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GranMilano

Rolex, Vieri e gli altri. Tre calci negli stinchi alla Milano (ex) glam

Maurizio Crippa

Se anche l'ex bomber dell'Inter e il pilota della Ferrari Sainz percepiscono l'insicurezza della città, cosa dovrebbero quelli che vivono fuori dalle zone più ricche?

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Due indizi sono una coincidenza, e tre indizi magari non fanno una prova; ma al terzo calcione in due giorni che Beppe Sala si becca negli stinchi, qualche evidenza toccherà pure ammetterla. Beppe Sala, ça va sans dire, è qui usato come nome eponimo, collettivo, per indicare la ex Milano “place to be”, la ex Milano luccicante e glam, che da qualche tempo perde smalto e guadagna invece badilate di fango nell’opinione pubblica. Nell’ordine: al pilota della Ferrari Carlos Sainz dei giovinastri hanno scippato un Rolex da mezzo milione, e la figuraccia della (in)sicurezza meneghina ha fatto un giro di pista mondiale. Due: un mostro della comunicazione giovanil-social come Bobo Vieri ha sbroccato, dimostrando per tabulas come ormai a Milano, se ti siedi a un tavolino, rischi di venire derubato: è capitato anche al mitico bomber. Da ultima, la moglie del calciatore Stefano Sensi ha esternato: Milano è “una città indegna e insicura, ho paura di crescere qui i miei figli”. E questo, in tre soli giorni, è il dorato mondo dello sport milionario, è la Milano percepita da chi si muove tra bei quartieri e bei negozi e begli alberghi: qualcuno dirà che sono fisime da “ricchi & fortunati”, da insofferenti che non sanno nulla del mondo reale (e giù piagnistei da moralisti-pauperisti su tutti i giornali).

 

Forse è anche un po’ vero. Ma, se ci resta male Bobo Vieri, chissà come percepiscono la propria sicurezza gli altri, quelli che prendono la 90 o transitano la sera da Stazione Centrale. In ogni caso, i “ricchi & famosi” non sono soltanto dei privilegiati da non compatire (anche i ricchi piangono). Sono anche un motore mobile dell’immagine globale di Milano, ambasciatori internazionali (basta Instagram, basta TikTok) di un luogo. E – soprattutto in questo caso – sono i sensibilissimi termometri della salute e della sicurezza di una metropoli che si culla sugli “standard europei”. Di una Milano che fino a poco tempo fa era la Mecca del turismo e del lusso (e numericamente lo è tuttora: ne parliamo in questa pagina) ma rischia di pagare pegno alle sue vecchie e nuove debolezze. Ha un bel dire, il sindaco Sala, che “ogni cosa che succede a Milano viene enfatizzata”. Del resto, se fosse il sindaco di Rovigo, queste grane non le avrebbe: il problema è che qui siamo a Milano, non a Rovigo e nemmeno in Niger, e anche l’immagine conta, conta dannatamente. L’altro giorno Sala ha incontrato il ministro dell’Interno Piantedosi ed è tornato a chiedere rinforzi per l’ordine pubblico (e il ministro a prometterli, da buon mercante). Ma servono anche strategie di vivibilità minute, e capacità di trasmetterle, senza cedere alla “narrativa” (o agli indizi) di una città in retromarcia e insicura. Milano ha da essere sempre nuova, sempre al futuro. Deve inventare di più. Non può ridirsi alla lagna  pauperista da “anche i ricchi piangono”, come fa quel pezzo di modernariato sovietico di Landini. Alla domanda di un giornalista “Senta Landini, un caffè a Milano costa un euro e 50”, ha risposto: “Mi rifiuto di pagare un caffè 3.000 lire (perché io ragiono ancora in lire). Non lo ordino e basta”. Sarebbe una scemenza anche a Rovigo, e persino in Niger. Ma il nostro sindaco Beppe Sala lo sa, nevvero?

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