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Le note della rivolta

La musica della rivoluzione che da cinquant’anni fa cantare il Portogallo libero

Francesco Gottardi

"Grandola", il brano di José "Zeca" Afonso dedicato all'omonima città nell'Alentejo, fu il segnale che nel 1974 venne usato per dare il via alla rivoluzione

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Un marciare incalzante sulla ghiaia, stivali in crescendo. Poi i tre minuti cantati che spazzarono via 41 anni di dittatura: “Grandola vila morena, terra della fraternità, è il popolo che ti governa”. Versi proibitissimi dall’Estado Novo salazarista. Eppure ben chiari nelle case di tutti i portoghesi, via radio, venti minuti dopo la mezzanotte del 25 aprile 1974: era il segnale in codice scelto dal Movimento delle Forze armate per dare il via alla rivoluzione. L’unica nella storia europea, fra tutte le transizioni militari verso la democrazia, a contare più fiori che sangue. Oggi dei garofani si sa tutto. Di Grandola – il brano di José “Zeca” Afonso dedicato all’omonima “città bruna” nell’Alentejo – poco o nulla oltre i confini del paese. “Per noi non è soltanto musica, ma un concetto. Esprime il collante culturale di una nazione. E da cinquant’anni accompagna noi tutti: la intoniamo alle feste, per strada, in famiglia. Ci ricorda da dove veniamo”.

Cristina Nascimento è giornalista di quella Radio Renascença che scandì l’ora X della rivoluzione. “All’epoca dei fatti non ero ancora nata”, racconta al Foglio. “Ma il mio rapporto con questa canzone è diventato speciale quasi per caso”. Fu lei a scoprire perché proprio Grandola, fra le tante. “Tempo fa si teneva una cerimonia commemorativa davanti alla vecchia sede dell’emittente, nel centro di Lisbona. Tra i presenti c’era Carlos de Almada Contreiras, uno dei capitani d’aprile. Mi avvicinai. Lui disse che in origine il piano rivoluzionario era un altro”. Dare un primo indizio sonoro la sera del 24 con E depois do adeus – un successone da Eurovision – “come in effetti avvenne. Poi la password avrebbe dovuto essere Venham mais cinco”, sempre del cantautore militante Zeca Afonso. “Ma alle 2 del pomeriggio precedente, gli ufficiali ribelli si accorsero che quest’ultima non era presente fra i nastri della redazione”. Radio Renascença infatti era (ed è tuttora) d’ispirazione cattolica. E aveva i suoi criteri di censura interna. “Non c’era tempo per confrontarsi: bisognava cambiare canzone e comunicarlo in fretta e furia. Contreiras era addetto alla logistica. Veniva dall’Alentejo. Si ricordò di Grandola e questo è quanto. ‘Una scelta mia, del tutto dittatoriale, all’alba della democrazia’, mi sorrise”.

  

    

Dall’Associaçao 25 de Abril – l’analoga della nostra Anpi, con le opportune distinzioni – arriva un ulteriore dettaglio. “L’altra data chiave è il 29 marzo, poche settimane prima”, spiega il segretario Alfredo Vieira. “Afonso si esibì al Coliseu, auditorium gremito, alcuni capitani erano intenti a sondare le possibili canzoni in codice. Grandola finì nella lista: oggi rappresenta il Portogallo, chi mai avrebbe immaginato fino a che punto”. A differenza di Bella ciao, il canto lusitano non si logora nell’eterno dibattito fra destra e sinistra. “Il giorno del cinquantenario è prevista una grande parata popolare per le vie della capitale, con testimonianze dirette e presenza istituzionale: sarà l’occasione per diffondere lo spirito della liberazione e dei valori democratici. Ci saranno tutti, senza etichette di partito, sulle note di Grandola”. Un salto generazionale in meno pesa come un macigno, per mantenere la memoria collettiva. “Nell’Associaçao, 12 consiglieri su 19 sono padri fondatori. E alle cene celebrative partecipano ancora i protagonisti di quell’aprile lontano”.

C’è di più. “Abbiamo reso la rivoluzione un bene universale”, dice Nascimento, dalla radio. “E Grandola ha un significato civico. O politico nel senso più letterale del termine”, cioè relativo alla polis, alla vita di comunità. “Da autentica tradizione orale. La canta mia madre anziana e la cantano i miei figli piccoli tornando da scuola: noi siamo una famiglia democristiana, ma lo stesso vale per socialisti e liberali, attivisti e disillusi”. La intonerebbe pure un elettore di Chega, l’estrema destra in ascesa? “Magari in campagna elettorale no. Ma nel privato e nel profondo, ogni portoghese sente suo questo brano. Anche più dell’inno. Soltanto di recente sta rischiando di politicizzarsi: lo scorso marzo, in vista del voto, il Partito comunista portoghese aveva deciso di chiudere ogni comizio con Grandola. Un’emozione, ma anche un’arma a doppio taglio”. In Italia ne sappiamo qualcosa. “Dobbiamo coltivare quest’unità senza protagonismi. Esistono tanti altri sostegni culturali che ci aiutano a coinvolgere anziché escludere: penso al film Capitani d’aprile”, con Stefano Accorsi nei panni del leader Salgueiro Maia. Sia lui sia Afonso morirono giovani e in disparte rispetto al cammino democratico del Portogallo. “Ma ci hanno lasciato un immenso patrimonio comune”, sottolinea Nascimento. “Per tramandarlo, non c’è modo migliore che continuare a cantare”.

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