(foto LaPresse)

GranMilano

Giancarlo Giorgetti, il motore immobile

Fabio Massa

Tutta la costellazione leghista che chiama in causa l'aristotelico ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio (ma non dite corrente)

Quelli che si intendono di filosofia, e ammirano “GG”, ovvero Giancarlo Giorgetti, intendono il suo ruolo come quello di un “motore immobile”. Concetto aristotelico, che però calato nella complicata concatenazione di cause ed effetti della politica, funzionerebbe così: lui è una causa prima nel mondo leghista. Ed è pure immobile, nel senso che una volta che si pianta, rimane là, anche per anni, a osservare ciò “che move il sole e l’altre stelle”, per rimanere in ambito aristotelico-dantesco. Per i maligni, invece, è immobile perché nessuno riesce a convincerlo a fare non solo il passo più lungo della gamba, ma proprio nessun passo. Giorgetti.

 

Quindi non esiste un asse con Luca Zaia contro Salvini, perché forse al Doge non interessa, e in Lombardia manca invece il coraggio di un azzardo, una puntata all-in, un colpo di testa come fece quel Matteo Salvini ai tempi della fatwa contro Bossi. Allora Salvini andò oltre il Grande vecchio, per poi andare anche oltre Bobo Maroni, che prudentemente si scansò ma non ha mai smesso di agitarsi, da allora in poi. Mettere tutte le fiches sul tavolo e sperare che esca il numero giusto. Anche perché in caso contrario Umberto Bossi era implacabile: gli espulsi nelle notti dei lunghi coltelli sono molti, e nessuno si scorda l’irremovibilità del Fondatore. E comunque, motore immobile, ovvero impassibile, è il Giancarlo Giorgetti. Certo, a volte si inquieta. Come è successo recentemente a Varese, dove Roberto Maroni ha prima fatto fuori la sua candidata, Barbara Bison, per mettersi lui in lizza, e poi ha annunciato che è pronto a correre sindaco a Milano.

 

Raccontano che un tempo si vociferava anche di lui, Giorgetti, come candidato a Milano. Ma avevano sbagliato Quisquilie, per il motore immobile, piccoli fastidi da cacciar via con una battuta. La verità è che fa proseliti, Giancarlo Giorgetti. Per andar dove, non si sa, ma lo ritengono un grande saggio. Raccontano che la lista delle telefonate che GG riceve ogni giorno è lunga e si allunga. Edoardo Rixi, l’uomo delle infrastrutture della Lega, lo chiama. Così come il presidente dei deputati Riccardo Molinari, e il presidente dei senatori, il monzese Massimiliano Romeo. Ovviamente: non ci sono tradimenti della fedeltà a Salvini, e uno ad esempio come Romeo è rigidamente un salviniano d’osservanza. E non ci sono “corna”, in una telefonata, è tutto platonico, visto che Giorgetti è immobile, non avanza pretese né battaglie. Ascolta, consiglia. Dicono che Dario Galli, stimatissimo ex viceministro, discetti con lui esattamente come Stefano Candiani, onorevole da Busto Arsizio proprio come Leonardo Tarantino. Ce ne sarebbero abbastanza per fare una corrente e muoversi alla conquista del partito dietro il Leone di Luca Zaia. Ma non si deve, non può. Perché il Giancarlo non si muove. E’ immobile, pur essendo il motore. E c’è una logica, in tutto questo: del resto è Aristotele, mica Mauro Corona.

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