PUBBLICITÁ

GranMilano

Musica senza live

Paola Bulbarelli

Il Ligera, ultimo a morire nell’ex capitale dei locali. Il patron di Alcatraz racconta

PUBBLICITÁ

 

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


 

PUBBLICITÁ

Era il 2007 quando Amy Winehouse si esibì a Milano, unica tappa in Italia. Scelse l’Alcatraz, uno dei templi della musica milanese. Fu un concerto memorabile, canzoni rimaste nella storia, locale bombato di gente. Ricordi struggenti guardando oggi l’Alcatraz, chiuso da più di un anno ormai. L’ultimo a tirare giù la claire – ma in questo caso per sempre – è stato il Ligera di via Padova, da tre lustri porto sicuro di musica e cultura underground. La notizia ha gettato altro sconforto sul mondo dei locali di musica dal vivo milanesi. Non è facile spiegare il fondo di questo sconforto, perché non è soltanto la maledetta crisi economica, che sta fiaccando le resistenze.

 

È che Milano, capitale di tante cose, è una capitale anche della musica dal vivo, dei locali dove la si fa e la si vive. Fin da quando, nel 1981, nacque sul Naviglio il mitico Le Scimmie, locale antesignano da cui passò il meglio di un trentennio di musica, internazionale, da Pat Metheny a  Laurie Anderson, e italiana (anzi anche milanese: Elio, le Vibrazioni). O i quasi vent’anni del Blue Note all’Isola,  colpito dalle bizzarre ordinanze che consentono il brunch ma non i concerti, dove ha suonato l’olimpo del jazz. La musica a Milano ha una sua dimensione,  i suoi riti e i suoi templi. E ora sono chiusi, per sempre come il Ligera o “almeno per ora, speriamo”, tanti altri. E morale sotto i tacchi.

PUBBLICITÁ

 

“Siamo nati nel 1998 – racconta al Foglio Lorenzo Citterio, patron dell’Alcatraz – Poi all’improvviso, il 23 febbraio 2020, è stata l’ultima serata di lavoro. Abbiamo 15 dipendenti tutti in cassa integrazione. E poi ci sono gli investimenti fatti sulla struttura negli anni, un locale come l’Alcatraz, per essere appetibile per i concerti, deve costantemente aggiornarsi. Abbiamo aumentato la  sicurezza, le uscite, i percorsi, nonché modifiche strutturali per arrivare a una capienza di 3.500 persone”.

 

A significare che la musica live, a Milano, tira davvero al punto che la città meneghina potrebbe essere considerata la capitale economica della musica dal vivo con le multinazionali della musica che qui si sono collocate cui aggiungere etichette, radio, studi grafici e spazi creativi. “Il locale permette allestimenti tecnici economicamente sostenibili – continua Citterio – Abbiamo ospitato delle produzioni video, un paio di concerti in streaming, girato tre video clip, lavori che sono nulla rispetto al volume ordinario, giusto per far lavorare i dipendenti, ma sono numeri insignificanti, nel 2020 abbiamo perso il 90 per cento del fatturato”. Mentre le spese sono sempre quelle. 

 

PUBBLICITÁ

PUBBLICITÁ


“Noi stiamo cercando in tutti i modi di far quadrare il cerchio tra anticipi fiscali, crediti d’imposta ma è molto dura”. Se ci si guarda indietro il mondo legato alla musica era in continuo fermento. “Prima e dopo l’Expo, abbiamo assistito a un vero e proprio Rinascimento. Milano ha superato in turismo altre città d’arte, sono stati anni meravigliosi. Il nostro locale era finito nei tour turistici, venivano a vedere un concerto e poi a cena al ristorante. Sono convinto che quando questo finirà si ritroverà un grande entusiasmo, il problema è che ci sarà da raccogliere le macerie. Noi non ce la possiamo fare da soli. Sono convinto che abbiamo concorso a costruire questo rinascimento milanese, perché senza posti come l’Alcatraz certe manifestazioni, certi artisti, certi interessi non si sarebbero potuti concretizzare. Un luogo privato fatto con soldi nostri guadagnati lavorando ininterrottamente, ma che ha fatto bene a tutta la città”. Ma la necessità aguzza l’ingegno e Citterio non sta con le mani in mano. “Ho fatto una proposta alle autorità di convertire i nostri spazi, congegnati per il flusso delle persone in entrata e in uscita, come centro vaccinale. Una destinazione che per ora è l’unica via d’uscita. Se le vaccinazioni vanno veloci torniamo tutti a lavorare”.
 

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ