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I “ragazzi” del Friday for Future, guidati dai nonni e con idee da boomer

Carmelo Caruso

“Sono i nonni il nostro vero zoccolo duro”. La nascita della protesta a Milano si deve alla testardaggine di una donna americana, ex dirigente di banca, che espone i suoi manifesti contro il cambiamento climatico

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Le sardine? “Più che fratelli sono i nostri cugini”, mentre il sindaco Beppe Sala “è alla ricerca del consenso perpetuo. Al centro della sua politica non c’è, al momento, il cambiamento di paradigma”. Per gli attivisti di Fridays For Future, che scenderanno in piazza domani per il quarto sciopero climatico, lo strike, (“Il termine più corretto è ‘giornata di azione climatica”, ci spiega Alessandro Silvello, uno degli organizzatori del corteo) la giunta di Palazzo Marino ha finora disatteso tutti gli impegni assunti a sei mesi dall’approvazione del Deca. Per chi non lo sapesse, il Deca è la Dichiarazione di emergenza climatica e ambientale che Sala ha firmato. Un documento tra l’inutile e il confuso, come la maggior parte dei documenti climatici, ma fortunatamente per Milano le politiche ambientali sono un’altra cosa. Ma non per loro, che invece invocano la transizione ecologica e la giustizia climatica.

 

A scriverlo sono i “ragazzi” milanesi di Fridays for Future che proprio ragazzi non sono (ma lo vedremo più avanti: anche se nella mitologia giornalistica tutti sedicenni come Greta) che hanno indirizzato una lettera al “signor sindaco” che finora gli ha pure strizzato l’occhio, ma da domani chi può dirlo… La giornata da “fermi tutti, qui ci stiamo giocando le terra” ha già subito un cambiamento, non climatico, ma di percorso, ci conferma Sarah Brizzolara, studentessa di Lettere moderne alla Statale, 25 anni, di Monza un’altra delle organizzatrici del corteo che prevede anche “un pranzo condiviso, dei laboratori per bambini ma anche un mercatino dove sarà consentito scambiare dei vestiti usati”. Non si attendono il pienone, che c’è stato a ottobre, perché questa volta il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, non ha replicato la giustificazione popolare: l’assenza che non è assenza se si manifesta contro il cambiamento climatico. Nato prima che Greta iniziasse a fare le traversate oceaniche, quindi un anno fa, a Milano, il gruppo ha una sede virtuale (in questo sono come le sardine, ma solo in questo) che a oggi vanta 12.773 iscritti, un po’ di più su Instagram. Non hanno selezioni all’ingresso, “ci piace essere un movimento fluido” ci dice sempre Sarah che prima di aderire al Fridays For Future si informava su alcuni media americani, “ma se mi chiedete se ho mai militato in partiti e associazioni, vi rispondo di no”. Di certo non ha sedici anni (“ma guarda che il nostro movimento non è composto studenti”) e non ha le trecce di Greta ma dei capelli lisci da dopo liceo.

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La vera notizia è che ad animare il Fridays for Future di Milano non ci sono tanto gli adolescenti ma quanto i loro nonni. Se la si vuole dire ancora più grossa, e la dice ancora Sarah: “Sono i nonni il nostro vero zoccolo duro”. E infatti, qui in città, il Fridays for Future ha una nascita un po’ singolare e si deve alla testardaggine di una donna americana (potrebbe essere benissimo la nonna di Greta) che dal dicembre dell’anno scorso, ogni venerdì, si presenta regolarmente in piazza Scala ed espone i suoi manifesti contro il cambiamento climatico: “Climate Emergency”. Si chiama Sarah Marder ed è un ex dirigente di banca, filmaker che due giorni dopo l’appello di Greta è passata all’azione. In meno di due settimane ha dichiarato di aver trovato al suo secondo sit-in altri milanesi che come lei hanno scoperto di provare la sua stessa “eco-ansia”. E tra di loro si è imbattuta anche in questa sua simpaticissima omonima (“mi raccomando con la h finale”) che ha cominciato ad apprendere e parlare di “impronta carbonica” e a mescolarsi con i nonni che “sono uno spettacolo a vedersi”.

 

L’età media di Fridays For Future Milano va dai 25 ai 60 anni, mentre l’assemblea – in pratica il gruppo forte che si riunisce, discute e organizza – comunica attraverso WhatsApp, ma anche Telegram e Discord. E poi ci sono le librerie che dovrebbero corrispondere un po’ alle tipografie dei rivoluzionari. Anche se non è ancora un luogo di culto, il primo spazio fisico in cui il Fridays For Future si è radunato a Milano è una libreria nei pressi di Lambrate, “è lì che ci siamo incontrati e guardati negli occhi la prima volta” racconta Alessandro, anche lui studente di 26 anni che, dice, “sente un innato istinto con i sentimenti della terra. Ho sempre amato abitare in posti selvaggi”. Lavora come cameriere, ha un recente passato da organizzatore (pentito) di eventi notturni (“seguivo la comunicazione”). Oggi sta completando un master di primo livello sullo sviluppo rigenerativo e lo fa attraverso l’e-learning. L’università non è italiana ma è quella del Costarica.

    

Sia come sia, per questa fluida aggregazione tra le ossessioni dei boomer e le paure degli zoomer nessuna delle principali scelte fatte dalla giunta è stata sottoposta a una valutazione di compatibilità con le esigenze imposte dall’emergenza climatica e ambientale, anzi “tutte appaiono andare in una direzione opposta a quella necessaria”. Che dovrebbe fare Sala allora? Per Sarah, quella di Monza, “non avrebbe dovuto candidare Milano alle Olimpiadi. Non è coerente con l’emergenza di suolo che Milano sta vivendo. Così come la costruzione del nuovo stadio. Per me San Siro è più che sufficiente. Senza contare che l’unico progetto di valore è stato bocciato”. Si riferisce al progetto di Stefano Boeri, l’uomo del Bosco verticale che per tutti i militanti di Fridays For Future è un modello e non solo di architettura. E qui si passa alle loro letture. Tra i testi che gli attivisti di Fridays For Future Milano tengono sul loro comodino, ci sono quelli di Boeri anche se l’autore capitale è il climatologo Luca Mercalli, che a dire il vero il successo lo deve più a Fabio Fazio che alle bonacce o allo scirocco. Ma nella loro personale classifica c’è anche il neurobiologo Stefano Mancuso, autore del bestseller L’incredibile viaggio delle piante, Laterza. Insomma, poco Greta e tanti capelli bianchi. “E non deve sorprendere. Secondo le ultime analisi demografiche i giovani sono solo il 10 per cento della nostra popolazione”. Sarà per questo che il loro modo di ragionare è questo: “Non servono azioni radicali ma solo azioni utopiche”. E allora con le sardine che facciamo? “Sono un movimento simpatico. Gli abbiamo anche spedito una lettera”, dice Alessandro. Ma a mio avviso non hanno messo al centro l’umanità. Detto in maniera più semplice senza acqua e cibo neppure le sardine esisterebbero”. Ormai anche le vie della contestazione sono infinite.

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