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GranMilano

Il problema è la squadra. La vera grana del prossimo sindaco di Milano

Fabio Massa

Pierfrancesco Maran, Filippo Del Corno, Cristina Tajani. Tra gli assessori di Beppe Sala è gara a farsi da parte prima di essere messi da parte. In caso di vittoria, il sindaco dovrà rimpiazzare quasi tutti i pezzi della squadra. Chi mobiliterà l'elettorato?

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Ripeti con me: “Mmmm, è la giunta che conta! Mmmmm, è la giunta che conta!”. Era il mitico video del Terzo Segreto di Satira. Il protagonista è Marco Ripoldi, attore talentuoso cresciuto tra Rozzano e le suore dorotee dello Stadera, che si trova – durante il ballottaggio tra Stefano Parisi e Beppe Sala – a doversi convincere di votare per quest’ultimo. “Fai come me – gli dice un’amica nel video cult – Ho messo in giro per casa le foto di Parisi con De Corato, Salvini, Gelmini”. La risposta di Ripoldi è di quelle assai politiche: il problema “non è convincermi a non votare Parisi, ma a votare Sala”.

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Ripeti con me: “Mmmm, è la giunta che conta! Mmmmm, è la giunta che conta!”. Era il mitico video del Terzo Segreto di Satira. Il protagonista è Marco Ripoldi, attore talentuoso cresciuto tra Rozzano e le suore dorotee dello Stadera, che si trova – durante il ballottaggio tra Stefano Parisi e Beppe Sala – a doversi convincere di votare per quest’ultimo. “Fai come me – gli dice un’amica nel video cult – Ho messo in giro per casa le foto di Parisi con De Corato, Salvini, Gelmini”. La risposta di Ripoldi è di quelle assai politiche: il problema “non è convincermi a non votare Parisi, ma a votare Sala”.

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Fino a quando lo psicologo gli insegna il mantra, appunto, “è la giunta che conta”. Sono passati cinque anni ma sembra un secolo. Peraltro Parisi e Sala non erano la stessa cosa manco per niente, ma questo lo si è scoperto dopo, ovviamente. Parisi, persa Milano si è candidato nel Lazio, dove è consigliere regionale. Sala invece ha marcato le proprie differenze in modo chiarissimo: rivoluzione ambientale, radicalità sui diritti, antisalvinismo acuto. Altro che manager “di centrodestra”, è ben radicato nel territorio del centrosinistra. Il mantra “la giunta che conta” ha aiutato la transizione. Ma dove finirà al prossimo giro?

 

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Per spiegarci: esisterà ancora un legame lungo con la prima esperienza di centrosinistra milanese del post Tangentopoli, ovvero con chi aveva governato insieme con Pisapia? La domanda, in tempi di Covid, pare prematura. Ma non è così. Perché le liste e i nomi si stanno facendo ora, le preparazioni per gli impasti elettorali hanno un tempo di lievitazione assai lungo. E dunque, che cosa dicono i tam tam da Palazzo Marino? Il primo è il più clamoroso: secondo alcuni Pierfrancesco Maran dovrebbe rimanere fuori dalla giunta perché ha già fatto due mandati. Una sorta di deriva grillina in salsa piddina. Solo che quelli stanno cercando di levarla, la norma. Questi, di metterla per cecchinarsi a vicenda.

 

E dire che Maran, dopo l’addio dell’altro Pierfrancesco, ovvero Majorino, è indubitabilmente il talento del mazzo di assessori. Di quelli che – è una vita che lo si dice e lo si scrive – studiano da sindaco fin da piccoli, con un cursus honorum politico di tutto rispetto. Assessore ai Trasporti che ha rivoluzionato la città, oggi assessore all’Urbanistica che rivoluzionerà la città del futuro. Domani sindaco? Macché, c’è chi lo vorrebbe semplice consigliere. E via andare. Uno che ha capito che non si doveva ricandidare, e che ha fatto la mossa migliore, e tanto in anticipo, è Filippo Del Corno, il titolare della Cultura. Un anno e mezzo prima, dunque l’ultima estate pre Covid, in una intervista afferma che non si ricandida e che torna a fare il compositore.

 

Manterrà la promessa, e si dimostra uomo di parola oltre che politico di visione. Chi si mette a disposizione per candidarsi ma senza pretendere nulla su ruoli di giunta, per lasciare il posto ad altro esponente cattolico, è Marco Granelli, assessore all’Ambiente e ai Trasporti. Anche lui decisivo nelle svolte strategiche della città e nella rivoluzione ambientale auspicata da Beppe Sala, oltre che nell’introduzione della micromobilità alternativa (leggasi monopattini, ma anche bici freeflow) che tuttavia è una delle cose che più separano il campo di destra dal campo di sinistra. Lui è un uomo concreto e disponibile, che fa dell’umiltà una forza: se c’è da combattere elettoralmente c’è, e poi si vedrà quali sono le prospettive personali. Tradotto: giunta o non giunta, è prematuro parlarne.

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C’è chi dice che pure Roberto Tasca potrebbe pensare di non essere della partita, nella prossima giunta, anche se lui con l’esperienza Pisapia non ha avuto nulla a che fare ed è invece lo strategico uomo dei conti di Sala. Chi invece arriva da lontano è Cristina Tajani. C’è chi scommette che se ci sarà un turnover completo lei mollerà un secondo prima che qualcuno le dica che non può entrare in giunta. Insomma, se rivoluzione sarà, non la subirà ma la anticiperà. Da queste indiscrezioni discendono però due problematiche politiche. La prima è che, in caso di vittoria, Sala dovrà rimpiazzare quasi tutti i pezzi pregiati, ed esperti, della squadra. La seconda è: come mobilitare l’elettorato? È ormai un fatto acclarato che furono i voti mancanti del ballottaggio a condannare Stefano Parisi, arrivato a un’incollatura al primo turno.

 

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Mancati per l’assenza di coinvolgimento da parte dei “re delle preferenze”, che non avevano raggiunto accordi per il dopo elezioni. Tradotto: Parisi non rassicurò su incarichi e prospettive di ruoli, e alcuni non riportarono a votare i loro elettori. Nel caso di Sala, invece, il rischio della sconfitta galvanizzò le sinistre. A completare l’opera, i radicali li portò dentro con il “patto della lasagna”, ovvero il pranzo offerto al poi assessore Lorenzo Lipparini con la pietanza cucinata dalla compianta mamma di Beppe Sala. Ogni voto conta.

 

Nel 2020, se la Lega e il centrodestra schierassero un forte candidato “identitario”, e c’è qualcuno che fa il nome di Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, il richiamo alla battaglia mobiliterebbe tutte le forze di sinistra. Ma se davvero la scelta dovesse cadere su un moderato come Paolo Veronesi, o come Maurizio Dallocchio, allora non ci sarebbe “l’effetto spavento”. A destra il rischio è invece che non ci sarà nessun mantra “è la giunta che conta”, poiché potrebbe non esserci alcuna squadra predefinita, l’errore che condannò Parisi.

 

Rischi da non sottovalutare né per Sala né per gli sfidanti. Le elezioni si avvicinano. E da Roma si scommette che nessuno vorrà votare a ridosso dell’autunno, a settembre 2021: fin quando ci sarà il Covid l’unico periodo buono a disposizione è quello che precede l’estate. Dopo si entra in un ginepraio, come dimostra il caso Campania con Vincenzo De Luca: prima dell’ondata eroe, dopo la seconda contestatissimo e con la popolarità in caduta libera.

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