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La parabola di Miccoli, da fantasista a condannato

Riccardo Lo Verso

Confermate in Appello le accuse a carico dell'ex calciatore, colpevole di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Dai sogni di gloria con la maglia del Palermo alle parole infamanti su Falcone

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La parabola è stata inaspettata, forse persino per uno come lui capace di disegnare col pallone traiettorie imprevedibili. Stavolta di mezzo c'è la vita e non la palombella di un calcio di punizione. L'ex calciatore Fabrizio Miccoli incappa in una storiaccia tutta palermitana, di amicizie viziate prima ancora che di malavita. La Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna a tre anni e mezzo per estorsione aggravata dal metodo mafioso. All'imputato Miccoli resta la Cassazione, ultima tappa processuale prima che la pena divenga definitiva; prima che la vicenda giudiziaria seppellisca per sempre il ricordo delle sue gesta sportive.

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La parabola è stata inaspettata, forse persino per uno come lui capace di disegnare col pallone traiettorie imprevedibili. Stavolta di mezzo c'è la vita e non la palombella di un calcio di punizione. L'ex calciatore Fabrizio Miccoli incappa in una storiaccia tutta palermitana, di amicizie viziate prima ancora che di malavita. La Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna a tre anni e mezzo per estorsione aggravata dal metodo mafioso. All'imputato Miccoli resta la Cassazione, ultima tappa processuale prima che la pena divenga definitiva; prima che la vicenda giudiziaria seppellisca per sempre il ricordo delle sue gesta sportive.

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Per la Palermo calciofila, Fabrizio Miccoli è il simbolo di una stagione di successi, quella che sotto la presidenza di Maurizio Zamparini ha alimentato i sogni di gloria in maglia rosanero. Pure l'ex patron friulano è finito nei guai giudiziari per il fallimento della vecchia società, costretta oggi, con un altra proprietà, a ripartire dai dilettanti. Basta chiedere in giro per le strade di Palermo. Cavani, Pastore, Toni, Grosso, Barzagli: di fuoriclasse in maglia rosanero sono zeppi i vecchi album delle figurine. Calciatori che hanno vinto i Mondiali e militato in prestigiosi club europei. Eppure nessuno scalza Miccoli nei ricordi dei tifosi, che lo hanno acclamato dopo le stagioni alla Juventus e al Benfica.

  

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C'è il campo, con i dribbling degni dei migliori numeri 10, e c'è la vita fuori dal campo. Ed è qui che Miccoli avrebbe commesso una grave colpa. Quella di chiedere aiuto al figlio di un boss del vecchio quartiere arabo della Kalsa per aiutare un amico a recuperare dei soldi. Il “metodo” usato dall'amico sarebbe stato mafioso perché mafiosi erano gli “amici di papà” a cui si era rivolto. Il guaio, stando all'accusa che finora ha retto, è che Miccoli sapesse perfettamente la valenza intimidatrice dell'intervento che lui stesso aveva invocato. Da qui la condanna giudiziaria, arrivata dopo quella morale. Miccoli parlando con l'amico, sempre lui, si era lasciato andare a commenti tutt'altro che garbati nei confronti del giudice Giovanni Falcone. Un poco di buono, lo aveva definito. “Un fango”, come si dice nello slang palermitano.

 

Un macigno sul capo del calciatore, una macchia che neppure le lacrime versate in un'affollatissima conferenza stampa di qualche anno fa, sono servite a lavare. Ha chiesto più volte “perdono” Miccoli e oggi il suo legale si dice convinto che quel giorno in cui intercettato offendeva la memoria di un martire della lotta, quella vera, alla mafia, si toglieva di dosso la maglia del fantasista e iniziava ad essere un condannato.

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