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Affollamento carcerario

La dignità dei detenuti si misura in letti a castello

Le Sezioni Unite della Corte suprema di Cassazione si sono pronunciate sulla fatidica domanda: i letti rientrano nel conteggio dei 3 metri a disposizione per ogni detenuto?

David Allegranti

Secondo la Cedu i tre metri sono lo spazio vitale minimo per ogni carcerato. Ma per i detenuti le condizioni negli ultimi dieci anni non sono migliorate. C'entra anche il Dap. Ecco perché

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Tre metri quadrati. Secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo è questo lo spazio vitale minimo per ogni detenuto. Lo ha stabilito nel 2009 con la sentenza Sulejmanovic e lo ha confermato nel 2013 con la sentenza Torreggiani, con la quale ha condannato l’Italia per sovraffollamento delle carceri, disegnando il limite fra la detenzione umana e quella degradante. In questi anni però le condizioni dei detenuti non sono migliorate, anzi è cominciato un braccio di ferro con il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sul conteggio di questi tre metri quadrati: ci rientrano, per esempio, i letti? La domanda a questo punto avrà già fatto sorridere chi legge, ma è dal 2019 che se ne discute. Da quando cioè il Dap ha presentato ricorso in Cassazione contro una decisione del Tribunale di sorveglianza dell’Aquila, che aveva calcolato lo spazio disponibile per ogni detenuto al netto di quello occupato dai servizi igienici e dagli arredi fissi, letto dunque compreso.

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Tre metri quadrati. Secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo è questo lo spazio vitale minimo per ogni detenuto. Lo ha stabilito nel 2009 con la sentenza Sulejmanovic e lo ha confermato nel 2013 con la sentenza Torreggiani, con la quale ha condannato l’Italia per sovraffollamento delle carceri, disegnando il limite fra la detenzione umana e quella degradante. In questi anni però le condizioni dei detenuti non sono migliorate, anzi è cominciato un braccio di ferro con il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sul conteggio di questi tre metri quadrati: ci rientrano, per esempio, i letti? La domanda a questo punto avrà già fatto sorridere chi legge, ma è dal 2019 che se ne discute. Da quando cioè il Dap ha presentato ricorso in Cassazione contro una decisione del Tribunale di sorveglianza dell’Aquila, che aveva calcolato lo spazio disponibile per ogni detenuto al netto di quello occupato dai servizi igienici e dagli arredi fissi, letto dunque compreso.

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Quest’anno, a maggio, la I Sezione della Corte di Cassazione ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite. Pochi giorni fa, il 24 settembre, le Sezioni Unite Penali si sono finalmente pronunciate. La questione controversa era se “lo spazio minimo disponibile di tre metri quadrati per ogni detenuto debba essere computato considerando la superficie calpestabile della stanza ovvero quella che assicuri il normale movimento, conseguentemente detraendo gli arredi tutti senza distinzione ovvero solo quelli tendenzialmente fissi e, in particolare, se, tra questi ultimi, debba essere detratto il solo letto a castello ovvero anche quello singolo”. Secondo la soluzione adottata, “nella valutazione dello spazio minimo di tre metri quadrati si deve avere riguardo alla superficie che assicura il normale movimento e, pertanto, vanno detratti gli arredi tendenzialmente fissi al suolo, tra cui rientrano i letti ‘a castello’”.

 

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Secondo l’interpretazione delle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione, dunque, i letti singoli dovrebbero essere usati per dormire e poi appoggiati alla parete. Eppure, come sa chi frequenta le carceri, tante volte anche i letti singoli sono fissati al pavimento. Ma forse, prima ancora che disquisire di letti a castello e letti singoli, bisognerebbe farsi la domanda che si è posta la giurista Maria Cristina Frosali, componente dell’associazione L’Altro diritto, in un articolo del maggio scorso sulla “La politica del popolo” e che sarà approfondito anche sulla rivista di filosofia del diritto diretta da Emilio Santoro: “Tre metri quadri. È la misura che segna il confine tra una detenzione umana ed una inumana, è la linea che traccia la frontiera ultima della dignità. Un concetto così sfuggente, ampio e complesso da meritare le attente riflessioni dei più grandi filosofi e pensatori viene, in ambito carcerario, imprigionato nelle misure di uno sgabuzzino. I Magistrati di Sorveglianza, organi preposti a garantire il rispetto dei diritti dei detenuti, si spogliano del proprio armamentario teorico per impugnare metri a nastro e calcolatrici, i nuovi attrezzi del mestiere”. Insomma, “la dignità è ridotta ad una questione di centimetri. Sorge però un ulteriore problema, che in Italia diviene oggetto di un grande e acceso dibattito. Come si calcolano i tre metri quadrati?”. A quanto pare, in letti a castello.

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