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La sentenza Contrada brucia e Caselli lancia il sovranismo giudiziario

Redazione

L'ex procuratore capo a Palermo, dopo le assoluzioni di Andreotti, Mannino e del giudice Carnevale vede vanificato un altro dei suoi processi alla storia

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Figurarsi se non si possono contestare le sentenze della magistratura. E’ un elemento fondamentale del diritto di critica e d’altronde il caso Contrada, la cui condanna è stata dichiarata “ineseguibile e improduttiva” dalla Cassazione dopo il ricorso alla Corte di Strasburgo, dimostra che chi criticava la sentenza definitiva aveva dei motivi validi per farlo. Quindi è legittimo che ci sia chi critichi ora questa sentenza, perché vuole Bruno Contrada colpevole a tutti i costi. Ed è umanamente comprensibile se a farlo è Gian Carlo Caselli, all’epoca procuratore capo a Palermo, che dopo le assoluzioni di Giulio Andreotti, Calogero Mannino e il giudice Corrado Carnevale vede vanificato un altro dei suoi processi alla storia.

 

Ma ciò che sorprende sono i modi e le parole usate da un magistrato che dice di essere stato per tutta la vita al servizio delle istituzioni e del diritto. In un articolo sul Fatto quotidiano, Caselli scrive che, nonostante la recente sentenza, Contrada resta un mezzo mafioso e conclude così: “Io non credo che la Cassazione possa accucciarsi pedissequamente su una sentenza straniera, sia pure della Cedu. Penso debba prima operare una rigorosa verifica della rispondenza alla specificità del caso concreto. E qui si tratta di configurabilità del concorso esterno, già riscontrata da quattro sentenze emesse – si badi – in nome del popolo italiano. Ne va dell’indipendenza della magistratura!”. Va bene il diritto di critica, ma definire la Cassazione “accucciata” a una “sentenza straniera” sfiora il grottesco.

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La Cedu non è un tribunale straniero. E’ un organo giurisdizionale internazionale che assicura l’applicazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Leggere il dottor Caselli – che ricordavamo attento anche nell’uso della lingua italiana – esprimersi su una sentenza della Cedu con una grammatica sbrigliata e semplicistica, quasi con il tono di un Salvini o di un Sibilia che sbraitano contro una lettera della Bce, è evidentemente un segno di questi tempi andati a male. Solo fino a qualche anno fa, crediamo, un magistrato con la biografia di Caselli non si sarebbe mai espresso in termini così rozzi, tali da mettere in dubbio il suo prestigio e la sua professionalità. In questi anni il sovranismo è stato declinato in tanti modi, da quello monetario a quello politico, passando per quello alimentare e commerciale, fino a quello militare. Ecco. Adesso Caselli contribuisce pure lui, e amplia il catalogo con il sovranismo giudiziario.

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