PUBBLICITÁ

C’è del marcio in quel palazzo

Luciano Capone

Il “Sistema Trani” esisteva, ma era quello sbagliato: non il comune ma la procura. Storia di un’inchiesta capovolta

PUBBLICITÁ

Questa è la storia di un “sistema” che ne era un altro. Di accusati ingiustamente arrestati e di accusatori finiti alla sbarra. Insomma, un’assurda storia di ordinaria giustizia in una procura straordinaria: quella di Trani.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Questa è la storia di un “sistema” che ne era un altro. Di accusati ingiustamente arrestati e di accusatori finiti alla sbarra. Insomma, un’assurda storia di ordinaria giustizia in una procura straordinaria: quella di Trani.

PUBBLICITÁ

 

Partiamo dall’ultimo dato di cronaca. La procura di Lecce ha appena chiuso le indagini sul magistrato della procura di Trani Michele Ruggiero (ora in servizio a Bari) per violenza privata aggravata ai danni di due testimoni e falso ideologico. Il pm, secondo l’accusa, avrebbe forzato “con modalità intimidatorie e violenze verbali” alcune persone informate sui fatti a dichiarare di essere a conoscenza di alcuni episodi di corruzione. Insomma, siccome nell’inchiesta prove non ce n’erano granché il pm avrebbe fatto tintinnare le manette per convincere alcuni testi a farle venire fuori, anche a rischio che le inventassero pur di liberarsi della pressione psicologica dell’inquisitore.

 

PUBBLICITÁ

A Natale 2014 scatta l’operazione “Sistema Trani”: sei persone vengono arrestate e altre sette indagate con l’accusa di associazione a delinquere

La terapia Ruggiero a cui sono stati sottoposti i testimoni è durata svariate ore, scandite da frasi del tipo: “Ti stavamo per arrestare”, “anche la sola indagine a tuo carico ti creerebbe un casino di problemi per la laurea, per il tuo futuro”, “io le cose le so già e te ne andrai in carcere pure tu”, “tu mo ti puoi alzare, te ne vai e poi ci vedremo tra un mesetto però in una diversa posizione, tu dietro le sbarre e io da un’altra parte… non ti sto impaurendo… ti sto dicendo quello che succederà perché noi sappiamo”. Inoltre la procura di Lecce contesta anche il reato di falso ideologico, perché il pm Ruggiero nei verbali delle informazioni raccolte avrebbe omesso diversi particolari “fornendo una rappresentazione assolutamente falsa di quanto avvenuto in sua presenza e una sintesi per nulla corrispondente all’effettivo tenore di domande e risposte”. Sulla base di questi interrogatori violenti e di questi atti manipolati o quantomeno incompleti, Ruggiero aveva chiesto e ottenuto l’arresto di un funzionario del comune di Trani attualmente imputato per corruzione nel processo “Sistema Trani”.

 

Questa vicenda è preoccupante ma non sconcertante. E’ piuttosto una sorta di déjà-vu. Ruggiero, per questo modus operandi all’interno della stessa inchiesta, pochi mesi fa è già stato condannato sempre a Lecce a un anno di reclusione, insieme al suo collega Alessandro Pesce: secondo i giudici di primo grado i due pm avevano intimidito, con lo stesso metodo e le stesse minacce, altri testimoni per spingerli a incolpare di tangenti l’ex capo della polizia municipale anch’egli imputato nel processo “Sistema Trani”. Ma di che processo si tratta?

 

PUBBLICITÁ

“Ti stavamo per arrestare”; “la sola indagine a tuo carico ti creerebbe un casino di problemi”; “te ne andrai in carcere pure tu”, diceva il pm

Bisogna fare un salto indietro di quasi 6 anni: 20 dicembre 2014. Scatta l’operazione “Sistema Trani”: sei persone vengono arrestate e altre sette indagate con l’accusa di associazione a delinquere, concussione, corruzione elettorale e altro ancora. Nella conferenza stampa il procuratore capo di Trani Carlo Maria Capristo, affiancato dal pm Ruggiero che ha condotto le indagini, parla di un “comitato politico-affaristico” che imponeva “assunzioni lavorative” e “asservimento” attraverso “minacce di ritorsioni” e “sollecitando tangenti in danaro in cambio di appalti”. Al vertice di questa “cupola”, secondo l’accusa, c’era il sindaco di centrodestra della città, l’avvocato Luigi Riserbato, sottoposto agli arresti domiciliari che dureranno per oltre un mese. Le altre cinque persone arrestate passeranno il Natale in carcere. L’inchiesta ha una rilevanza nazionale, ne parlano i giornali e telegiornali, anche perché il blitz scatta a pochi giorni di distanza dall’operazione “Mondo di Mezzo”, che il 2 dicembre aveva portato all’arresto di 37 persone tra cui Salvatore Buzzi e Massimo Carminati, indicati come il vertice di un’associazione mafiosa che controllava il comune di Roma. Nei commenti il “Sistema Trani” era una mini “Mafia Capitale” pugliese: “Sindaco di Trani arrestato: tutti in galera! – sparava il Movimento 5 stelle sul Sacro blog – Dopo Mose, Tav, Expo e Mafia Capitale ecco un altro sistema politico-mafioso”.

 

PUBBLICITÁ

Nessuno era disposto a dare il beneficio del dubbio agli indagati, eppure qualche anomalia c’era. E pure grossa. Basti pensare che il giudice che aveva confermato l’arresto del sindaco Riserbato, il gip Francesco Messina, è il fratello di Assuntela Messina, attuale senatrice dem e all’epoca vice segretario del Partito democratico pugliese che si era candidata alle parlamentarie del Pd proprio nel collegio di Trani. Insomma, una diretta rivale del sindaco Riserbato, che dopo il rigetto dell’istanza di scarcerazione si vede costretto alle dimissioni per poter tornare in libertà. Il giudice Francesco Messina non ritiene opportuno astenersi dal giudizio su un avversario politico della sorella, e la vice segretaria del Pd Assuntela Messina non ritiene inopportuno fare campagna elettorale per conquistare il comune di cui il fratello ha appena fatto arrestare il sindaco.

 

Vabbè, robe da “garantismo peloso”, direbbe qualcuno: quando si è di fronte a un’associazione a delinquere, a un “sistema”, a un “comitato politico-affaristico”, non è che si può andare tanto per il sottile. E poi a garanzia della fondatezza delle accuse c’era proprio il pm, Michele Ruggiero, una superstar. Ruggiero all’epoca era un magistrato famoso (non ancora famigerato) a livello nazionale e internazionale per le inchieste contro le agenzie di rating che, secondo lui, con un complotto nel 2011 avevano destabilizzato l’Italia. Ruggiero era noto anche per le indagini contro la Banca d’Italia, sui derivati del Mef, contro i principali istituti finanziari italiani, contro Deutsche Bank e svariate banche straniere. Per non farsi mancare nulla, insieme al procuratore capo Capristo aveva indagato addirittura sulla bufala scientifica della correlazione vaccini-autismo. L’apice della popolarità l’aveva raggiunto qualche anno prima, con il cosiddetto “Tranigate”, quando aveva indagato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi intercettato in un’inchiesta sull’American Express accusata di usura per qualche centinaio d’euro. Tutte queste inchieste, abbastanza avventurose e sconclusionate, finiranno tutte con una raffica di archiviazioni, proscioglimenti e assoluzioni.

 

“Tutti in galera!” urlava il M5s sul Sacro blog. “Dopo Mose, Tav, Expo e Mafia Capitale ecco un altro sistema politico-mafioso”

Ma nonostante i buchi nell’acqua in serie, Ruggiero acquisisce popolarità e coltiva contatti trasversali con la politica. Proprio per la guerra ai “giganti della finanza” partecipa a eventi di partito sia di Sinistra Italiana e sia di Fratelli d’Italia che ad “Atreju” lo incorona come “testimonial” del patriottismo. Ruggiero coltiva rapporti con il M5s, insiste per incontrare Carlo Sibilia e successivamente viene indicato, proprio dai grillini, come consulente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche. Per questo incarico riceve persino l’appoggio di Forza Italia che dimentica il giustizialismo del pm e le sue inchieste avventate, perché secondo Renato Brunetta Ruggiero aveva imboccato la pista giusta sul complotto finanziario internazionale che ha fatto cadere Berlusconi. Ruggiero ha appoggi anche nella magistratura. Se il capo della procura Capristo milita nella banda Palamara, lui è l’esponente della banda Davigo, che non a caso va spesso a Trani. In un certo senso Ruggiero è un mini-Davigo: un giustizialista presidente dell’Anm locale quando Davigo lo è di quella nazionale. Recentemente, proprio come Davigo, Ruggiero è diventato un autore di PaperFirst, la casa editrice del Fatto quotidiano, per cui ha dato alle stampe un libro sulle sue inchieste fallimentari dal titolo “Sotto attacco”. Il titolo evoca l’isolamento che il pm avrebbe subito per le sue inchieste “scomode”. In realtà, come poi è emerso, a essere stato sotto attacco non era Ruggiero ma i cittadini coinvolti nelle sue indagini, sia che fossero indagati sia che fossero semplici persone informate sui fatti. E il caso più emblematico di questa parabola è proprio la locuzione “Sistema Trani”, che a distanza di sei anni si è completamente ribaltata nel significato, invertendo i ruoli dei protagonisti.

 

A differenza di “Mafia Capitale”, un’inchiesta notevolmente più impegnativa e rilevante, che lo scorso anno si è chiusa definitivamente con una sentenza della Cassazione (che ha stabilito che non è mafia), il processo “Sistema Trani” non è giunto neppure al giudizio di primo grado. E’ ancora fermo al dibattimento. Ma, come si diceva, sono cambiate molte cose. Ad esempio si è appurato che Riserbato, l’ex sindaco di Trani, non era il capo del “comitato politico-affaristico”: è stato archiviato per il reato di associazione a delinquere già nella fase delle indagini preliminari, su richiesta dello stesso pm Ruggiero. E non solo Riserbato non era il capo, ma l’associazione a delinquere non esisteva affatto. Dopo la sua archiviazione, il giudice dell’udienza preliminare, a marzo 2019, ha infatti prosciolto anche tutti gli altri imputati di associazione a delinquere: “Dagli atti investigativi – scrive il gup – emerge in realtà più che un’associazione a delinquere una ‘dissociazione’, ovvero una conflittualità costante e permanente”, in pratica gli indagati non andavano d’accordo su nulla e alcuni neppure si parlavano tra di loro. E lo stesso gup ha prosciolto Riserbato per le altre accuse più gravi, come la concussione e la truffa, cioè le ipotesi di reato per cui era stato arrestato e costretto alle dimissioni.

 

“Nessun comitato politico affaristico”. Ci sono gravi anomalie nell’inchiesta del pm Ruggiero, indagato per minacce ai testimoni

Ora il processo prosegue per le imputazioni residuali, sulle quali però pesano come un macigno le condanne e le indagini sui pm per i metodi con cui hanno condotto gli interrogatori e le indagini. In dibattimento c’è stato addirittura un colpo di scena. Il nuovo pm che ha sostituito Ruggiero trasferito a Bari, Marcello Catalano, a un certo punto ha tirato fuori un cd con le fonoregistrazioni di alcuni interrogatori che non erano mai state depositate e messe a disposizione della difesa. Le ha all’improvviso consegnate l’ufficiale della Digos che aveva condotto le indagini con Ruggiero e che ora è indagato con lui per violenza privata sui testimoni. Dopo l’ascolto di quegli interrogatori, in cui il pm ha espresso giudizi non propriamente corretti sugli indagati (“ora mi parli di quel delinquente”), sono partite altre denunce contro il modus operandi della procura. Ma non basta.

 

Il punto non è semplicemente che il “Sistema Trani” – quello indicato dai pm – non esisteva, ma era un altro: era la procura! Perché nel frattempo la procura di Lecce ha aperto un’altra inchiesta, sempre dal nome “Sistema Trani”, che ha portato all’arresto di diversi magistrati tranesi con l’accusa di associazione a delinquere, corruzione in atti giudiziari e falso ideologico: pm e giudici, secondo l’accusa, vendevano le sentenze, indirizzavano le inchieste e taglieggiavano gli imprenditori minacciando inchieste e ritorsioni. Il pm Antonio Savasta, protagonista di tante inchieste eccellenti a Trani, che è il principale imputato insieme al gip Michele Nardi, ha già ammesso alcuni reati. Ma non finisce qui. Perché l’altro grande accusatore, Carlo Maria Capristo, il procuratore che in conferenza stampa annunciò la clamorosa inchiesta sull’amministrazione comunale, è stato anch’egli arrestato perché da capo della procura di Taranto avrebbe fatto pressione su una pm di Trani per indirizzare un’inchiesta.

 

E così, dopo sei anni, c’è la nemesi: il sindaco e i politici arrestati sono stati liberati e per le accuse più gravi prosciolti, mentre agli arresti ci sono finiti i magistrati. Si tratta probabilmente della prima inchiesta in cui, al momento, gli unici condannati sono i pm e proprio per come hanno condotto le indagini. Di certo non si erano sbagliati sul nome accattivante dell’inchiesta. Perché alla fine si è scoperto che il “Sistema Trani”, un sistema corrotto di potere che a Trani e non solo ha fatto il bello e il cattivo tempo, esisteva davvero. Era solo sbagliata la location: non il Palazzo di città, ma il Palazzo di giustizia.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ