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reportage

Putin bombarda l'ospedale pediatrico di Kyiv: le macerie sui bambini malati

Kristina Berdynskykh

Alla vigilia del summit della Nato e dopo la spregiudicata missione di Orbán, Mosca lancia un attacco su sei città ucraine, colpendo case e ospedali. Decine di persone uccise. Ecco la pace secondo il Cremlino

Kyiv. Polina, dieci anni, tiene in una mano un elicottero giocattolo e nell’altra un telefono cellulare. Vestita con una maglietta rosa, pantaloncini e scarpe color verde chiaro, la bambina calpesta i vetri rotti e filma la distruzione che la circonda: l’edificio dell’ospedale pediatrico Okhmatdit danneggiato dai bombardamenti e un’auto nel parcheggio vicino a uno degli edifici dell’ospedale. “Era l’auto di mia madre, ma ora è distrutta. Ho avuto appena il tempo di mettermi le scarpe quando ho sentito le esplosioni”, racconta  agitata la ragazza. Sua madre Victoria è lì vicino, ma è sotto choc: tiene in braccio la seconda figlia, Karina, di tre anni, affetta da una rara malattia genetica. Questa mattina tutte e tre si trovavano in una stanza dell’ospedale quando alle 9 e 50 è stato lanciato un allarme aereo a Kyiv  dopo che  la Russia ha sparato dei missili in direzione dell’Ucraina. Uno di questi  è finito sull’ospedale pediatrico. Secondo le Forze dell’ordine ucraine, si trattava di un missile da crociera russo Kh-101. L’ospedale di Okhmatdit è il più grande e moderno ospedale pediatrico  di tutta l’Ucraina. Ospita reparti di  diverse malattie gravi, tra cui l’oncologia, ed esegue interventi chirurgici molto complessi. Per questo i bambini  vengono portati qui   da tutta l’Ucraina. 

 

Quando nel 2022 è iniziata l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, l’Okhmatdit ha iniziato ad accogliere anche i bambini che venivano colpiti dai bombardamenti.  Victoria è in questo ospedale con le sue figlie da ormai tre settimane. Ora vive a Como, in Italia,  dove è scappata con  le sue figlie dalla guerra, ma ha voluto comunque portare a curare sua figlia qui, a Kyiv, poiché in questo ospedale ci sono ottimi medici. “La bambina ha una malattia genetica sin dalla nascita e qui possono aiutarla”, spiega.  Mentre Victoria è in piedi con la bambina in braccio, vicino all’auto, i volontari aiutano a  tirare fuori la carrozzina  dal bagagliaio. Dopo che i media hanno riferito che un razzo aveva colpito l’ospedale, molti abitanti di Kyiv si sono precipitati qui per aiutare a rimuovere i detriti, ripulire l’area e portare acqua potabile.  

Non lontano da questa famiglia ci sono tre infermiere, una di loro ha  il volto tagliato dalle schegge, un cerotto  sulla fronte e sul mento e del sangue sui vestiti. L’infermiera Inna lavora nella terapia intensiva di questo ospedale da 24 anni. Ricorda a malapena il momento dell’impatto. Racconta che era nel corridoio quando ha sentito l’edificio tremare, poi l’onda d’urto. Non ricorda nient’altro. Un’altra infermiera  racconta di più: era in sala operatoria al momento della deflagrazione: quando è suonato l’allarme antiaereo, i medici avevano appena finito di operare una bambina di 6 anni. Le infermiere, invece, stavano aspettando che  passasse un po’ di tempo per poter spostare la bambina dal tavolo operatorio al lettino.   Non hanno fatto in tempo a scendere nel rifugio antiaereo prima dell’impatto, ma né la bambina né loro sono rimaste ferite. Il loro rifugio è stato danneggiato dall’onda d’urto. Ma molto più danneggiato è stato il vicino edificio a due piani, che ospita il reparto di intossicazioni croniche e dove i bambini vengono sottoposti a emodialisi: i servizi di emergenza, i vigili del fuoco e i volontari si sono subito concentrati sulla rimozione delle macerie di questo edificio. Alcune parti sono crollate e potevano  esserci persone sotto le macerie. Centinaia di persone  hanno iniziato così ad arrampicarsi  sui cumuli di pietre,  a passarsi velocemente mattoni, pezzi di tetto, ma il lavoro procedeva lentamente. C’erano troppe macerie, e troppo poco tempo. C’era una colonna di polvere e fumo in giro, e alle persone venivano consegnate mascherine e acqua potabile. Come un formicaio, dove non è più chiaro chi rappresenta quale servizio, ma tutti vogliono salvare i sopravvissuti. Dopo diverse ore di lavoro, i soccorritori  hanno utilizzato un altoparlante per chiedere ai volontari di fare un passo indietro. “Vi siamo molto grati, ma ora ci saranno attrezzature pesanti al lavoro, per favore allontanatevi!”.  

All’improvviso alcune persone hanno iniziato a correre:  alle 13 è suonato di nuovo l’allarme antiaereo. Temendo un secondo attacco all’ospedale, i volontari sono scappati dal territorio del centro medico verso la strada principale e  si sono nascosti in un passaggio sotterraneo. Dopo 15 minuti l’allarme è terminato e tutti sono rientrati. E’  ancora il caos, nonostante tutti i tentativi di organizzare l’operazione di soccorso. Qualcuno rimuove i vetri, i medici chiamano i propri cari e piangono. I genitori con i   pazienti più piccoli aspettano confusi che qualcuno li porti a casa o in un altro ospedale.  Il sindaco di Kyiv, Vitali Klitschko, ha rilasciato una rapida intervista mentre uno  dei medici, vestito di bianco e con un’enorme macchia di sangue sulla schiena, non voleva parlare con i giornalisti per continuare a togliere le macerie, anche quando  i soccorritori non avevano più bisogno del suo aiuto. Anche Vladimir Zhovnir, il direttore dell’ospedale, mentre correva da qualche parte ha risposto soltanto che almeno quattro edifici dell’ospedale erano stati danneggiati. Tra questi ci sono il reparto di chirurgia e quello di neonatologia.  Un ragazzo  con   i pugni  fasciati mi spiega che le fasciature non sono colpa dei bombardamenti, ma della sua malattia: la sindattilia, una malformazione congenita delle mani.

Poi i bambini malati di cancro e i loro parenti hanno iniziato  a lasciare uno degli edifici dell’ospedale. I bambini calvi, indeboliti dalla malattia, con le mascherine sul viso, si aggrappano ai loro cari, alcuni di loro  sono attaccati a una flebo, che tirano dietro di sé  mentre camminano. “Non sappiamo dove andremo adesso”, dice tristemente una signora pensionata. E’ ricoverata in questo ospedale da febbraio, insieme al nipote Kirill, di 9 anni, malato di cancro. “Mettiamo quelli con le flebo sui gradini”, suggerisce una delle infermiere. I bambini malati di cancro non piangono, non si agitano e non gridano, ma sopportano in silenzio e con tristezza aspettano di essere trasferiti in altri ospedali.  

Passano soltanto 10 minuti, poi suona di nuovo l’allarme antiaereo. Tutti corrono di nuovo da qualche parte, ma i bambini restano seduti sui gradini, immobili e silenziosi. L’allarme termina rapidamente,  e le ambulanze evacuano i pazienti costretti a letto.  

Questa mattina la Russia ha lanciato missili non solo contro Kyiv, ma anche contro Kryvyj Rih, Dnipro e alcune città nella regione di Donetsk. A Kyiv, alcuni frammenti di missili sono caduti in sei diversi quartieri. Oltre a Okhmatdit, sono stati colpiti un’altra struttura medica e alcuni edifici residenziali. Secondo la polizia, 20 persone sono state uccise nel solo attacco a Kyiv. Due erano nell’ospedale pediatrico. Tra loro c’è Svetlana Lukyanchuk, 30 anni, nefrologa pediatrica. In totale sono rimaste ferite 15 persone, tra cui 7 bambini.

In serata la rimozione delle macerie è ancora in corso. Guardando l’ospedale distrutto, Vera, 68 anni, che lavora qui da 18 anni, scoppia a piangere. Vera distribuisce cibo alle madri nella cucina del reparto di chirurgia neonatale: dalle  9 e 30 alle 10 e 30 è l’orario della colazione,  era appena finita e lei stava per lavare i piatti. “All’improvviso c’è stata un’esplosione, l’edificio ha tremato, l’elettricità è scomparsa, le mamme sono corse dai bambini”. Vera è perplessa sul perché la Russia abbia deciso di bombardare un ospedale pediatrico. “E’ così spaventoso! La Russia dice di volerci proteggere, ma ci sta uccidendo”. Mentre racconta, i soccorritori riescono a tirare fuori una donna da sotto le macerie. Il suo volto e il suo corpo sono coperti di sangue, ma è viva.

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