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gran milano

L’urlo della periferia che non sappiamo. Il monologo di Sid

Cristina Giudici

Il discorso teatrale interpretato da Alberto Boubakar Malanchino è il grido di una generazione. Si tratta di un testo che lascia con il fiato corto e non solo per il ritmo sincopato della prosa. La sua ribellione è anche nella cultura, nei libri di Rimbaud nella musica di Mozart

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Sono nato ai bordi di una periferia. La periferia di una città. La periferia di un mondo. La periferia di una razza. La periferia di un magazzino pieno di scarti che verranno buttati in mare. Inutili. Oggetto, nessuno ti ha comprato. Hai fallito, oggetto. I tuoi fratelli e le tue sorelle ti aspettano. I tuoi padri si aspettavano altro da te. Periferie annoiate, siamo in mezzo a una pagina bianca, non sappiamo cosa scrivere, imbrattiamo i muri coi cristalli. Litri e litri di cristalli. A fumare. Non volevamo essere guardati. Volevamo essere ispirati. Volevo essere amato”. Parte così il monologo teatrale interpretato da Alberto Boubakar Malanchino.

 

Classe ’92, ha studiato alla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano ed è diventato noto grazie a serie tv cult come Summertime e Doc - Nelle tue mani. Background migratorio (la madre è nata nel Burkina Faso), una carriera in ascesa, ha appena portato in scena al Teatro Parenti Sid - fin qui tutto bene (regia e drammaturgia di Girolamo Lucania, sound design e colonna sonora live di Ivan Bert e Max Magaldi) per raccontare le periferie forzano il muro dei soliti stereotipi. “Raccontiamo tutte le periferie urbane, certo, anche quelle milanesi, ma soprattutto la rabbia di una generazione”, spiega al Foglio l’attore, che ha recitato la prosa graffiante di un monologo di un’ora e dieci minuti. Una performance prodotta da Cubo Teatro e E20inscena. Nato nell’hinterland milanese, a Cernusco sul Naviglio, Malanchino ci tiene a precisare che Sid è un archetipo. “Il monologo nasce nell’hub culturale Off Topic in una zona multietnica di Torino e può essere ambientato anche a San Siro, ma ha un messaggio globale: perché è il grido di una generazione. Si tratta di un testo che lascia con il fiato corto e non solo per il ritmo sincopato della prosa.

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Sid è un adolescente con una mente brillante e turbe psichiatriche che lo portano a uccidere, a soffocare le persone con dei sacchetti griffati. La sua è una storia di esclusione di una periferia urbana dove essere stranieri e poveri spesso coincide, ma è anche un’invettiva contro una società forgiata dalle diseguaglianze”. E infatti nel flusso di coscienza – ispirato al romanzo Alì il magnifico di Paul Smaïl, che narra la l’esistenza disperata di giovane beur delle banlieue francesi – Alberto Boubakar Malanchino forse meglio di altri può interpretare la storia di questo ragazzo italiano e algerino; ma non crede che si tratti solo di una storia prettamente identitaria. “Piuttosto uno spaccato sul profondo disagio di una generazione di adolescenti”. Malanchino è un attore poliedrico che tornerà a teatro con un personaggio shakespeariano, ma per Sid - fin qui tutto bene dove ci sono diverse sonorità fra cui anche Mozart si è ispirato anche alla strofa del brano di Marracash Cosplayer che spiega bene cosa significhi stare ai margini di una realtà urbana: “Non possiamo ancora essere poveri perché tutto è inclusivo a parte i posti esclusivi, no?”.  Ognuno riempie gli spazi volutamente lasciati in bianco dalla narrazione, spiega, “ma è ovvio che il testo portato a Milano è il racconto di una città escludente dove il ceto medio è sempre più ridotto mentre la periferia si estende e si dirama”.

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Non vuole dare un messaggio pietistico ma manifestare un rigurgito sociale di chi sta a bordo campo. Sid - fin qui tutto bene parla dei suoi demoni e va oltre le periferie geografiche. E infatti, quando Sid-Malanchino si ferma e si adagia per un minuto sul palco, in sala cala il silenzio. Gli spettatori tacciono, probabilmente sbalorditi perché siamo al Parenti e non in uno spazio di aggregazione suburbana, e “perché si sente un’eco che è un invito a riflettere su una società dopata. Si tratta di una prosa che deve disturbare, come è disturbante scoprire quell’isolamento di chi resta ai margini e continua a ripetere ‘Ci annoiamo’”. (“Perché facciamo tutte queste cazzate? Ma perché ci rompiamo i coglioni!”). Perché le periferie sono il termometro della salute di una città che riguarda tutti. (“E lo vuoi sapere perché? Perché girare per il quartiere da solo o a cazzo con la banda, o andare a farsi i giri in centro, è sempre un’angoscia”). Infatti l’invettiva di Sid è tipica di un teenager ribelle che vive in periferia ma non solo, e la sua ribellione è anche nella cultura, nei tanti libri letti, nella musica di Mozart. Cita Rimbaud, legge Il rosso e il nero di Stendhal e mentre i suoi coetanei fanno graffiti e compongono trap, lui si perde nelle note dei grandi compositori del Settecento e Ottocento. Conclude Malanchino: “Alla fine del monologo resta un’eco che viene ascoltata da ognuno in modo diverso. Alcuni, al Parenti, mi hanno detto di aver trovato la performance urtante mentre altri hanno reagito con un ‘Non so cosa pensare’. Perché la storia è ambientata in una desolante periferia occidentale, ma ribalta gli stereotipi”. 

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