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Carceri, meno consenso più buon senso

Claudio Cerasa

Sarebbe bello che un decimo dell'attenzione dedicata al caso Salis venisse dedicato anche allo stato degli istituti penitenziari che si trovano in condizioni non così lontane da quelle ungheresi

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In vista delle europee, molti partiti hanno scelto di mostrare attenzione particolare al caso delle carceri ungheresi. Una lista, quella guidata da Bonelli e Fratoianni, lista di sinistra, si è interessata così tanto al tema da aver deciso di candidare la famosa Ilaria Salis, in questi mesi mostrata diverse volte con le manette in aula in un tribunale ungherese e divenuta in questi mesi il simbolo di ciò che rappresenta l'Ungheria per lo stato di diritto: un disastro. Le carceri ungheresi però appassionano la sinistra per questioni più legate al consenso che al buon senso e Salis è divenuta un simbolo della sinistra perché si trova in un paese governato da un amico di Meloni: Viktor Orbán. Sarebbe bello che un decimo dell'attenzione dedicata al caso Salis venisse dedicato anche allo stato delle carceri italiane che si trovano in condizioni non così lontane da quelle ungheresi. L’Italia, secondo dati dell’Oms del 2019, è uno dei paesi dove ci si suicida di meno. Al contrario, se si guardano i dati del 2021 del Consiglio d’Europa, il nostro paese è al di sopra della media europea per i suicidi in carcere. Al 31 marzo 2024 erano 61.049 le persone detenute, a fronte di una capienza ufficiale di 51.178 posti. Negli ultimi 32 anni, vi sono stati 1.754 morti suicidi. Verrà il giorno in cui la politica sceglierà di occuparsi di carceri con un occhio al buon senso, più che al consenso. E verrà il giorno in cui la politica capirà che occuparsi di carceri significa occuparsi di garanzie, che occuparsi di garanzie significa occuparsi di stato di diritto e che occuparsi di difendere lo stato di diritto significa difendere qualcosa che dovrebbe stare a cuore anche quando il tema in ballo non riguarda un amico di Meloni: semplicemente, la nostra democrazia.

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