Foto Marco Alpozzi/LaPresse

Green pass, tirannide o provvidenza?

Sabino Cassese

Le ragioni della minoranza che grida alla dittatura sanitaria (al netto di chi cavalca con la violenza la protesta) e di chi sostiene la necessità e l’obbligatorietà del certificato sanitario. Un dialogo, Costituzione alla mano, sulla libertà

Continua la protesta di coloro che sono contrari alla certificazione verde. Questi si uniscono a coloro che sono contrari “tout court” alla vaccinazione. Mai, dal secondo dopoguerra, è stato posto, con tanta partecipazione attiva e così a lungo, un problema di libertà. Ascoltiamo le voci delle due parti, facendo attenzione a non confonderle con quelle che si mescolano ad esse nelle piazze, di ribellisti di professione e di fazioni violente che montano su ogni protesta.

 

No green pass. Siamo alla tirannide sanitaria. L’articolo 32 della Costituzione, dopo aver disposto che i trattamenti sanitari obbligatori possono essere imposti solo per disposizione di legge, introduce anche un limite alla legge, perché questa non può in nessun caso violare i “limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Nelle condizioni attuali della diffusione della pandemia, obbligare indirettamente a vaccinarsi è un atto tirannico.

Sì green pass. Quella della tirannide sanitaria è una tesi singolare. Si sono mai viste disposizioni tiranniche disposte a livello mondiale e che hanno avuto una così pronta e ampia adesione, come le decisioni dei singoli Stati di vaccinare i propri cittadini? Non dimentichiamo che il 36 per cento della popolazione mondiale ha completato il ciclo vaccinale. Quindi, c’è una dittatura che non è solo mondiale, ma che ha un seguito di circa tre miliardi di persone. Inoltre, in Italia, sono 46 milioni quelli che hanno completato la vaccinazione, l’85 per cento dei vaccinabili. Sorgono naturalmente alcune domande: i 950 portuali di Trieste sono consapevoli di essere una piccola minoranza che non solo si oppone a una decisione largamente eseguita in Italia ma, facendolo, può produrre un danno per altre persone, in quanto non contribuisce a fermare la diffusione del virus? Non dice nulla alle persone contrarie alla vaccinazione la circostanza che nel mondo siano finora morte 5 milioni di persone a causa della pandemia?

No green pass. Ma questi sono discorsi generali. La circostanza che una minoranza non aderisca alle decisioni della maggioranza è ben nota nella storia. Sono state le minoranze che hanno lottato per le libertà. In questo caso, la limitazione della libertà è ancora più grave perché avviene in maniera subdola. Si lascia la libertà di non vaccinarsi, a condizione o di fare costosi controlli, oppure di perdere la retribuzione e forse anche il lavoro.

Sì green pass. Le libertà e i diritti si accompagnano sempre ai doveri e alle responsabilità. L’esempio più eloquente è l’articolo 13 della Costituzione, che comincia disponendo che la libertà personale è inviolabile, ma subito dice che possono essere ammesse forme di detenzione, ispezione e perquisizioni personali o altre restrizioni della libertà personale nei casi e modi previsti dalla legge e con un atto motivato dell’autorità giudiziaria. Quindi, quella inviolabilità non è assoluta. Un altro esempio è l’articolo 4 della Costituzione, che sancisce il diritto di tutti i cittadini al lavoro, ma poi dispone che ogni cittadino ha il dovere di svolgere un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Quindi, i diritti dei cittadini non sono illimitati ma possono essere, al contrario, limitati, purché ciò avvenga sulla base di un atto con forza di legge. Inoltre, ogni diritto si accompagna a un dovere e questo è particolarmente chiaro per quanto riguarda il diritto alla salute perché, secondo la Costituzione, “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Questo vuol dire che non esiste una cittadella chiusa nella quale cresce e  si sviluppa il diritto dell’individuo, ma un campo aperto, nel quale occorre tener conto anche dell’interesse della collettività.

No green pass. Ma la Costituzione consente trattamenti sanitari obbligatori, se disposti per legge. Il “green pass”  può essere considerato un trattamento sanitario obbligatorio?

Sì green pass. Il più contiene il meno. Questo vuol dire che, se è consentito obbligare tutti a un trattamento sanitario, si può introdurre anche un obbligo limitato ad alcune persone. Anche perché per il diritto alla salute non è previsto quello che stabilisce l’articolo 16 della Costituzione per la libertà di circolazione, e cioè che la legge può imporre limiti, ma solo “in via generale”. Si applica in questo caso il principio di proporzionalità. Se si può agire con strumenti meno pesanti, ponendo minori obblighi, su un numero più limitato di persone, è bene che il legislatore segua questa strada. Solo quando questa non si riveli efficace, si ricorrerà a un trattamento sanitario obbligatorio generalizzato.

No green pass. Ma in questo modo si introduce una discriminazione. Il pensionato che non deve andare al lavoro e non vuole entrare in una discoteca sarà libero di non vaccinarsi, mentre coloro che debbono andare al lavoro o vogliono andare in discoteca sono costretti a vaccinarsi, oppure a sottoporsi ripetutamente al controllo che si effettua mediante i tamponi.

Sì green pass. Ancora una volta bisogna considerare le proporzioni dei problemi. Ad esempio, quasi nessuno ricorda che c’è un limite temporale, quello del 31 dicembre del 2021. La limitazione che consegue all’obbligo di munirsi di una certificazione di vaccinazione è temporanea. Questo è un ulteriore limite alle limitazioni che possono essere disposte secondo la Costituzione, un limite che è stato più volte ribadito dalla Corte costituzionale (e non è rispettato dalla legislazione ungherese sulla pandemia).

No green pass. Rimane il problema del carattere discriminatorio, perché alcuni hanno l’obbligo di dotarsi di una certificazione di avvenuta vaccinazione, altri no.

Sì green pass. Questa critica deriva da un equivoco. Non si distingue l’obbligo di trattamento sanitario generale da quello particolare o specifico, né l’obbligo assoluto da quello condizionato. Il trattamento sanitario obbligatorio può essere disposto in via generale per tutti gli appartenenti alla collettività, o meglio per tutti quelli che risiedono sul territorio italiano. Oppure può essere disposto per particolari categorie di persone, ad esempio il personale sanitario. In secondo luogo, il trattamento sanitario obbligatorio può essere assoluto, nel senso di non collegato a particolari attività, oppure condizionato, nel senso di essere connesso a particolari eventi o attività: se vuoi andare a scuola devi vaccinarti. La stessa regola vale per tante altre attività: ad esempio, una persona può guidare un’automobile in un terreno di sua proprietà; non può farlo in luoghi pubblici o aperti al pubblico se non è munito di un particolare certificato, che si chiama patente di guida, e che assicura la conoscenza dell’automobile e dei modi per guidarla, allo scopo di tutelare l’incolumità sia di chi guida, sia delle altre persone.

No green pass. Questi sono discorsi generali che non tengono conto di un elemento fondamentale: la libertà personale comporta che ciascuno sia padrone del proprio corpo, come dimostrato dalla disciplina del codice penale in materia di suicidio.

Sì green pass. Ma c’è una differenza, perché coloro che non prevengono la malattia vaccinandosi debbono poi ricorrere alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale, che in Italia sono basate sul principio di universalità, sono aperte e gratuite per tutti coloro che ne hanno bisogno. Quindi, accollano alla collettività un costo che si potrebbe evitare se si riuscisse a limitare il contagio attraverso quell’attività preventiva che consiste nella vaccinazione.

No green pass. Ma il costo che si accolla il Servizio sanitario nazionale non è maggiore di quello che viene accollato per altre malattie, o da chi fa una vita malsana o sregolata, anche se debbo convenire che nel caso di una pandemia il ricorso alle prestazioni del Servizio sanitario è molto più alto e intenso.

Sì green pass. Finora non abbiamo considerato un altro aspetto, quello delle sanzioni. In Italia e in molte altre parti del mondo, obblighi vaccinali sono stati disposti in passato e sono stati accompagnati con sanzioni. Le vaccinazioni in età pediatrica sono state disposte nel 1939, nel 1963, nel 1966 e nel 1991, ampliandole fino a dieci obblighi vaccinali. Questi hanno portato a un controllo quasi completo di malattie che hanno distrutto la vita o danneggiato tanti giovani nel passato: basti pensare alla poliomielite e al morbillo. La mancata vaccinazione comporta una sanzione pecuniaria o ammenda e limiti all’accesso ai servizi scolastici. Inizialmente, anche la segnalazione alla procura presso il tribunale dei minorenni. Un altro aspetto è  quello relativo all’obbligo di vaccinazione del personale che esercita professioni sanitarie e degli operatori sanitari (decreto legge 44 del 2021), valido fino alla fine del 2021, che riguarda tutti quelli che lavorano nelle strutture sanitarie pubbliche e private e negli studi professionali. L’obbligo è accompagnato, in caso di non adempimento, da una segnalazione alla regione, da una sospensione dalla prestazione lavorativa o dall’assegnazione ad altre mansioni; nel caso che ciò non sia possibile, dalla sospensione della retribuzione. Infine, bisogna ricordare che c’è un regolamento dell’Unione europea, 2021/953, valido fino alle 30 giugno 2022, che prevede la certificazione verde.

No green pass. Ma questo è un modo per limitare la libertà, che è un valore assoluto, come dimostrato dalla storia di almeno due secoli.

Sì green pass. È vero che è un valore assoluto, ma va bilanciato con un “dovere di solidarietà”, come ha disposto la Corte costituzionale nelle sentenze 5 del 2018 e 118 del 2020. Il bilanciamento tra i diritti (libertà-sicurezza; salute-libertà, ad esempio) è un’operazione che tutte le Corti costituzionali fanno continuamente. Un altro limite è quello di cui abbiamo parlato, della proporzionalità: se c’è un’alternativa a un obbligo generalizzato e questa consente di raggiungere lo stesso fine (limitare il contagio), deve essere sperimentata, perché impone un minore peso all’intera collettività, consentendo l’esercizio delle libertà fondamentali e dei diritti, a cominciare da quello di istruzione e da quello di lavoro.

No green pass. Tutto questo si scontra con un altro aspetto: c’è un obbligo stabilito dallo Stato, il cui rispetto lo Stato non può controllare; quindi delega questa funzione ad altri. Ma chi assicura che altri svolgano questa funzione e che la svolgano nei modi stabiliti dalla legge?

Sì green pass. In questo caso, i privati cooperano nello svolgimento di una funzione pubblica o di pubblico interesse. E’ quello che risulta, ad esempio, dall’articolo 2087 del codice civile, secondo il quale l’imprenditore è tenuto ad adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica del prestatore di lavoro. Si aggiunga che il lavoratore deve prendersi cura della salute propria e altrui, sempre sulla base del principio solidaristico, come ha deciso il tribunale di Modena con un’ordinanza del 23 luglio scorso.

No green pass. Ritorniamo alla solidarietà, un principio importante ma che può riguardare altri campi, non un diritto personalissimo come quello relativo al proprio corpo.

Sì green pass. Questo mette in luce un autentico paradosso del conflitto in corso: una provvidenza dello Stato, erogata gratuitamente, a beneficio di privati, i quali tuttavia rifiutano tale beneficio. Poiché la Costituzione non prevede che la tutela della salute venga assicurata a carico della collettività (assicura solo cure gratuite per gli indigenti), ha riflettuto sul fatto che l’obbligo del trattamento sanitario che consiste nella vaccinazione poteva essere imposto a carico del cittadino obbligato, il quale, in tal caso, sarebbe stato anche tenuto a pagare il costo sia del vaccino, sia della procedura di inoculazione, un costo molto alto se si considera l’enorme impegno dello Stato italiano nel procurare i vaccini e nella vaccinazioni? Quattro quinti degli italiani, quelli che si sono vaccinati, sono consapevoli del fatto che il governo si sta preoccupando della loro salute e li sta mettendo al riparo da un’infezione che può essere mortale per loro, e tutto questo senza alcuna loro spesa. Questo vale più di un sondaggio e dimostra il carattere non tirannico della decisione.

No green pass.  Questo dimostra soltanto che a fin di bene si possono adoperare strumenti illiberali.

Sì green pass. C’è un ultimo aspetto, che non abbiamo considerato ed è l’impegno europeo. I vaccini sono stati acquistati a livello sovranazionale e poi distribuiti ai singoli governi, che, a loro volta, hanno impegnato tutte le loro strutture pubbliche, anche a livello periferico e regionale, nella procedura di vaccinazione Non si era mai visto un tale sforzo collettivo in favore della salute dei cittadini. Questo è un aspetto importante della questione, che viene sottovalutato dalle piccole minoranze contrarie, o alla vaccinazione, o alla certificazione. Viene, in altre parole, sottovalutato l’enorme impegno posto dalle strutture pubbliche per la realizzazione di un fine collettivo che va a beneficio dei cittadini e la circostanza che questo ha visto un rafforzamento della cooperazione europea (la Commissione europea è divenuta acquirente unico dei vaccini). Ciò ha consentito anche di avere maggiore disponibilità di vaccini, di poter contrattare con maggiore forza, di essere in grado di distribuire con maggiore razionalità i vaccini acquistati. È la dimostrazione ulteriore di quello che avevano osservato Helmut Schmidt e Jean Monnet: l’Unione europea vive di crisi, si sviluppa progressivamente con le soluzioni che vengono adottate per far fronte alle crisi. In una parola, le crisi sono benefiche anche per lo sviluppo dell’Unione europea. Inoltre, la materia della sanità in passato era periferica per l’Unione europea, nel senso che questa poteva intervenire in base al principio di sussidiarietà, solo quando il livello inferiore, quello statale, non era in grado di provvedere. Quindi, la pandemia ha fatto fare anche un passo avanti a quella unificazione europea della cui lentezza molti si lamentano.

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