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La distopia della prescrizione

Piero Tony

Terminare un processo nei tempi era l’unico assillo di giudici e avvocati. E ora?

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Distopia e prescrizione. Se il ministro della Sanità, al fine di combattere l’anomala morìa di pazienti in un ospedale disastrato, si limitasse ad abolire le certificazioni di morte, il provvedimento verrebbe definito abnorme ossia tanto aberrante da meritare di essere considerato pericolosamente bizzarro. Lo stesso se il ministro dei Trasporti, ossessionato dai continui ritardi ferroviari, per farla finita abolisse i treni. Più o meno quello che si rischia possa accadere in relazione all’ultima riforma della prescrizione : visto che il sistema è tanto disorganizzato e tanto lento da non riuscire nemmeno in 25 anni a provare la responsabilità del signor Tizio e da incappare dunque troppo spesso nella prescrizione, il ministro della Giustizia ed i suoi accoliti hanno deciso di risolvere la questione a modo loro. Tenteranno di risanarlo? Non sia mai, sarebbe davvero troppo complicato! Pare abbiano pensato di risolvere i problemi assicurando al sistema tutto il tempo che vuole, anche l’eternità se necessaria per capire. E’ l’uovo di Colombo e nessuno se ne era accorto prima.

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Distopia e prescrizione. Se il ministro della Sanità, al fine di combattere l’anomala morìa di pazienti in un ospedale disastrato, si limitasse ad abolire le certificazioni di morte, il provvedimento verrebbe definito abnorme ossia tanto aberrante da meritare di essere considerato pericolosamente bizzarro. Lo stesso se il ministro dei Trasporti, ossessionato dai continui ritardi ferroviari, per farla finita abolisse i treni. Più o meno quello che si rischia possa accadere in relazione all’ultima riforma della prescrizione : visto che il sistema è tanto disorganizzato e tanto lento da non riuscire nemmeno in 25 anni a provare la responsabilità del signor Tizio e da incappare dunque troppo spesso nella prescrizione, il ministro della Giustizia ed i suoi accoliti hanno deciso di risolvere la questione a modo loro. Tenteranno di risanarlo? Non sia mai, sarebbe davvero troppo complicato! Pare abbiano pensato di risolvere i problemi assicurando al sistema tutto il tempo che vuole, anche l’eternità se necessaria per capire. E’ l’uovo di Colombo e nessuno se ne era accorto prima.

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C’è da non credere! In buffa assenza di qualsiasi previsione transitoria o di chiusura (ad esempio mediante un regime di prescrizione processuale negli eventuali ulteriori gradi di giudizio) e prima di un qualsiasi intervento migliorativo (ultranote le lentezze e le incancrenite disfunzioni, stranoto il sottodimensionamento di organici e risorse sia umane che tecnologiche, tanto grave da rendere vano il serio impegno della grande maggioranza degli operatori), che ti farà con grande giubilo il sorridente ministro della Giustizia? Da ieri, 1° gennaio 2020, farà piombare dal cielo come fulmine la sua trovata – tanto strepitosa che nessuno degli imbecilli dei suoi predecessori l’aveva mai nemmeno immaginata – congelando i termini di prescrizione dopo la sentenza di primo grado.


Bonafede non comprende cosa significhi restare per anni, a volte 20, sotto schiaffo come indagato o in attesa di giustizia come vittima 


Con la differenza che nel primo caso bizzarro la morìa ospedaliera continuerebbe come prima e bastantemente, nel caso della brillante pensata sull’eternità, sia l’inefficienza del sistema sia le condizioni delle persone in esso sistema coinvolte come già non bastasse si aggraverebbero ancor più, anzi si aggraveranno visto che è ormai cosa certa. Se il giovane ministro della Giustizia avesse avuto il tempo di maturare maggiore esperienza nelle aule saprebbe, infatti, che nella quotidianità giudiziaria l’approssimarsi della prescrizione è da sempre un incubo per magistrati e cancellerie, ma anche l’unico sprone a non perdere ancor più tempo ed anzi ad accelerare i lavori nei limiti del possibile, ossia quasi impercettibilmente, nella speranza di riuscire a sottrarsi ad una fine ingloriosa. Niente più che un pannicello, forse, visto l’irragionevole stato di una giustizia imperiosamente bradisistemica, ma meglio che niente.

 

Se il giovane ministro della Giustizia avesse avuto il tempo di riflettere, avrebbe sicuramente capito che bloccare la prescrizione dopo la sentenza di primo grado senza aver portato a regime, prima, una adeguata riforma sistemica comporterà l’eliminazione di quell’unico assillo e, come sicura conseguenza, affollamenti ed accumuli sempre più congestionati ed un acquietarsi ancora più carico di tempi morti sulle nuvole dell’indecisione… un procedimento quasi eterno.

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Ed avrebbe anche compreso – altrimenti non avrebbe sponsorizzato riforma così assurda – cosa esattamente significhi restare per anni, a volte oltre i 20, sotto schiaffo come indagato o in speranzosa attesa di giustizia come vittima. Perché nell’impari gioco delle parti del procedimento penale ci sono autorità sovraordinata e sottoposti dipendenti, incudine e martello. Per il solo fatto della pendenza da una parte esercizio di sommo potere dall’altra stato di sottomissione pressoché assoluta. Perché ogni persona sottoposta ad un procedimento penale resta per ciò solo svalutata e sospesa dal diritto di vivere la propria vita in modo pieno e libero, marcatamente diminuita quanto ad immagine, autorevolezza, prerogative di cittadinanza. Insomma un menomato sociale.


Cambia l’intero genoma della nazione, da una parte i fortunati risparmiati dal caso e dall’altra una infinita schiera di anime dannate 


A causa di questa riforma il nostro paese è ad un passo da una svolta epocale. Cambia l’intero genoma della nazione, da una parte i fortunati cittadini risparmiati dal caso e dall’altra quelli di serie B, una infinita schiera di anime dannate volteggianti alla Gustavo Doré per intenderci, coloro che “misericordia e giustizia li sdegna, non ragioniam di lor ma guarda e passa” (Inferno, canto III, v. 50-51), zombi in eterna attesa dell’esito del processo, insicuri e sfiduciati, un po’ timorosi di qualche visita all’alba un po’ speranzosi della buona notizia dell’avvocato un po’ anestetizzati d’assurdo.

 

La prescrizione – come si sa – estingue un reato che non c’è in quanto non ancora provato nella sua sussistenza e proscioglie un cittadino imputato che è ancora presunto non colpevole, ossia non colpevole alla pari di tutti quelli che non hanno mai avuto beghe con la giustizia; è insomma nient’altro che una fictio resa sacrosanta dal tanto tempo trascorso inutilmente, una sorta di “vabbe’ chiudiamo, non c’è trippa per gatti”.

 

E come mai il tanto tempo trascorso ha indotto i legislatori, da sempre e dappertutto nel caso di lentezze pregiudizievoli fino al disumano, ad introdurre nell’ordinamento una fictio tanto radicale? Si dice perché dopo tanti anni al vento non può non essere cessato l’interesse punitivo dello Stato, o perché lo scorrere del tempo ha modificato il contesto denunciato e soprattutto la necessità di rieducazione del responsabile, o perché vuolsi che il pubblico ministero possa manifestare – mediante comportamento concludente quale la lentezza – una sorta di benevolente comprensione in ordine a reati di non eccezionale gravità… e così via.

 

Se ne dicono di tutti i colori. Tutto ma non quello che appare unica certezza: prescrizione dopo tempi lunghissimi – decenni per i delitti più gravi (artt. 157-161 del Codice penale) – presuppone disorganizzazione, inefficienza, inadeguatezza prognostica degli inquirenti su quando sia il caso di chiedere l’archiviazione e non sprecare tempo insistendo in investigazioni prevedibilmente infruttuose (art.125 disp.att. Codice di procedura prnale), soprattutto incapacità di provare, nonostante tutti quegli anni, la responsabilità del presunto non colpevole. Un po’ come la storia della volpe e l’uva, a pensarci bene. Sicché fictio e prescrizione, al solo fine di non far pagare a Tizio l’incapacità degli altri.

 

Se le cose stanno così – e che stiano così lo comprovano documentalmente codici e dati statistici – c’è solo da sperare che i governanti prima o dopo se ne rendano conto e, anche in sintonia con una loro posizione di garanzia quantomeno etica, come convertiti sulla via di Damasco riformino… la riforma almeno almeno almeno predisponendo ragionevoli prescrizioni processuali.

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