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Europa Ore 7

Il primo anno di Ursula e Charles

Von der Leyen ha salvato le sue due priorità (Green deal e digitalizzazione). Michel ha dimostrato di saper negoziare accordi che sembravano impossibili tra i 27. Ma ci sono anche diverse cose che non sono andate bene

David Carretta

Secondo le cassandre, nel marzo 2020 l'Ue era (nuovamente) sul punto di implodere per mancanza di solidarietà e chiusura delle frontiere. Poi, anche grazie la leadership di Merkel e Macron, la presidente della Commissione e il presidente del Consiglio europeo se la sono cavata

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Ursula von der Leyen e Charles Michel oggi festeggiano un anno vissuto pericolosamente alla testa dell'Unione europea. La presidente della Commissione e il presidente del Consiglio europeo erano entrati in carica l'1 dicembre del 2019 in un'era di ritorno alla normalità europea: i populisti anti-Ue erano stati sconfitti e ridimensionati nelle elezioni per il Parlamento europeo e la priorità era lanciare i due grandi cantieri del Green deal e della digitalizzazione. Poi è arrivato il Covid-19 che ha stravolto tutto. Von der Leyen e Michel, dopo qualche difficoltà iniziale, se la sono cavata. Secondo le cassandre, nel marzo 2020 l'Ue era (nuovamente) sul punto di implodere per mancanza di solidarietà e chiusura delle frontiere. Poi, complice la leadership di Angela Merkel e Emmanuel Macron, von der Leyen e Michel sono riusciti non solo a restaurare un po' di ordine, ma anche a lanciare il progetto più innovativo e solidale dell'ultimo decennio: il Recovery fund. Von der Leyen ha salvato le sue due priorità (Green deal e digitalizzazione). Michel ha dimostrato di saper negoziare accordi che sembravano impossibili tra i 27. Come sempre in Europa ci sono ostacoli dell'ultimo minuto, come il veto di Ungheria e Polonia per lo stato di diritto. Ma l'Ue è più solida di quanto si pensi.

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Ursula von der Leyen e Charles Michel oggi festeggiano un anno vissuto pericolosamente alla testa dell'Unione europea. La presidente della Commissione e il presidente del Consiglio europeo erano entrati in carica l'1 dicembre del 2019 in un'era di ritorno alla normalità europea: i populisti anti-Ue erano stati sconfitti e ridimensionati nelle elezioni per il Parlamento europeo e la priorità era lanciare i due grandi cantieri del Green deal e della digitalizzazione. Poi è arrivato il Covid-19 che ha stravolto tutto. Von der Leyen e Michel, dopo qualche difficoltà iniziale, se la sono cavata. Secondo le cassandre, nel marzo 2020 l'Ue era (nuovamente) sul punto di implodere per mancanza di solidarietà e chiusura delle frontiere. Poi, complice la leadership di Angela Merkel e Emmanuel Macron, von der Leyen e Michel sono riusciti non solo a restaurare un po' di ordine, ma anche a lanciare il progetto più innovativo e solidale dell'ultimo decennio: il Recovery fund. Von der Leyen ha salvato le sue due priorità (Green deal e digitalizzazione). Michel ha dimostrato di saper negoziare accordi che sembravano impossibili tra i 27. Come sempre in Europa ci sono ostacoli dell'ultimo minuto, come il veto di Ungheria e Polonia per lo stato di diritto. Ma l'Ue è più solida di quanto si pensi.

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Dopo le lodi, però, ci sono anche le critiche. E non mancano. Durante tutta la crisi sanitaria e nella gestione dell'emergenza economica, von der Leyen si è mostrata più attenta agli interessi dei governi nazionali che a quelli degli europei. La presidente della Commissione ha rifiutato di puntare il dito contro gli stati membri che non rispettano le raccomandazioni dell'Ue su frontiere, preparazione della seconda ondata, piani per la vaccinazione. Per von der Leyen appare inimmaginabile criticare Italia e Spagna per i ritardi e l'assenza di riforme nei piani nazionali legati al Recovery fund. Anzi. Se un primo ministro chiama perché ha bisogno di una mano per calmare le polemiche nazionali, von der Leyen risponde e pubblica un tweet per dire che tutto va bene. L'approccio di compiacere le capitali, tuttavia, ha un costo. E lo si vede con il veto di Ungheria e Polonia. Von der Leyen è stata silente sullo stato di diritto prima e durante la crisi del Covid-19. Alla fine i governi di Budapest e Varsavia si sono sentiti liberi di prendere in ostaggio il bilancio 2021-27, il Recovery fund e gli altri 25 stati  membri.

 

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Michel può rivendicare l'accordo storico di luglio su bilancio e Recovery fund dopo quattro giorni e quattro notti di negoziati. Ma molti dossier caldi si stanno accumulando perché il presidente del Consiglio europeo preferisce rinviare quando si trova di fronte al rischio di uno scontro tra i 27. E' accaduto sulla Turchia, con l'ipotesi di sanzioni che è slittata da ottobre a dicembre. E' accaduto sul clima, con la fissazione dell'obiettivo del 55 per cento di taglio di emissioni entro il 2030 che è stata spostata da settembre a dicembre. Accade sul veto di Ungheria e Polonia sullo stato di diritto, con Michel che ha lasciato il dossier nelle mani di Angela Merkel, salvo vederselo (probabilmente) ricadere addosso al Vertice della prossima settimana. In vista ci sono scontri sull'autonomia strategica, le relazioni con gli Stati Uniti di Joe Biden e la strategia nei confronti della Cina di Xi Jinping. Non è lasciando marcire le crisi interne che le crisi interne si risolvono da sole.

 

Altra nota dolente è la competizione che si è venuta a instaurare tra von der Leyen e Michel. Ultimo esempio in ordine di tempo, i due documenti che la presidente della Commissione e il presidente del Consiglio europeo hanno fatto uscire sulla stampa sulle relazioni con gli Usa. Quando il Financial Times domenica ha pubblicato la bozza delle idee di von der Leyen, la squadra Michel ha fatto uscire un non paper sulle proposte del presidente del Consiglio europeo. I due dovranno convivere (in teoria) per altri quattro anni. Il rischio di confusione è elevato.

Infine una piccola protesta dalla bolla dei giornalisti della bolla bruxellese. Von der Leyen ormai è una figura virtuale, che comunica con video su Twitter e interviste (rare) a alcuni giornali selezionati. Da aprile non ci sono state conferenze stampa della presidente della Commissione. I suoi consiglieri vogliono proteggerla dopo una serie di gaffe iniziali. Ma così facendo rafforzano l'immagine di debolezza.

 

Dopo il Patto di Budapest Orbán e Morawiecki si vedono a Varsavia - Il premier ungherese, Viktor Orbán, ieri è volato a Varsavia per un secondo incontro in quattro giorni con il suo omologo polacco Mateusz Morawiecki. “I primi ministri discuteranno ulteriori passi nei negoziati di bilancio dell'Ue e del prossimo vertice Ue”, ha annunciato il portavoce di Orbán. Intanto, rispondendo a un'intervista dell'ex presidente del Parlamento europeo Martin Schulz,  Orbán ha accusato gli altri paesi dell'Ue e “più di tutti la Germania” di “portare fuori dall'Ungheria approssimativamente 6 miliardi di euro” contro i 4 miliardi che Budapest riceve dal bilancio comunitario. Secondo il premier ungherese, la Germania è “un beneficiario netto” del mercato unico e con il bilancio Ue restituisce agli altri stati membri “una porzione dei profitti che fanno le sue imprese”. Insomma “la situazione è chiara”, ha detto Orbán: “l'appartenenza dell'Ungheria all'Ue non costa un soldo alla Germania; al contrario, la Germania fa soldi grazie alla nostra appartenenza” all'Ue.

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Il Parlamento olandese contro la Polonia - La Camera dei Paesi Bassi oggi dovrebbe votare una risoluzione per portare la Polonia davanti alla Corte di giustizia dell'Unione europea per violazione dello stato di diritto. Una mozione presentata dai liberali di sinistra dei D66, dai Verdi e dai cristiano democratici chiede di usare l'articolo 259 del trattato, bypassando la procedura dell'articolo 7 e le infrazioni aperte dalla Commissione. “Ciascuno degli Stati membri può adire la Corte di giustizia dell'Unione europea quando reputi che un altro Stato membro ha mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati”, dice l'articolo 259 del trattato. Il governo di Mark Rutte ha risposto che condivide le preoccupazioni sull'indipendenza della giustizia in Polonia, ma che per il momento è meglio aspettare la Corte Ue e la Commissione. Al contempo, se la risoluzione sarà adottata, il governo olandese lavorerà con altri stati membri per verificare l'opportunità in una seconda fase di ricorrere all'articolo 259.

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Orbán libero di usare il vaccino russo ma solo in Ungheria - Dopo settimane di confusione, la Commissione europea ha annunciato che l'Ungheria potrà utilizzare il vaccino russo contro il Covid-19 Sputnik V anche senza autorizzazione dell'Agenzia europea dei medicinali (Ema). “Siamo a favore di un'autorizzazione via l'Ema e non abbiamo dati e informazioni su questo vaccino”, ha detto ieri un portavoce della Commissione. Ma la regolamentazione europea prevede “una possibilità di autorizzazione d'urgenza” che può essere utilizzata dall'Ungheria per il vaccino Sputnik V. L'Ungheria si assumerà “tutta la responsabilità” legale in caso di incidenti. “Quando questo accade, se questa autorizzazione è concessa, il vaccino può circolare in Ungheria, ma unicamente in Ungheria”, ha precisato la Commissione: “Il vaccino non può circolare altrove nell'Ue”. L'Ungheria ha anche ipotizzato i vaccini della Cina. Giulia Pompili spiega perché non possiamo fidarci di quelli cinesi. Ce ne sono cinque all'ultima fase di sperimentazione, sono già in uso, ma ne sappiamo pochissimo.

 

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Merkel paziente sulla Brexit, gli altri meno - Angela Merkel ieri ha detto di sperare ancora in una "conclusione positiva" nei negoziati con il Regno Unito su un accordo di libero scambio post Brexit. Ma ha aggiunto che "alcuni stati membri stanno diventando un po' impazienti" perché "non è rimasto molto tempo". Merkel ha ricordato che l'Ue non vuole "un accordo a qualsiasi costo". La cancelliera tedesca ha spiegato che l'Ue deve "mettere tutti i suoi sforzi nell'ultimo passo" e che è meglio "aspettare il più a lungo possibile" prima di far scattare i piani di emergenza per il "no deal". Diversi stati membri hanno chiesto alla Commissione di pubblicare le misure di contingenza in caso di mancato accordo.

 

Il Patto transatlantico sui dati che l'Ue offre a Biden - Dopo il non paper di Charles Michel, siamo riusciti a mettere le mani sulla bozza di documento che la Commissione presenterà domani per rilanciare le relazioni con gli Stati Uniti dopo l'elezione di Joe Biden. Il documento di 11 pagine - intitolato "una nuova agenda Ue-Usa per il cambiamento globale - contiene molte proposte. Ma quelle che hanno attirato di più la nostra attenzione riguardano il digitale, visto che mancano 8 giorni alla proposta del Digital service act che dovrebbe legare le mani ai giganti Usa del settore. Secondo la Commissione, c'è "una finestra di opportunità senza precedenti per fissare un'agenda tech comune Ue-Usa" su 5g e 6G, cybersicurezza, dati, tecnologie e ruolo delle piattaforme online. Ecco alcune idee: un "accordo transatlantico sull'intelligenza artificiale", convergenza regolatoria per "facilitare il flusso di dati", "un nuovo dialogo transatlantico sulla responsabilità delle piattaforme online", cooperazione tra autorità antitrust sulle due sponde dell'Atlantico nei mercati digitali, creazione di un "Consiglio commercio e tecnologia Ue-Usa" che dovrà occuparsi anche della protezione delle tecnologie critiche. Sulla questione dolente della tassazione digitale, che ha provocato un conflitto con minaccia di dazi da parte dell'amministrazione Trump, la Commissione è a favore di "soluzioni innovative su entrambe le sponde dell'Atlantico".

 

Johansson vuole un "upgrade" di Schengen - La commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson, non sembra pronta a lanciarsi in una vera e propria rifondazione di Schengen, come chiede il presidente francese, Emmanuel Macron, per fronteggiare la minaccia terrorista. Nell'intervento di apertura del Schengen Forum ieri, Johansson ha preferito parlare di “upgrade” (aggiornamento, ndr) e ha per il prossimo anno proporrà una strategia sul futuro di Schengen e un nuovo codice frontiere. “Non è accettabile che, secondo un rapporto di Frontex, il 22 per cento di chi entra nell'area Schengen non sia stato controllato nel sistema di informazioni Schengen”, ha detto Johansson. Ma “i controlli alla frontiera interna non sono uno strumento efficace per prevenire il crimine e il terrorismo” e come ha dimostrato questa estate non servono nemmeno a “fermare il virus”, ha aggiunto la commissaria: “I controlli alle frontiere interne purtroppo non fermeranno i terroristi. Ma sappiamo che i controlli alle frontiere esterne fermeranno i trasporti, il commercio e i turisti”. Johansson ha citato un rapporto di France Stratégie che valuta una perdita di 100 miliardi di euro entro il 2025 a causa dei controlli alle frontiere interne dell'area Schengen.

 

Quanto può reggere ancora lo zar di Frontex? - Il direttore di Frontex, Frabice Leggeri, oggi si troverà sul banco degli imputati durante un'audizione della commissione Libertà civili del Parlamento europeo sui presunti respingimenti di migranti in Grecia in cui è stata coinvolta l'agenzia dell'Ue. Una nuova serie di rivelazioni nel fine settimana mostra che quelli che Leggeri aveva definito in passato come “incidenti minori” o “incomprensioni” in realtà sono abitudini radicate: Frontex era a conoscenza di migranti rimessi su gommoni e portati nelle acque territoriali turche e di operazioni di respingimento di imbarcazioni. In teoria, Leggeri dovrebbe sospendere la missione in Grecia in caso di violazioni gravi del diritto europeo e internazionale. Finora, invece, ha coperto le malefatte delle autorità greche. La commissaria Johansson è sempre più irritata. E' possibile che il Parlamento europeo chieda la testa di Leggeri. Ma Frontex e il governo greco hanno un protettore: il vicepresidente allo Stile di vita europeo, Margaritis Schinas.

 

Le emissioni dell'Ue scese del 24 per cento dal 1990 - Le emissioni di gas a effetto serra nell'Unione europea sono diminuite del 3,7 per cento nel 2019, portando il calo complessivo al 24 per cento rispetto ai livelli del 1990, secondo la relazione annuale della Commissione sui progressi dell'azione per il clima. L'Italia è sotto la media dell'Ue con una diminuzione delle emissioni dal 1990 del 18 per cento. A livello di Ue, le emissioni coperte dal sistema di scambio di quote Ets hanno registrato la riduzione più forte nel 2019, con un calo del 9,1 per cento su base annua, in gran parte grazie al settore dell'energia elettrica. Le emissioni dall'industria sono diminuite di quasi il 2 per cento, mentre quelle del trasporto aereo sono aumentate dell'1 per cento. Le emissioni che non rientrano nel sistema Ets (trasporti, edilizia, agricoltura e rifiuti) non hanno registrato cambiamenti tra il 2018 e il 2019.

 

Nella bozza del Vertice un taglio del 55 per cento nel 2030 - Uno dei tanti temi caldi del Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre sono gli obiettivi climatici dell'Ue. Abbiamo potuto vedere una prima bozza di conclusioni del Vertice fatta circolare tra le capitali. I leader dovrebbero avallare “un obiettivo vincolante per l'Ue di una riduzione netta di almeno il 55 per cento nelle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 rispetto al 1990”. Gli obiettivi nazionali potranno però variare. Il taglio del 55 per cento sarà realizzato “collettivamente dall'Ue”: tutti gli Stati membri parteciperanno allo sforzo, ma tenendo conto “dell'equità e della solidarietà” e “delle circostanze nazionali”.

 

Accade oggi in Europa

  • Ecofin
  • Parlamento europeo: audizione alla commissione Libertà civili del direttore di Frontex Fabrice Leggeri sui respingimenti di migranti in Grecia
  • Consiglio: riunione informale in videoconferenza dei ministri per gli Affari europei
  • Consiglio: riunione in videoconferenza dei ministri della Cultura
  • Consiglio: riunione in videoconferenza dei ministri dello Sport
  • Consiglio: riunione informale in videoconferenza dei ministri della Coesione territoriale
  • Commissione: discorsi di von der Leyen alla conferenza delle commissioni parlamentari dell'Ue (Cosac), al Digital summit organizzato dalla presidenza tedesca e al summit sulla sanità organizzato dal gruppo dei Socialisti&Democratici
  • Commissione: discorsi del vicepresidente Timmermans al FT Energy Transition Strategies Summit e alla EU-Russia Climate Change Conference
  • Commissione: l'Alto rappresentante Borrell partecipa al 10o anniversario dalla creazione del Servizio europeo di azione esterna
  • Commissione: incontro in videoconferenza tra il commissario Reynders e il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede
  • Eurostat: stima flash inflazione di novembre
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