(foto LaPresse)

GranMilano

Ripartire, ma da Ferrara. Che ci fa il musicologo Francesco Micheli in terra d'Este

Paola Bulbarelli

L'inventore del festival MiTo ha trovato nella città emiliana nuovi stimoli. "Con un budget modesto siamo riusciti a mettere insieme un programma di livello"

I suoi credo: arte, innovazione, cultura. Valori fondamentali per crescere, secondo Francesco Micheli, finanziere tra i più noti e musicologo di fama. E che ora porta la sua passione lontano dalla sua Milano, fino a Ferrara, dove ha dato vita a “Ferrara Musica” di cui è presidente. Il progetto che si estende anche ad altri ambiti, tra arte e teatro. Presentazione però alla Fondazione Catella perché, come ha detto Vittorio Sgarbi, presidente della Fondazione Ferrara Arte, “Milano vuol dire avere la certezza che di Ferrara si parlerà anche fuori da Ferrara”. Come mai questo “viaggio”?, abbiamo chiesto a Micheli. “Ferrara è un miracolo a livello mondiale, nata nella seconda metà del Trecento come tutte le grandi corti che sono una grande ricchezza della cultura italiana prerinascimentale. E’ meravigliosa questa crescita che parte dai primi vagiti della musica del Trecento, in sostanza dei cantastorie, e Lionello d’Este che arriva e s’inventa la Cappella del palazzo nel quale invita i grandi musicisti, anticipando di trecento anni Bach”. Ferrara e non Milano.

 

“Ferrara è un territorio diventato vergine malgrado la sua storia magnifica e ha questa magia che Abbado aveva scoperto, è talmente importante che ancora oggi grandi musicisti nel mondo credono che Ferrara Musica sia quella di allora. E in tal senso mi diverte molto e io faccio le cose che mi divertono”.  Milano non la divertiva più? “A Milano avevo già dato, nove anni di festival MiTo, ho lasciato grandi mezzi quindi MiTo può andare avanti e a prescindere da come è fatto oggi, la gente ci va perché si è creata un’abitudine”.  E adesso, invece… “Credo valga la pena di investire su Ferrara, che vanta un teatro celeberrimo per storia, acustica. Misteriosamente ci sono teatri che hanno un’acustica magica, la Scala non ha una grande acustica ma non è colpa di nessuno, la Sala del Conservatorio, invece, è nata bene perché c’è una doppia parete in legno piuttosto bassa, la migliore acustica è la scatola da scarpe, partendo da quello si possono poi fare stravaganze e una configurazione che funziona. Ferrara ha un’acustica perfetta tant’è che Pollini non sarebbe venuto se il teatro non avesse avuto questa caratteristica. Con un budget modesto, molto al di sotto di quello che avevamo a MiTo, siamo riusciti a mettere insieme un programma di livello. Arriverà anche Muti”. 

 

Milano ha rallentato da un punto di vista culturale? “C’è un rallentamento perché purtroppo i mezzi di comunicazione sono molto cambiati. Una volta l’alta fedeltà era fondamentale nella musica, oggi si sente la musica su telefonini. Il piacere del bello in pittura è difficile ritrovarlo, in musica è mutato. Credo nella musica d’arte, come la definisce Pollini, purché sia di altissima qualità. Cito spesso Savinio che diceva che l’arcangelo del mediocre vola basso. In Italia si accompagna a una crisi di classe dirigente, una desertificazione del paese. La responsabilità è da attribuire alla grossa caduta del livello della classe dirigente in generale e se la politica in un blitz può cambiare da un momento all’altro, per quanto riguarda la classe dirigente significa partire dalle università, tempi lunghi come quelli della demografia”. Quindi, Milano? “C’è stata un po’ troppa retorica e quindi si sono create anche delle antipatie, perché il primo della classe di solito non è un simpaticone. La tragedia di questa terza guerra mondiale che è il Covid ha azzoppato tutti, il mondo cambierà totalmente”. Come cambierà? “Solo se i giovani assalteranno il Palazzo d’Inverno, cioè se sfonderanno quelle porte strette che li hanno tenuti sempre un po’ fuori e quindi il futuro, come dopo la Seconda guerra mondiale, vedrà un periodo di grande espansione. Teniamo conto che arriverà una notevole quantità di denaro grazie all’Europa, e se sarà ben gestita, se non allungheranno le unghie malavita e malaffari, ci potrà essere un futuro straordinario per un paese come l’Italia che ha fenomeni come Ferrara. Milano c’è sempre e abito a Milano, che è una meraviglia; mi prodigo alla Scala e in altre parti ma ora questo stimolo me l’ha dato Ferrara, come ai tempi di MiTo me l’ha data Torino”.   

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