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l'analisi

Macron rilancia se stesso e l'Europa potenza

Jean-Pierre Darnis

Nel suo discorso alla Sorbona, il presidente francese traccia la strada della sua nuova visione dell'Ue, condizionata dalle crisi che nel 2017 non potevano essere immaginate e imposta anche il suo futuro politico, guardando al 2029

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Il lungo discorso tenuto da Emmanuel Macron giovedì 25 aprile nell’aula magna della Sorbona a Parigi ambisce a essere un punto di svolta. Per circa due ore Macron ha offerto una visione assai dettagliata degli orientamenti e delle problematiche europee, con una lunghezza e per certi versi un tono equivalenti all’ultimo discorso sullo Stato dell’Unione di Ursula Von der Leyen. Questo discorso segue una forte logica interna, soprassedendo all’assenza paradossale dell’insieme dei deputati europei del partito Renaissance, impegnati nell’ultima sessione del parlamento a Straburgo. Macron tenta di riaffermare il suo ascendente sull’europeismo francese, posizionandosi come il campione del partito pro europeo, una posizione minacciata non soltanto dal Rassemblement National di Jordan Bardella che svetta nei sondaggi intorno al 30%, ma anche della ripresa del partito socialista che sta incalzando la lista macronista alle europee. Il messaggio è chiaro, “L’Europe c’est moi”, in un tentativo di trainare il voto per la lista Renaissance malgrado il carattere semi sconosciuto dei candidati.

Questa volontà di rimettere l’Eliseo al centro della partita continentale passa attraverso una lectio magistralis sulle tematiche europee che permette a Macron di superare i confini nazionali e far sentire la sua voce nel dibattito. Esprime una serie di proposte non banali che, se portate a termine, determinerebbero un’evoluzione forte del modello europeo. Troviamo un lungo elenco di proposte, dall’estensione del canale culturale franco-tedesco Arte a tutta l’Europa alla creazione di uno scudo europeo di difesa aerea per contrastare l’ammodernamento russo in materia di missili, ma anche la ripresa di temi come “l’autonomia strategica” e “la sovranità europea,” concetti che apparivano un tempo come velleità francesi poi riemersi con il Covid e la guerra in Ucraina, concludendo con la rivendicazione di uno statuto di “potenza” per l’Europa. L’Europa-potenza era una tematica cara a Jacques Chirac quando nel 2000 proiettava la tradizionale visione francese sull’Europa, ma fino a oggi è stata osteggiata da partner europei restii per motivi storici ad abbracciare la via della potenza. Quest’opposizione era talmente forte che l’Unione Europea veniva spesso descritta come una "non-potenza,” ma Macron è sempre stato fortunato, e oggi possiamo osservare come l’indurimento delle tensioni internazionali possa indurre gli altri partner europei ad accettare il discorso di Europa-potenza, intenso come necessaria capacità difensiva. Così facendo Macron, che tutto sommato riprende una posizione francese tradizionale, può rivendicare un ruolo premonitorio e insistere poi nello sviluppare la sua visione futura dell’insieme dei capitoli dell’Unione.

Se la questione della potenza appare come centrale, il piano per la prosperità delineato da Macron rivela ulteriori potenzialità: la necessità di raddoppiare il bilancio europeo per investire e la possibilità di creare un sistema di tasse europee per reperire le risorse non sono banali operazioni contabili bensì un salto politico che potrebbe ulteriormente accelerare l’integrazione ma richiederebbe anche un forte adeguamento politico, ben sapendo che chi controlla la tassazione controlla davvero il potere. Si tratta in prospettiva di un rovesciamento della logica di poteri europei in cui il livello europeo prenderebbe il sopravvento sul livello nazionale. Va rilevato come i recenti lavori di Enrico Letta e Mario Draghi vengono citati nell’intervento di Macron, e la convergenza con alcune delle tematiche spinte dall’ex governatore della BCE esprime una vicinanza intellettuale che riveste anche un significato politico. Questa lettura corrisponde alla necessità della campagna per le europee ma proietta anche il presidente francese su una forma di leadership europea. Macron sviluppa i concetti classici della potenza insistendo sulla dimensione industriale ed economica e ribadisce una “fine dell’innocenza” che sembra in grado se non di trascinare l’insieme degli stati membri, perlomeno di riprodurre i meccanismi di difesa delle sovranità esistenti, ma anche di proiettare l’Europa in un proprio pensiero strategico che decolla attraverso il discorso economico.

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La principale virtù del discorso macroniano sta nel riuscire comunque a proporre una visione strategica d’insieme non dimenticando di indicare i punti valoriali salienti. Rivendica un umanesimo fragile presentato come essenza di un’Europa che deve fronteggiare un altissimo livello di pericoli. Questa lettura di un’Europa come spazio totale e per certi versi assoluto dell’azione politica intende anche puntare il dito contro i sovranisti e nazionalisti sottolineandone sia le contraddizioni sia il vero e proprio pericolo rappresentato dalla loro presa di potere in Europa. Il discorso di Macron si fa anche potente nell’offrire una lettura completamente europeizzata delle sfide future, con una visione delle prospettive dell’Unione a livello mondiale. Mentre in tempi di pace la visione di potenza francese poteva sembrare come fuori luogo di fronte al funzionalismo che si stava sviluppando in Europa, nell’attuale fase questa lettura sembra salutare, al di là di chi la propone. 

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Rimangono però alcune questioni sospese. Se l’Unione è destinata ad essere una potenza per resistere alle pressioni internazionali odierne, e se vengono elencate una serie di azioni settoriali per rinforzarne i mezzi che dal lato economico definiscono un momento hamiltoniano, con la messa in comune della tassazione e del debito, allora sarà anche necessario andare avanti su una trasformazione del proprio sistema istituzionale. Ciò porterebbe all’acquisizione di una maggiore efficienza e autonomia nei confronti di stati membri non più idonei. Questa conseguenza logica della visione macroniana appare in contradizione con l’attuale ruolo del presidente della repubblica francese. Si tratta di un’aporia non da poco che non viene affrontata in modo incrementale, con un richiamo a un’evoluzione progressiva delle istituzioni europee, ma che poi esige una riflessione sull’approfondimento dei poteri. L’atto mancato di un Macron che si esprime nel contesto delle elezioni europee senza i parlamentari impegnati nella loro ultima sessione ci dà un’altra indicazione per risolvere questo rebus politico, quella di un presidente francese che si starebbe posizionando per un ruolo europeo con orizzonte 2029. Uno scenario in cui lui guiderebbe l'insieme degli strumenti della nuova potenza europea, sbocco quasi naturale per chi finirà il suo secondo mandato di presidenza francese nel 2027, e soprattutto per chi è talmente segnato dalla Storia da sognare di lasciarci la propria impronta.

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