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Euporn - il lato sexy dell'europa

Il nuovo ordine europeo è una mappa a quattro colori

Paola Peduzzi e Micol Flammini

Per la seconda ondata di coronavirus, l’Ue cerca criteri comuni (ma  Schengen è di nuovo a rischio). I contagi a est e la frattura transatlantica vista con i due Donald

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Non abbiate paura del Covid. Abbiate paura delle persone ciniche e potenti che diffondono bugie sul Covid, non lasciate che dominino la vostra vita. 

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Non abbiate paura del Covid. Abbiate paura delle persone ciniche e potenti che diffondono bugie sul Covid, non lasciate che dominino la vostra vita. 

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Donald Tusk, ex presidente del Consiglio europeo meglio noto in Europa come “il nostro Donald”, ha risposto al presidente degli Stati Uniti parafrasando il tweet con cui lui, l’altro Donald, Donald Trump, aveva celebrato l’uscita dall’ospedale, dicendo: “Non abbiate paura del Covid. Non lasciate che domini la vostra vita”. Il battibecco tra i due sintetizza in modo preciso l’approccio politico adottato nelle due sponde dell’Atlantico per gestire la pandemia, ora che il numero dei contagiati torna a salire, si sperimentano nuove chiusure – in Francia, in Belgio – e vecchie regole – le mascherine! – mentre si tenta di essere soprattutto ordinati.  Trump è stato ricoverato in ospedale dopo l’esito positivo del test, è stato curato con medicinali cui gli americani non hanno accesso, come la terapia sperimentale di anticorpi (e il presidente non ha bevuto il disinfettante come aveva suggerito di fare), è uscito dall’ospedale nel giro di qualche giorno e dopo aver detto di aver imparato molto del virus ha annunciato (senza mascherina) che il Covid non è quel flagello di cui tutti parlano, l’influenza è in molti casi più pericolosa (questo tweet è stato poi rimosso da Twitter), e non fatevi dominare dalla paura del Covid. L’Europa adotta al contrario la politica della prudenza e della prevenzione: se tutti rispettano le regole – mascherine, distanziamento, igiene – la seconda ondata si può gestire. Trump vuole far ricadere i cauti e i prudenti nella categoria degli allarmisti – lo fa con gli esperti a casa sua,  con il suo rivale Joe Biden e con gli europei – mentre i cauti e i prudenti cercano di seguire le lezioni imparate alla prima ondata: attenzione e solidarietà. La frattura geopolitica che si è creata tra l’America e l’Unione europea in questo mandato trumpiano è anche e soprattutto una frattura culturale: ha a che fare con la libertà e con la protezione. 

 

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A proposito di libertà: come sta Schengen? Il tentativo della Commissione di Ursula von der Leyen di salvare Schengen dalla seconda ondata di Covid-19 si scontra un’altra volta con le decisioni prese a livello nazionale. La presidenza tedesca dell’Ue ha presentato una bozza di compromesso sulla proposta di raccomandazione della  Commissione per elaborare un approccio coordinato alle restrizioni della libertà di movimento. Il documento è stato discusso ieri alla riunione degli ambasciatori dei 27 e dovrebbe essere approvato dal Consiglio affari generali la prossima settimana. La proposta iniziale è stata modificata e buona parte dei paletti posti dalla Commissione per salvaguardare Schengen – cioè evitare la chiusura delle frontiere – è stata cancellata. Le procedure per i test e le quarantene per chi si muove dentro i confini europei non sono state uniformate; il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) deve redigere una mappa di regioni verdi, arancioni, rosse e grigie, sulla base dei dati (non armonizzati) trasmessi dai governi nazionali. Gli stati membri saranno liberi di imporre restrizioni per chi arriva non solo dalle zone rosse e grigie, ma anche da quelle arancioni. La volontà dei governi nazionali di mantenere l’autonomia sulle frontiere è riassunta in una frase, introdotta nel compromesso dalla presidenza tedesca dopo lunghe trattative tra i 27. “Poiché la pandemia Covid-19 ha causato un’emergenza sanitaria senza precedenti, la protezione della salute pubblica è diventata una priorità massima sia per l’Unione sia per i suoi stati membri”, dice il documento: “Sulla base della protezione della salute pubblica, gli stati membri possono prendere misure che restringono la libertà di movimento delle persone all’interno dell’Unione”. 

 


La risposta di Tusk a Trump sulla pandemia e due parole per descrivere la frattura, anche culturale, tra America e Ue: libertà e prudenza


 

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I criteri comuni per determinare le zone a rischio sono quelli proposti dalla Commissione: il tasso di contagio degli ultimi 14 giorni a livello regionale, il tasso di positività ai tamponi eseguiti nell’ultima settimana, e il tasso di test effettuati su 100 mila abitanti. All’Ecdc viene chiesto di pubblicare una mappa settimanale degli stati membri, suddivisa per regioni, per “sostenere il processo decisionale” dei governi. Una regione sarà classificata “verde” se il numero di casi negli ultimi 14 giorni è inferiore a 25 ogni 100 mila abitanti e se il tasso di positività è sotto il 4 per cento. Una regione sarà classificata “arancione” se i nuovi positivi delle ultime due settimane sono inferiori a 50 ogni 100 mila abitanti, ma il tasso di positività è superiore al 4 per cento (o se i casi sono tra i 25 e i 150, ma il tasso di positività è sotto il 4 per cento). Una regione sarà classificata “rossa” con più di 50 nuovi casi positivi in 14 giorni e se il tasso di positività è superiore al 4 per cento, o semplicemente se i nuovi positivi delle ultime due settimane superano i 150 su 100 mila abitanti. Infine, una regione sarà considerata “grigia” se non ci sono abbastanza informazioni disponibili o il tasso di test è inferiore ai 300 ogni 100 mila abitanti.

 

Il “Passenger Locator Form”. Il compromesso della presidenza tedesca prevede che gli stati membri non possano imporre restrizioni alla libertà di movimento delle persone che viaggiano da e verso le zone “verdi” in altri paesi. Se la proposta iniziale della Commissione prevedeva la possibilità di imporre restrizioni solo alle zone “rosse” e “grigie”, il compromesso tedesco include anche le regioni “arancioni”. Anche il tentativo di uniformare le misure per chi proviene da un’area a rischio è stato sostanzialmente abbandonato. I governi nazionali potranno imporre quarantena e test dopo l’arrivo (la Commissione proponeva una scelta alternativa). Una frase che definiva i tamponi come “opzione preferita” rispetto alla quarantena è stata cancellata. Gli stati membri sono invitati a coordinarsi sulla durata dell’autoisolamento di chi proviene da zone a rischio, ma ciascun governo potrà continuare a imporre un numero diverso di giorni. Il testo mantiene le eccezioni per i lavoratori transfrontalieri, gli autisti di camion, i diplomatici, le persone che viaggiano per ragioni di lavoro o familiari necessarie, i poliziotti e i giornalisti. Il documento prevede la possibilità di sviluppare un “Passenger Locator Form” europeo, un modulo di individuazione dei passeggeri, possibilmente digitale. Quando un governo impone restrizioni dovrebbe informare l’altro paese prima dell’entrata in vigore delle misure restrittive (se possibile 48 ore in anticipo). Gli stati membri sono invitati ad applicare le restrizioni rispettando  i principi di “proporzionalità e non discriminazione”.

 

Mascherine a Visegrád. La reazione alla pandemia sembra uno specchio capovolto durante questa seconda ondata, che da qualche settimana ha portato alla reintroduzione di nuove restrizioni. I paesi dell’Europa centro-orientale, per esempio, a marzo sono stati i primi a chiudere tutto – confini, scuole, negozi – e anche per questa decisione di agire in anticipo rispetto al diffondersi della pandemia – erano state le immagini che arrivavano dall’Italia a spaventarli tanto – i danni sanitari sono stati molto contenuti rispetto agli altri europei. La Repubblica ceca era stata la prima a riaprire, assieme a Danimarca e Austria, e aveva festeggiato il ritorno alla normalità con una festa a giugno sul Ponte Carlo, che voleva essere un saluto all’estate e un addio al virus. Meno romantiche sono state la Polonia, la Slovacchia o l’Ungheria che hanno seguito la stessa traiettoria e la stessa prudenza. Con l’arrivo della seconda ondata però Visegrád ha deciso di comportarsi in tutt’altro modo, il premier ungherese Viktor Orbán ha chiuso i confini dal primo settembre, è stato rapidissimo a cogliere di nuovo l’occasione, ma all’interno del paese la vita è andata avanti come dopo il lockdown e secondo l’Ecdc, il paese è tra quelli “ad alto rischio” perché c’è già “un tasso più elevato di casi gravi o ricoveri”, con un aumento della mortalità “già osservata” o “che potrebbe esserlo presto”. In Repubblica ceca, un paese con 10,7 milioni di abitanti, ci sono 2600 nuovi casi al giorni. Anche in Polonia il numero dei contagiati aumenta con una rapidità mai vista nei mesi della chiusura. Quando a inizio settembre i casi hanno ripreso a crescere, i paesi di Visegrád hanno deciso di provare un nuovo approccio, meno draconiano, più localizzato, e si sono assunti un grande rischio, anche perché l’impatto blando della pandemia aveva  incentivato poco la messa a punto di un sistema di tracciamento efficace: si sono ritrovati impreparati. Il motivo di questo cambiamento di strategia secondo il Financial Times, è dovuto in parte alle paure dei governi per l’andamento dell’economia: nel secondo trimestre  il pil è diminuito del 13,6 per cento in Ungheria, del 10,7 in Repubblica ceca, del 12,1 in Slovacchia e del 7,9 per cento in Polonia.

 


La proposta tedesca per provare a salvare Schengen e cosa è cambiato nei paesi di Visegrád rispetto alla prima ondata


 

La fine di Alba dorata. Ieri ad Atene si è  chiuso un capitolo importante della storia recente della Grecia. Il partito neofascista Alba dorata è stato dichiarato un’organizzazione criminale. Alba dorata esiste dal 1993, ma è con la crisi del 2008 che è riuscito a diventare  più rilevante: era arrivato a essere anche il terzo partito in Parlamento con le elezioni del 2015. La sentenza è giunta più di cinque anni dopo l’inizio del processo, da dentro a un tribunale improvvisato nella più grande prigione di massima sicurezza del paese. Alba dorata è stata riconosciuta responsabile di molti atti violenti, aggressioni, intimidazioni contro migranti ed esponenti di sinistra: nel 2013 il rapper di sinistra Pavlos Fyssas è stato ucciso da Giorgos Roupakias, ieri giudicato colpevole. Tutti gli altri membri del partito sono stati giudicati colpevoli di appartenenza a un’organizzazione criminale e anche il loro leader, Nikolaos Michaloliakos, che oltre all’appartenenza è colpevole di aver creato “l’organizzazione criminale Alba dorata”. Il processo era iniziato nel 2015, con 69 imputati e 120 testimoni di accusa, e mette un punto alla storia di un partito che, come tante destre estreme, aveva raggiunto l’apice del consenso con le due crisi che hanno colpito l’Ue, la crisi economica e quella dei migranti. 

 

 

A Gratz, dove ogni anno si festeggia l’arrivo dell’autunno con un festival, il Steirischer Herbst, che in tedesco vuol dire autunno stiriano, hanno deciso di creare un evento alternativo, di non rischiare –  c’è la seconda ondata e l’Austria è molto prudente. L’organizzatrice del Festival, Ekaterina Degot, ha pensato  di trasformare tutto in una piattaforma su cui far raccontare agli artisti questi mesi, questo anno trascorso a lavorare, studiare, parlare, anche fare palestra attraverso uno schermo. Il progetto si chiama Paranoia tv e non è paranoico, tutt’altro, vuole essere un “Netflix alternativo” proprio per combatterla la paranoia da pandemia. Su Paranoia tv ci sono serie, film, performance che raccontano le paure ma che hanno come obiettivo quello di reagire, di reinventarsi, di ripensarsi: non abbiate paura del Covid, non fatevi dominare dalle bugie e da chi le racconta, siate prudenti.


(ha collaborato David Carretta)

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