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Il futuro del Pd visto da Maran che il Pd preferisce non vedere

Fabio Massa

"Resto convinto che una verifica con gli elettori di quale sia la linea politica migliore farebbe bene a tutti", ci dice l'assessore alla Casa e Piano Quartieri del comune di Milano

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Il caos del Pd lombardo ricorda Tolkien e l’atteggiamento di Pierfrancesco Maran, assessore del Comune candidatosi alle primarie come alternativa dem a Fontana e Moratti, riporta alla mente lo Hobbit: “Vivremo per combattere un altro giorno”. Anche perché, ci scherza su Maran parlando col Foglio, “ogni giorno pare quello giusto per annullare le primarie”. Che però non sono state annullate, al momento di andare in stampa. Che cosa succederà nelle prossime ore nessuno lo sa, nemmeno lui. “Io poi vorrei dirlo chiaro. Le primarie sono lo strumento fondativo del Partito democratico, e si basano sull’idea di apertura. Ora io mi chiedo: dopo la sconfitta del 25 settembre abbiamo bisogno o no di una apertura? Diamine se ne abbiamo bisogno! E soprattutto con un Pd che è diviso tra chi guarda al Terzo Polo e chi guarda ai Cinque stelle”. Appunto, collocazione non da poco. “Però guardare da una parte o dall’altra non vuol dire sciogliersi in una parte o nell’altra, significa avere una identità autonoma forte, grazie alla quale possiamo confrontarci alla pari con qualunque alleato senza subalternità. E in più le primarie con un voto consentono anche alle minoranze di conoscere il risultato finale. Per questo io credo che possano dare una centralità al Pd in un momento che è certamente difficile”.

 

Con Maran facciamo un giochino. Mettiamo in fila tutte le cose che gli cannoneggiano contro nei vari organi di partito, via Whatsapp e Facebook, tutti quelli che stanno contro di lui (e sono tanti). Primo: Maran ha fatto una fuga in avanti. “A 90 giorni dalle elezioni fuga in avanti? Scherziamo? E’ una questione ridicola che può porre solo chi non ha costruito un’alternativa prima. Del resto la mia è una radicale contestazione del metodo con cui siamo arrivati qui. Se si fosse partiti dalle primarie con delle date, oggi noi avremmo già in campo un candidato mentre i continui tentativi di accordi tra correnti ormai non sono in grado nemmeno di produrre una soluzione allo stallo”. Secondo: Maran si vendica perché il partito non l’ha candidato alla Camera. “Tecnica nota: quando ti esponi cercano sempre di ricondurla a fattori personali. Io faccio politica da sempre con l’idea che la legittimità te la dà il consenso e non l’appartenenza a una corrente organizzata. E’ il modo con cui rappresento i cittadini a Palazzo Marino, è il motivo per cui mi sarebbe piaciuto correre in un collegio ma non essere cooptato in una lista bloccata. E tra parentesi il collegio in cui avrei potuto correre l’abbiamo perso per pochi voti: ed è il motivo per cui per essere candidato presidente vorrei che lo dicessero gli elettori e non le segreterie di partito o le correnti”. Terzo: Maran vuole le primarie ma non c’è tempo. “La prima iniziativa per chiedere le primarie l’ho fatta il giorno 8 ottobre insieme a Giuliano Pisapia. Mi hanno risposto che era troppo presto. Dopo 40 giorni pare sia troppo tardi. Viene il dubbio che non le volessero fare fin dall’inizio. Ambrosoli fu scelto con le primarie a dicembre per le elezioni a marzo. In una coalizione collaborativa le primarie sono parte della campagna elettorale, non un antipasto”.

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Usciamo dalle critiche e torniamo alla politica: la Regione c’entra poco. Qui in Lombardia, ma anche nel Lazio, si fa l’anticipo del congresso. “Io ho parlato di primarie, che sono il metodo. Ma poi c’è il merito: ho anche delle idee politiche altrimenti non cercherei la competizione. Io resto convinto che la strategia deve essere l’alleanza tra tutti i riformismi. Ma se quella alleanza non è possibile allora non sono disposto a pensare che lasciamo quegli elettori a un altro schieramento, li vorrei rappresentare io che sono indubbiamente più innovativo di Letizia Moratti”. Majorino guarda al M5s. In questo siete diversi, ma anche lui ha sempre detto sì alle primarie: “Facciamo politica da tanti anni con visioni diverse ma che hanno trovato un punto comune: il fatto che il partito non si dovesse chiudere ma aprire. Il fatto che adesso Majorino dica no alle primarie mi ha stupito, per dirla tutta. Resto convinto che una verifica con gli elettori di quale sia la linea politica migliore farebbe bene a tutti. Io ho fatto una proposta chiara, può diventare minoranza. Ci sta. Ma dire che non viene sottoposta agli elettori non credo che sia il modo migliore per tenere unito il partito”.

 

Con Majorino vi siete parlati? “L’avevo informato e provato coinvolgere per il lancio della candidatura di sabato, come ho fatto nelle ultime settimane in tutti gli eventi di ‘Cominciamo da capo’. Peraltro lui aveva partecipato al primo. Non ero partito con queste iniziative pensando per forza una candidatura: la candidatura è nata perché a metà novembre e non c’era nessuna soluzione in campo. Poi intendiamoci: tutti si riempiono la bocca del fatto che bisogna consumarsi le suole e quello che ha fatto più km nell’ultimo periodo in tutta la Lombardia sono io”. C’è chi dice che se non verranno fatte le primarie valuterà l’uscita dal Pd. “E’ un’altra delle cose che si dicono a uno che vuole un pensiero libero e autonomo delle vecchie correnti”. Si torna all’inizio: vivere per combattere un giorno in più. Come finirà? “Non lo so. Da quando sono partito hanno detto che il giorno dopo avrebbero ammazzato le primarie, ma continuo a sentire tanti cittadini e associazioni e attivisti che le chiedono e mi invitano in giro per la Lombardia. Attendiamo”. 

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