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Fuori ma dove?

Giovanni Seu

Il gran successo del Fuorisalone del Mobile tra guerre di location, nuovi quartieri e agenzie. Ipotesi di regia

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Fino a non molti anni era considerato il parente povero del Salone Internazionale del Mobile, trattato con la sufficienza del superfluo dai protagonisti che si ritrovavano nella fiera più grande d’Europa. Con gli anni è arrivato lo sviluppo del Fuorisalone, sempre più impetuoso, quasi incontrollato, con 1.300 eventi in 5 giorni che attirano circa 350 mila persone, un movimento di pubblico pari a quello dell’esposizione di Rho-Pero. Se si guarda all’indotto complessivo generato in città, calcolato lo scorso anno in 230 milioni, il Fuorisalone riveste ormai un ruolo dominante grazie alla capacità di trattenere i visitatori più a lungo rispetto agli stand in fiera ai quali il più della volte si dedica solo una toccata e fuga.

 

Un’affermazione clamorosa che ha determinato un mercato sempre più concorrenziale, che ha fatto la fortuna dei titolari degli spazi espositivi e scatenato una lotta senza quartiere tra le agenzie che si contendono le location. Tanta vitalità, profusione di idee, progetti sempre nuovi in mano a colossi economici come Panasonic, Suning o Nike pronti a riversare milioni di euro per mettere in mostra le ultime novità. Accanto a loro, attori meno quotati come la Mondadori e la Rcs, che investono nelle location per rilanciare le riveste di design, e tanti piccoli imprenditori. Un fiume di denaro che risponde alla logica del marketing spinto: a Milano non puoi non esserci e il pubblico composto al 90 per cento da stranieri è la migliore promozione di ogni nuova tendenza del design. Il lato insidioso di questo sviluppo è rappresentato dai cedimenti alle mode e dalla malattia del gigantismo che si fa fatica a nascondere. Il quadro, insomma, è intrigante ma da raddrizzare in fretta: un compito cui si dedica da quattro anni il Coordinamento Fuori Salone, creato con il sostegno dell’assessore al Lavoro Cristina Tajani:   “C’è una crescita ormai eccessiva – dichiara Cristian Confalonieri, fondatore del Coordinamento Fuorisalone – il problema adesso è gestire la complessità: gli eventi a corredo sono ben 700, bisogna lavorare per non fare perdere qualità, come stiamo facendo a Brera, tenendo tutto sotto controllo”.

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Il proposito è ambizioso ma al momento difficile da perseguire, ormai dominano i follower che indicano tendenze, luoghi, locali. Riuscire a offrire una mappa ragionata della visite è l’obiettivo su cui punta quest’anno il Coordinamento: un percorso tematico che offre 20-30 eventi caratterizzati da una loro coerenza. Basterà? Difficile dirlo, la design week cambia pelle in continuazione sperimentando nuovi spazi. Ai distretti storici di  Brera, via Tortona, Triennale e Lambrate, si sono già aggiunti negli anni zone di minore tradizione e impatto come Isola, Città Studi, Gae Aulenti. Adesso il Fuorisalone cerca nuove prospettive nelle aree periferiche, in particolare quelle più glamour, come ad esempio Citylife che per la prima volta propone eventi outdoor. Grandi aspettative anche per la Bovisa con un polo di eventi che gravitano intorno al Politecnico.

 

Poi c’è il caso del Lambrate Design District, il perimetro compreso tra via Massimiano, via Ventura e via Conte Rosso che negli ultimi 8 anni ha segnato con forza il design milanese ma che si trova a dovere ridefinire la propria vocazione: i Ventura Projects, una società olandese che ha trasformato il nome di un ex quartiere popolare in un brand di notorietà internazionale, ha deciso di andare via. Con quali conseguenze? Per Daniela Galvani, titolare di What a Space, una piattaforma online che affitta spazi temporanei, Lambrate manterrà alto il suo profilo: “E’ un posto strategico, che raccoglie i designer più innovativi, sono sicura che il distretto manterrà alta la sua qualità”.

 

Un esito certo il trasloco da Lambrate lo ha già prodotto con due location, targate Ventura Projects, che quest’anno si presentano molto più agguerrite: Future Dome in via Paisiello, zona Piola, e i Magazzini Raccordati in Stazione Centrale. A conferma che gli spazi sottocosto sono preda sempre più ricercata del design milanese.

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