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Giorgetti: "Uniti contro il Covid? Solo se il governo ci coinvolge davvero"

Il visegretario della Lega intervistato da Salvatore Merlo. "La pandemia è al di là delle forze di questo esecutivo. Lo capiscono tutti, tranne i diretti interessati". La Lega nel Ppe? "Troppo presto. Ma se il mondo cambia, cambiamo anche noi"

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Una cabina di regia? "Quella rilanciata da Luigi Di Maio, col quale i rapporti personali erano e restano buoni, è una proposta che noi avanziamo sin da marzo". Si può fare, allora? E qui Giancarlo Giorgetti frena, però. "Non dipende da noi”, dice il vicesegretario della Lega durante l'intervista a Salvatore Merlo per il Festival dell'Ottimismo. “Lo stesso Matteo Salvini da mesi ripete che siamo pronti al dialogo e al confronto. Ma finora il governo si è considerato autosufficiente, ritenendo di non dovere chiedere la collaborazione delle opposizioni e di doversi confrontare in modo intermittente con regioni o enti locali. Di certo non si può chiedere alle opposizioni di accettare un ruolo di ratifica di scelte prese dal governo, il che ci renderebbe corresponsabili di scelte che noi non condividiamo". E qui insomma starebbe il paradosso. "Che questo governo rossogiallo, nato come governo di scopo nell'estate del 2019 per evitare la possibile vittoria di Salvini alle elezioni, e per durare magari solo sei mesi, si è ritrovato disgraziatamente a dover gestire una crisi epocale che va ben al di là delle capacità di chi questo governo lo compone. Lo capiscono tutti, tranne una parte dei diretti interessati".

Cosa si sarebbe potuto fare, di meglio? “Non è certo il momento di salire in cattedra e dare dei voti. Né, aggiungo, è il momento di aizzare i magistrati contro gli avversari politici, come sta avvenendo nella vicenda di Alzano. Tutti hanno sbagliato, e abbiamo sbagliato anche noi. Quello che contesto, però, è il metodo, la mancanza di confronto con enti locali e parti sociali”.

E' la voce di una Lega diversa, quella di Giorgetti. O, quantomeno, di una Lega che prova a cambiare. “E' il mondo che cambia”, dice l'ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, “e chi fa politica non può non tenere conto di questi cambiamenti”. Anche in Europa? “Certo, anche l'Europa sta cambiando. E se da anni io esprimo apprezzamento per Mario Draghi non è perché lo vorrei come presidente del Consiglio o della Repubblica. E' perché, semmai, agendo contro il Trattato della Bce, ha fatto quello che tutti invocavano”.

E dunque anche il collocamento europeo del Carroccio, può mutare. “Si tratta di processi che non durano ventiquattr'ore. E non sono così fesso da chiedere di entrare nel Ppe. Anche perché, siccome i matrimoni si fanno in due, oggi probabilmente il Ppe ci risponderebbe picche. Ma con realismo e pragmaticità, dobbiamo osservare le evoluzioni nella Cdu per capire dove va il Ppe. E farci conoscere per quello che siamo: un partito che, tra l'altro, governa 14 regioni, e tra queste ci sono quelle più sviluppate ed europee”.

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