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Altri lati della difesa

Barbara D’Amico

L’esame d’avvocato diventa un guaio. Storia di un rischio ingorgo che blocca il diritto al lavoro

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Torino. In Italia, l’esame per diventare avvocato è noto per essere un percorso lungo e a ostacoli. Ma dal prossimo autunno rischia di incepparsi in un ingorgo causato anche dalle norme del decreto rilancio. Sono infatti migliaia i praticanti che pensano di – o saranno costretti a – iscriversi come ripetenti alla sessione autunnale per l’esame scritto di abilitazione, nonostante lo abbiano già sostenuto lo scorso dicembre.

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Torino. In Italia, l’esame per diventare avvocato è noto per essere un percorso lungo e a ostacoli. Ma dal prossimo autunno rischia di incepparsi in un ingorgo causato anche dalle norme del decreto rilancio. Sono infatti migliaia i praticanti che pensano di – o saranno costretti a – iscriversi come ripetenti alla sessione autunnale per l’esame scritto di abilitazione, nonostante lo abbiano già sostenuto lo scorso dicembre.

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Un bis dettato non dal masochismo dei candidati né dalle bocciature, ma dalla posizione con cui il governo ha deciso di non compattare le prove scritte in un’unica sessione orale da sostenere a distanza, online, dopo l’estate. Una lacuna che ora crea incertezza sui tempi di pubblicazione dei risultati delle prove già sostenute – la cui correzione era stata congelata a causa dell’emergenza coronavirus – e che rischia di far accavallare la vecchia e la nuova sessione d’esame dal vivo, prevista in genere a fine anno.

 

L’art. 254 del decreto ha infatti sbloccato le commissioni che possono riunirsi di nuovo per correggere i compiti: fisicamente oppure – laddove non sia possibile anche per ragioni di sicurezza e a discrezione di chi guida la commissione – in via telematica. La versione digital, però, deve essere autorizzata valutando il rispetto dei criteri di “trasparenza, collegialità, correttezza e riservatezza delle sedute”. Servono anche delle linee guida per lo svolgimento delle correzioni online da parte della commissione centrale con tanto di valutazione tecnica delle piattaforme e dei supporti tecnologici da utilizzare. Il risultato è che alcuni collegi procederanno in modalità dal vivo pur di sbrigarsi, assumendo il rischio di garantire l’incolumità di chi corregge, e altri invece in modalità virtuale, assumendo il rischio della trasparenza ma ritardando i tempi di consegna dei risultati e quindi dando ragione ai praticanti che pur di non saltare un anno per sostenere di nuovo le prove cercheranno di accaparrarsi un tentativo di più d’esame già novembre.

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Lo sblocco è un piccolo passo avanti rispetto al fermo degli ultimi mesi, ma non esattamente la soluzione “smart” per velocizzare un processo di abilitazione già fortemente in ritardo.

 

“La commissione di Milano sta correggendo i compiti della Corte d’appello di Napoli e anche se non è possibile dare date certe confido che entro la fine di settembre il 55 per cento delle correzioni mancanti sia ultimato e i risultati pubblicati”, conferma al Foglio Leonardo Salvemini, avvocato e presidente della prima commissione d’esame di Milano che ha in mano la parte più corposa dei compiti ancora intonsi. Salvemini, inoltre, è tra coloro che avevano espresso dubbi sull’introduzione di una correzione online e, facendo eco alla proposta della senatrice Sandra Lonardo, si era detto favorevole a una soluzione più semplice e meno costosa per la macchina organizzativa e anche per le tasche dei praticanti: il passaggio diretto all’esame orale.

Una modalità già prevista dal ministero dell’Istruzione il 29 aprile (decreto ministeriale n. 57) e che, in deroga alle norme vigenti fa sì che l’esame di stato per alcune professioni sia “costituito [...] da un’unica prova orale svolta con modalità a distanza”.

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Questa misura permette a odontoiatri, farmacisti, veterinari, tecnologi alimentari, dottori commercialisti, esperti contabili e revisori legali di saltare le prove scritte. Cioè quelle che creano gli assembramenti invisi al distanziamento sociale. Perché per gli aspiranti avvocati questa opzione non è contemplata?

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Il 13 maggio, in un incontro online sul tema, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Giorgis aveva spiegato che, a differenza di altri esami, quello di avvocato scontava già la presenza di una prova scritta svolta ma dall’esito sospeso e impossibile da abbonare senza nemmeno averne portato a termine la correzione. Questo per evitare di creare discriminazioni nelle modalità d’esame tra vecchi e nuovi candidati.

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Ma la discriminazione evitata oggi rischia di portare a una disastro sanitario e organizzativo domani.

 

“Con la norma del decreto ‘Rilancio’ il governo ha accolto in parte le osservazioni e i rilievi che io stesso avevo posto”, spiega l’avvocato Salvemini. “Il problema è la struttura dell’esame. Serve sedersi a un tavolo e riformarlo, è ancora regolato da un regio decreto del 1934… Oggi è difficile trovare posti adeguati per gestire anche solo mille persone e non dimentichiamo che le corti d’appello dovrebbero garantire anche lo svolgimento in sicurezza degli scritti. Anche per questo credo probabile uno slittamento delle prossime prove scritte per evitare l’effetto collo di bottiglia”.

Alcune associazioni che provano a rappresentare le prerogative di circa 25 mila praticanti, da mesi e non senza confusione cercano di proporre soluzioni di scorrimento. Come la Ligavv che ha anche indetto una manifestazione di protesta a Roma il prossimo 4 giugno con il supporto dell’Unione Italiana Praticanti Avvocati. Potranno scendere in piazza in un numero massimo di 300 visti i limiti di assembramento. Una riunione tutto sommato più sicura del potenziale ingorgo autunnale che con un colpo da maestro l’esecutivo è riuscito a garantire. In barba al distanziamento sociale. E alla logica.

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