Ansa

L'intervento

Da magistrato vi dico che Nordio ha ragione sulle intercettazioni

Piero Tony

Il guardasigilli non scopre l'America ma dice cose assolutamente ovvie: i più grandi errori giudiziari nascono dall'abuso delle intercettazioni. Perché una svolta è giusta e necessaria, contro l’Italia alla Kafka

Dando per scontato che la riforma Nordio sulle intercettazioni fosse ormai cosa ovvia e tutta piana tranquilla ed in discesa, mi sono distratto e sono andato a sciare. Sono pentitissimo perché pare che molti non siano d’accordo sui suoi propositi nonostante la drammatica esperienza degli ultimi circa 70 anni. Nonostante il fatto che, come era prevedibile nella patria del diritto naturale e della Costituzione materiale, le riforme Orlando e Cartabia siano rimaste per ora lettera morta un po’ dappertutto. Roba da non credere. Ero convinto che molti fossero davvero stufi e pensassero che, nelle indagini, fosse ormai passato il tempo dell’utilizzo a tutti i costi di qualsiasi ciarpame, della visione spregiudicatamente sostanzialistica che raccoglie tutto e mai butterebbe via la polpetta caduta nel piatto. Ci si riferisce soprattutto alla parolina intercettata e poi disinvoltamente usata come tessera di un mosaico in ottica verificazionista.

 

Non è così, evidentemente ancora molti vogliono la polpetta e se intercettano qualcuno che dice all’amico “mio nonno 30 anni fa, prima di morire, mi disse di aver dato un kalashnikov 7,62 mm a Sua Santità il Papa” si eccitano, avviano complesse indagini ed auspicano che i media ne parlino, sperabilmente pubblicando il nome degli investigatori. E allora si critica il guardasigilli che, quanto al tema delle intercettazioni, lo voglio dire – e non me ne voglia – con tutto il rispetto per il vecchio e autorevole magistrato che è stato, non scopre l’America ma dice cose assolutamente ovvie. Non ha fatto che leggere il codice ad alta voce, ma ciononostante in piccionaia hanno fatto tanto chiasso. Ma lo ha fatto con molto coraggio. Ammirevole, straordinario coraggio per osare di voler ripristinare una corretta interpretazione della legge in contrasto con l’opinione pressoché generale dei PM.

 

Talmente ovvie che dovrebbero rendere superflua qualsiasi discussione con il senno di oggi, ossia con il senno di chi ha potuto assistere, dalla nascita dell’art. 15 della Costituzione ai nostri giorni, ad una perniciosa deriva della nostra cultura investigativa, sempre più acriticamente e soprattutto esaustivamente incardinata sul mero risultato delle intercettazioni. È grave criticare Nordio, perché dice cose lapalissiane e propone un sacrosanto richiamo a logica e legalità. Basta controllare il codice (artt. 266-271 cpp ), che venne introdotto dal legislatore (la lettura dei lavori preparatori potrebbe essere utile) quale trampolino di lancio verso l’acquisizione probatoria, quale transitorio strumento atto a ricercare la prova e che viene ora scorrettamente valutato, invece, come vera e propria prova, come traguardo e successo probatorio grazie ad una ormai sperimentata insipienza interdisciplinare. Allo stesso modo in cui sarebbe scorretto giudicare prova a carico il mero fatto dell’avvenuta perquisizione (altro mezzo di ricerca della prova) e non l’effettivo rinvenimento, in flagrante possesso, del corpo del reato o di cose pertinenti al reato.

 

È grave non essere d’accordo con il ministro perché tutte le intercettazioni, sia preventive sia istruttorie, a parte la diversa ostensibilità secondo il codice dovrebbero avere solo fini investigativi e dunque preludere ad uno sperato conseguimento di prove. È grave perché l’abuso di atti invasivi come le intercettazioni in genere (non a caso se ne occupò l’Assemblea Costituente all’art. 15 e la Convenzione Europea agli artt. 8 e 10 ) e con l’uso del captatore informatico in particolare (che entra financo nella camera da letto – si suol dire in modo figurato – e che consente addirittura l’intrusiva messa a fuoco della persona nelle propensioni culturali e sessuali e commerciali) può pregiudicare in modo irrimediabile diritti fondamentali della persona, per primi dignità e libertà, soprattutto se supportato mediaticamente, come troppo spesso avviene. Male non fare, paura non avere. Può tranquillizzare il detto di una mia vecchia domestica fino al punto di criticare il progetto di riforma?

 

Va di nuovo segnalato che il ministro Nordio, nel ricordare che ex art. 267 cpp le intercettazioni possono essere disposte solo se “assolutamente indispensabili”, ha precisato a chiare lettere, ripetendolo più volte per i poco vispi, che intenderebbe limitare gli eccessi e gli abusi nelle intercettazioni solo per i reati comuni di scarsa offensività ma che ritiene assolutamente irrinunciabile il loro uso in materia di mafia e terrorismo. Siccome nessun atto più o meno concludente contrasta dette enunciazioni, pare davvero che qualsiasi critica non possa fondarsi che su miserabili pre-giudizi di corridoio. O che comunque sia formulata senza aver considerato attentamente tutti gli aspetti della questione oppure senza aver mai visto importanti atti processuali gonfi, mediante il comodo metodo taglia/incolla, di interminabili verbali di trascrizione che vengono inseriti dal pm nelle sue richieste e poi, a cascata, rimangono per anni negli atti fino a definizione del procedimento, così coinvolgendo l’intera vita di relazione dell’ascoltato, compreso qualsiasi pettegolezzo, naturalmente meglio se pruriginoso. O senza sapere che con il captatore informatico detto trojan, originariamente bagaglio da intelligence in quanto eccezionalmente insidioso e penetrante, i malintenzionati possono anche operare in qualsiasi modo a nome dell’intercettato perché notoriamente possono determinare una pervasiva lesione del domicilio informatico, con conseguenti violazioni a cascata. 

 

Sono d’accordo con Nordio perché siamo l’unico paese al mondo in cui, nel corso delle indagini preliminari e dunque prima che un giudice si sia espresso sulla fondatezza dell’ipotesi accusatoria, l’indagato può finire sotto i riflettori mediatici per colpa di una parolina intercettata. E non solo lui indagato ma anche lo sfortunato che nelle intercettazioni appare solo incidentalmente. In tal caso i media prudentemente scrivono “spunta il nome di… o “parrebbe coinvolto anche...” o persino “pare che non si possa escludere che sia implicato anche…”. Ecco una delle ragioni, la diffusa sciatteria giudiziaria, che non consente di esprimere meraviglia per le ingenti riparazioni pagate dallo Stato in relazione all’ingiusta custodia cautelare in carcere di 3 innocenti al giorno, mediamente negli ultimi anni; o per i clamorosi errori giudiziari, riconosciuti anche dopo decenni in sede di revisione; o per le assoluzioni dopo il calvario di 3 gradi di giudizio. Sono stato sempre in cuor mio, anche per quanto riguarda Nordio, molto critico quanto alla discesa in campo politico di un magistrato, ancora più se per fare il ministro come nella specie. Ma come si fa a non essere d’accordo con Nordio quando finalmente qualcuno ci propone un salto di civiltà epocale che ponga fine all’andazzo di questi anni, all’assillo del parlare a telefono con il timore di essere ascoltato o frainteso da un terzo incomodo? Quando finalmente quel qualcuno è apparso sulla scena e con coraggio – ed a prescindere dal contesto congiunturale, in quanto da sempre farina del suo sacco – ha reso manifeste alcune delle sue sensibilità civili, proprio quelle di cui abbiamo estremo bisogno? come ad esempio difendere le persone dai riti barbari di gogne e berline e, soprattutto, dalle curiosità morbose, da quello schadenfreude che ha sempre fatto la fortuna di anfiteatri romani e tricoteuses. Come si fa, quando quel qualcuno pensa che – guarda un po’! – parlare a telefono con l’amico non è come sottoscrivere davanti al notaio e che, dunque, sarebbe bello non dover soppesare le parole?

 

Ma soprattutto come si fa a non essere d’accordo con il Guardasigilli quando, in estrema sintesi, pretende solo di applicare la legge che regola la ricerca della prova mediante intercettazioni e di evitare gli abusi, con ciò restituendo ai cittadini la libertà – fa proprio ridere il doverlo rimarcare – di parlare a telefono senza ansie. Nordio ha coraggio e credo vada sostenuto nella sua battaglia contro le vergognose storture del sistema delle intercettazioni. Ricordo lo sfogo di un vecchio magistrato che anni fa, dopo aver ricordato in udienza la differenza normativa tra prova e sua ricerca, per molte settimane avvertì, con preoccupazione, di essere guardato con sospetto non solo dai colleghi ma anche dagli avvocati. Mi hanno colpito le argomentazioni di alcuni detrattori: sarebbero in realtà inesistenti i tanti strombazzati e pregiudizievoli errori giudiziari causati dall’abuso o dal malgoverno di strumenti di tal fatta. Codeste paiono affermazioni temerarie solo che si rammenti il dramma di Giuseppe Gulotta e quelli di Paolo Melis (assolto per revisione dopo anni 19 di detenzione per errori nelle intercettazioni), Angelo Massaro (muert anziché muers, in dialetto tarantino). O solo che si legga la sentenza di annullamento della Cassazione 13 giugno 1917 sulla custodia cautelare di Alfredo Romeo, che opportunamente passa in rassegna tutti gli abusi esperiti o esperibili in tale materia. Per non ricordare l’intercettazione del compagno della ministra Guidi o quelle delle vicende Palamara e Amara e Open Firenze. Concludo. Trovo Nordio straordinario, non per le cose sacrosante ed in sé ovvie che propone, in pratica, come già ripetutamente accennato, si limita a leggere ad alta voce la normativa che molti ignorantoni non conoscono, ma per il grande coraggio di voler apertamente smantellare quello che, con l’unicità della carriera ed il concorso esterno, pare allo scrivente elemento portante dei bastioni del castello di Kafka.

Piero Tony è un ex magistrato, già capo della procura di Prato.

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