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GranMilano

C’è sempre quel nome simbolo, “i Moratti”, al centro della storia migliore di Milano

Maurizio Crippa

Dal petrolio alla Grande Inter, ma anche Emergency e San Patrignano: una famiglia all'insegna di imprenditorialità e iniziative sociali. Letizia all'estrema sfida

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La bacchetta magica, come la siringa magica del vaccino, non ce l’ha nessuno. Nemmeno Letizia Moratti, col suo aplomb manageriale, la sua eleganza un po’ algida da gran lady dell’élite imprenditoriale milanese, il suo curriculum di civil servant. Non basterà il suo impegno, se ci sarà, a ridare tutto d’un tratto brillantezza ed efficienza a una città, a una regione, in sofferenza nella bufera della pandemia. Ci vorrà tempo perché Milano torni “bella da vivere”, come nello slogan che l’ex sindaco lanciò molti anni fa, quando il sogno di Expo era nato a partire proprio dal suo personale impegno. Suo, col sostegno silenzioso e forte di Gian Marco.

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La bacchetta magica, come la siringa magica del vaccino, non ce l’ha nessuno. Nemmeno Letizia Moratti, col suo aplomb manageriale, la sua eleganza un po’ algida da gran lady dell’élite imprenditoriale milanese, il suo curriculum di civil servant. Non basterà il suo impegno, se ci sarà, a ridare tutto d’un tratto brillantezza ed efficienza a una città, a una regione, in sofferenza nella bufera della pandemia. Ci vorrà tempo perché Milano torni “bella da vivere”, come nello slogan che l’ex sindaco lanciò molti anni fa, quando il sogno di Expo era nato a partire proprio dal suo personale impegno. Suo, col sostegno silenzioso e forte di Gian Marco.

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Eppure, Moratti a Milano, in Lombardia, è un nome che significa sempre e ancora molto, porta con sé alcune scintille simboliche e molto milanesi che il tempo non cancella. Moratti è il nome di una famiglia di imprenditori, ramo petrolio, che è stata a lungo principesca, per ruolo e per status. Parte di una borghesia attiva e illuminata, che non si nascondeva. Parte di una élite di famiglie lombarde che hanno fatto grande Milano (e l’Italia), e che ora non ci sono più. O non più al centro della scena. I Falk, i Pirelli, i Feltrinelli (e i Berlusconi, per quanto Silvio non sia mai stato così “milanese”). Moratti era ovviamente Angelo, la Grande Inter degli anni Sessanta, che poi è stata la “Pazza Inter” tripletista di Massimo, l’ultimo patron italiano. Ma Moratti è stato anche, dai tempi di Angelo, il nome di una imprenditorialità, e di una attitudine ambrosiana alla filantropia, all’impegno civico, alle iniziative sociali. Quel tipo di milanesità generosa, interventista, che ha forgiato dal Dopoguerra un modo di essere, fare, usare la propria ricchezza e influenza per una visione positiva e ottimista della convivenza sociale.

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Nella Seconda Repubblica, Moratti è stato anche un nome che ha contato nella politica. E sono state, dentro la grande famiglia, due famiglie distinte, se non contrapposte. Sul versante di sinistra Massimo, sempre generoso di iniziative sociali anche attraverso il calcio, e il rapporto con Emergency di Gino Strada ma non solo. Assieme a sua moglie Milly, attivista ecologista quando non era così di moda e battagliera in Consiglio comunale con i Verdi, proprio quando sua cognata Letizia guidava la giunta di centrodestra. E dall’altra parte appunto lei, la “lady di ferro”. Con Gian Marco gli amici e i più grandi sostenitori di San Patrignano, ma non solo quello. Letizia Moratti è stata a capo della Rai, sognando di farne una Bbc fuori dalle logiche dei partiti, e ministro dell’Istruzione sognando una scuola e una università sul modello anglosassone. In questo, tra cose riuscite e progetti naufragati a metà, Letizia Moratti è stata in politica un tipico esempio di cosa è, o cosa era, la borghesia illuminata e riformista e cosmopolita di Milano.

 

Tutto insieme, il calcio e il verde, l’impegno sociale e la politica come applicazione tecnica di un sapere, più che di un’ideologia o di una appartenenza partitica, è andato per molto tempo sotto il nome collettivo di “Moratti”. Un nome di famiglia. Ora Letizia si sta preparando, forse, a una nuova sfida. Le sfide le piacciono, si dice che ne abbia molta nostalgia, dopo anni lontana dal caos pubblico. E’ parte di una storia che ha dato molto a Milano, alla Lombardia. Una borghesia, un’aristocrazia borghese e impegnata, di cui si sente molto la mancanza. Ora lei riporta quella storia, che non è solo un cognome, al centro della scena. Il resto, sarà il futuro a dirlo.

 

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