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Le motivazioni della Cassazione

Cercare il reato anziché le prove. L'inchiesta su Open è un buco nell'acqua

Ermes Antonucci

La Suprema Corte critica le finalità dei sequestri, effettuati non per cercare conferme alle ipotesi accusatorie ma per ricercare a strascico notizie di reato. Traballa l'intero impianto accusatorio 

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Continua a sgonfiarsi in maniera inesorabile l’inchiesta avviata dalla procura di Firenze sull’ex fondazione renziana Open, accusata di aver agito come “articolazione di partito”, violando la legge sul finanziamento ai partiti. Sono infatti state depositate le motivazioni della pronuncia con cui, lo scorso 15 settembre, la Corte di Cassazione ha annullato il provvedimento di sequestro di pc ed e-mail disposto dai pm nei confronti dell’imprenditore Davide Serra.

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Continua a sgonfiarsi in maniera inesorabile l’inchiesta avviata dalla procura di Firenze sull’ex fondazione renziana Open, accusata di aver agito come “articolazione di partito”, violando la legge sul finanziamento ai partiti. Sono infatti state depositate le motivazioni della pronuncia con cui, lo scorso 15 settembre, la Corte di Cassazione ha annullato il provvedimento di sequestro di pc ed e-mail disposto dai pm nei confronti dell’imprenditore Davide Serra.

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Pur non essendo indagato nella vicenda Open, Serra è stato tra le vittime della maxi operazione compiuta il 26 novembre 2019 in pompa magna – con perquisizioni e sequestri in tutta Italia – dalla Guardia di Finanza nei confronti di decine di imprenditori e professionisti vicini all’ex premier. La loro colpa è quella di aver finanziato nel corso degli anni la fondazione renziana Open (guidata da Alberto Bianchi e chiusa nel 2018).

 

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A distanza di quasi un anno, si scopre ora che anche il sequestro di pc ed e-mail compiuto nei confronti di Serra su richiesta dei pm fiorentini (Luca Turco e Antonino Nastasi, coordinati dal procuratore capo Giuseppe Creazzo) era di fatto illegittimo. Non solo: accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato Alessandro Pistochini, legale di Serra, i giudici di Cassazione sembrano smontare l’impianto complessivo dell’inchiesta portata avanti dalla procura. “Le scarne informazioni fornite – scrivono gli ermellini riferendosi al sequestro – in aggiunta all’assunto di una concomitante attività di finanziamento della fondazione, non consentono in alcun modo di prospettare il tipo di condotta cui sono correlate le attività investigative”.

 

Successivamente i giudici rincarano la dose, bocciando senza appello l’impianto accusatorio. Il passaggio è lungo ma merita di essere riportato per la sua chiarezza: “A ben guardare – scrivono i giudici di Cassazione – non sono definiti in alcun modo i contorni essenziali della vicenda, che dovrebbe ricondursi ad un traffico di influenze, in assenza del riferimento al tipo di mediazione richiesta o all'individuazione della controprestazione da remunerare e soprattutto in relazione alla determinabilità dei pubblici ufficiali, temi cui sarebbero poi da ricondurre le attività investigative di ricerca della prova, che nel caso di specie risultano invece volte non tanto a trarre conferme di ipotesi ragionevolmente formulate, bensì ad acquisire la vera e propria notizia di reato, dovendosi invero reputare inconsistente sul piano del fumus commissi delicti il mero riscontro di investimenti fatti in favore di una società lussemburghese, il cui oggetto è quello dell’acquisizione di partecipazioni”.

 

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Insomma, per la Cassazione non basta di certo aver finanziato Open per essere accusati di traffico di influenze o di finanziamento illecito. La Suprema Corte critica duramente anche il modo con cui gli inquirenti hanno fatto ricorso al sequestro, non per cercare conferme alle proprie ipotesi accusatorie, bensì per ricercare a strascico notizie di reato. Se si considera pure che Serra non risulta neanche indagato, il decreto di sequestro risulta ancora più incomprensibile, anche perché – scrivono sempre i giudici – “non è stato spiegato perché fosse rilevante l'apprensione di mail e di supporti informatici in uso al Serra, per approfondire sul piano investigativo un fatto-reato a lui non riconducibile”.

 

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Pochi giorni fa, sono state depositate anche le motivazioni della pronuncia con cui la Cassazione ha annullato con rinvio il sequestro di documenti e pc disposto nei confronti dell’imprenditore Marco Carrai. Anche in questo caso, gli ermellini hanno sottolineato che non è stato provato in alcun modo che la fondazione Open agisse come un’articolazione di partito. Anzi, questa equiparazione sarebbe stata “data per scontata” dagli inquirenti e dal tribunale del Riesame che aveva confermato il sequestro.

 

Sempre nelle scorse settimane, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio anche i sequestri di documenti, computer e materiali informatici eseguiti nei confronti di diversi componenti della famiglia Aleotti, proprietaria del gruppo farmaceutico Menarini, anch’essi vittime dell’ondata di perquisizioni e sequestri pur non essendo indagati. Insomma, l’inchiesta su Open avviata dalla procura di Firenze sembra fare acqua da tutte le parti. Per il momento l’indagine è ferma alla fase cautelare, ma le severe bocciature della Cassazione sembrano mettere in dubbio l’intero impianto accusatorio.

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