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editoriali

Le scuse che non troverete su Cosentino

redazione

L’assoluzione per il politico campano offre spunti di riflessione a Saviano & co.

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La Corte di appello di Napoli ha assolto Nicola Cosentino, già sottosegretario all’Economia nei governi di centrodestra, insieme con un’altra cinquantina di imputati per reati connessi al finanziamento di un centro commerciale a Casal di Principe (peraltro mai realizzato). L’inchiesta era iniziata nove anni fa e in primo grado Cosentino e altri erano stati condannati a pene detentive dai 5 anni in su. Il teorema dell’accusa era basato sulla presunta collusione con il clan dei Casalesi che avrebbe spinto per la realizzazione del centro commerciale e questo aveva portato molti osservatori a impegnarsi in battaglie giustizialiste a senso unico. Tra questi osservatori poco garantisti, diciamo così, vi fu anche Roberto Saviano, che poco garantista fu anche quando considerò un furfante fino a prova contraria anche un altro politico campano di nome Stefano Graziano, allora presidente del Pd campano, prosciolto nel 2016 dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa (rispetto a Cosentino, invece, il 28 ottobre vi sarà la prossima udienza in Appello per un altro processo in cui è stato condannato in primo grado a nove anni sempre per concorso esterno in associazione camorristica).

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La Corte di appello di Napoli ha assolto Nicola Cosentino, già sottosegretario all’Economia nei governi di centrodestra, insieme con un’altra cinquantina di imputati per reati connessi al finanziamento di un centro commerciale a Casal di Principe (peraltro mai realizzato). L’inchiesta era iniziata nove anni fa e in primo grado Cosentino e altri erano stati condannati a pene detentive dai 5 anni in su. Il teorema dell’accusa era basato sulla presunta collusione con il clan dei Casalesi che avrebbe spinto per la realizzazione del centro commerciale e questo aveva portato molti osservatori a impegnarsi in battaglie giustizialiste a senso unico. Tra questi osservatori poco garantisti, diciamo così, vi fu anche Roberto Saviano, che poco garantista fu anche quando considerò un furfante fino a prova contraria anche un altro politico campano di nome Stefano Graziano, allora presidente del Pd campano, prosciolto nel 2016 dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa (rispetto a Cosentino, invece, il 28 ottobre vi sarà la prossima udienza in Appello per un altro processo in cui è stato condannato in primo grado a nove anni sempre per concorso esterno in associazione camorristica).

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Il principio costituzionale secondo cui si è innocenti fino a sentenza definitiva naturalmente non vale per i giustizialisti in servizio permanente effettivo, che poi si presentano come i più autentici interpreti del dettato costituzionale. E’ una patologia che il nostro sistema istituzionale patisce da decenni e che nonostante i numerosi buchi nell’acqua non accenna a decrescere. E chi viene identificato come nemico viene colpito indipendentemente dalla consistenza o meno degli indizi e anche dopo le assoluzioni viene tenuto in piedi il dubbio: non ci sono innocenti, solo colpevoli che se la sono cavata. Reagire a questo andazzo è difficile, chi cerca di far valere il principio di presunzione di innocenza viene assimilato ai malfattori, le sentenze valgono solo se sono condanne, e da questo cappio non si sa come uscire. Un modo però ci sarebbe: iniziare a dare le notizie delle assoluzioni con la stessa enfasi con cui si danno di solito le notizie delle condanne.

 

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