano. “Love è dirompente, è una necessità. È il mio modo di cristallizzare in oggetti senza tempo l’amore che mi ha travolta e ispirata negli anni, consentendomi di affrontare le sfide più importanti”. Un sentimento che si è trasformato in sedute, consolle, divanetti, tavoli e sculture, realizzati in ferro, alluminio, ottone e bronzo, elementi della terra e preziosi velluti. Ogni pezzo è unico e inimitabile e rappresenta l’eccellenza del made In Italy.

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Il design l’ha sempre affascinata. “Sì, come anche l’arte, è da sempre una mia grande passione. Quello che più mi piace è che si tratta di oggetti che rimangono nel tempo, conservando la loro magia negli anni. Come l’amore delle persone più care che è sempre lì, nonostante quello che cambia intorno, saldo come un’ancora”. Love è un nome impegnativo: amore per la vita, per i propri cari. L'amore salva e fa guardare avanti? “Love is the answer”: è il mio mantra da sempre e oggi ho voluto affidarlo al ferro, all’ottone e a tutti i materiali della collezione. Love è una celebrazione del sentimento che mi accompagna ogni giorno della mia vita, quando passo il tempo con i miei cari o con i bambini meno fortunati a cui si rivolgono i miei progetti umanitari”. Ci sono state anche le collezioni “Go Sit On”, “Imperfect Love” e “Pop”. Da quanto tempo si occupa di design?

 

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“Ho sempre amato fare schizzi ma è nel 2018 che mi sono cimentata per la prima volta in una collezione, esposta durante la Milano Design Week. Da quel momento non mi sono più fermata e ho arricchito il primo nucleo di complementi d’arredo con pezzi sempre nuovi. Love è l’apice di un percorso creativo e narrativo celebrando il più alto dei sentimenti che è anche il più imperfetto e che la Galleria di Glauco Cavaciuti ha deciso di accogliere e presentare al pubblico”. Una volta disegnava borse. La moda non le interessa più? “La creatività è una parte importante della mia personalità, ma nel dna sono un’imprenditrice e amo interpretare i trend di mercato. In questo momento il design mi sta dando risposte sicuramente più convincenti. Le mie collezioni piacciono e questo è un grande stimolo”. Molti oggetti sono fatti a mano. “Certo, il fatto a mano garantisce unicità a ogni oggetto che diventa così una magia irripetibile, anche imperfetta, come l’amore”.

L’evento di presentazione è organizzato a Milano, cosa rappresenta per lei questa città? “Sono nata e cresciuta qui. È il perno attorno a cui ruota la mia famiglia, il centro nevralgico del nostro amore, anche per i miei figli che ora vivono fuori”. Suo padre Salvatore sarebbe contento di questa nuova Milano? “C’è un tocco di mio padre in ognuno dei progetti che hanno cambiato il volto di Milano. In questa trasformazione c’è la sua forza, la sua visione, la sua energia”. Gli impegni umanitari sono sempre stati al centro dei suoi impegni, a chi si rivolgono ora? “Sto portando avanti due progetti che mi stanno molto a cuore: uno in Siria, a Homs, e uno in India, a Bangalore. Si tratta di due campi sportivi destinati ai bambini, per insegnare loro a essere resilienti di fronte alle avversità. Ne parlo volentieri a tutti perché abbiamo bisogno di una mano da chiunque fosse interessato”. Si è buttata dietro le spalle tutto ciò che è accaduto? “E’ difficile dimenticare dolore e ingiustizia, ma ho vinto io e questo mi fa stare meglio”.

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