Navalny parla da una prigione in collegamento video durante un'udienza di tribunale a Petushki, in Russia (foto LaPresse/Denis Kaminev) 

La Russia senza Putin. Il manifesto di Navalny

Alexei Navalny

Per salvare l’Ucraina bisogna battere i russi e avere un piano strategico che preveda la garanzia che in futuro l’istinto aggressivo e imperialista non abbia il sopravvento

Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2022.


 

Che aspetto ha una fine auspicabile e realistica della guerra criminale scatenata da Vladimir Putin contro l’Ucraina?

 
Se esaminiamo le principali dichiarazioni dei leader occidentali a questo proposito, la linea di fondo rimane: la Russia (Vladimir Putin) non deve vincere questa guerra. L’Ucraina deve rimanere uno stato democratico indipendente in grado di difendersi da solo.

 
Questo è corretto, ma è una tattica. La strategia dovrebbe essere quella di garantire che la Russia e il suo governo, in modo naturale e non coercitivo, non vogliano cominciare delle guerre, non trovino le guerre allettanti. Questa è una cosa è senza dubbio possibile. In questo momento lo stimolo all’aggressione proviene da una minoranza della società russa.
 A mio avviso, il problema delle attuali tattiche dell’occidente non sta solo nella vaghezza del loro obiettivo, ma nel fatto che ignora la domanda: che aspetto avrà la Russia una volta raggiunti gli obiettivi tattici? Anche in caso di successo, dov’è la garanzia che il mondo non si troverà di fronte a un regime ancora più aggressivo, tormentato dal risentimento e da idee imperiali che hanno poco a che fare con la realtà? Con un’economia colpita da sanzioni ma ancora grande, in uno stato di mobilitazione militare permanente? E con armi nucleari che garantiscono l’impunità per ogni provocazione e avventura internazionale?

 
 E’ facile prevedere che, anche nel caso di una dolorosa sconfitta militare, Putin dichiarerà di aver perso non contro l’Ucraina, ma contro “l’occidente collettivo e la Nato”, che ha aggredito la Russia per causarne la distruzione.

 
 E poi, ricorrendo al suo solito repertorio postmoderno di simboli nazionali – dalle icone alle bandiere rosse, da Dostoevskij al balletto – giurerà di creare un esercito così forte e armi di tale potenza e senza precedenti che l’occidente rimpiangerà il giorno in cui ci ha sfidato, e l’onore dei nostri grandi antenati sarà vendicato.
  
Assisteremo allora a un nuovo ciclo di guerre ibride e provocazioni, che finiranno per degenerare in nuove guerre.

 
Per evitare tutto ciò, la questione della Russia postbellica dovrebbe diventare il tema centrale – e non solo un elemento tra gli altri – di chi si batte per la pace. Non si possono raggiungere obiettivi a lungo termine senza un piano per garantire che la fonte dei problemi smetta di crearli. La Russia deve smettere di essere un’istigatrice di aggressioni e instabilità. Questo è possibile, ed è così che dovremmo definire una vittoria strategica in questa guerra.

 
Ci sono diverse cose importanti che stanno accadendo in Russia e che devono essere comprese:
 

In primo luogo, la gelosia nei confronti dell’Ucraina e dei suoi possibili successi è una caratteristica innata del potere post sovietico in Russia; era una caratteristica anche del primo presidente russo, Boris Eltsin. Ma dall’inizio del governo di Putin, e soprattutto dopo la Rivoluzione arancione ucraina iniziata nel 2004, l’odio per la scelta europea dell’Ucraina e il desiderio di trasformarla in uno stato fallito sono diventati un’ossessione duratura non soltanto per Putin ma anche per tutti i politici della sua generazione.
  
Il controllo sull’Ucraina è il più importante atto di fede di tutti i russi con visioni imperiali, dai funzionari alla gente comune. Secondo loro, la Russia combinata con un’Ucraina sottomessa equivale a una “rinascita dell’Urss e dell’impero”. Senza l’Ucraina, secondo questa visione, la Russia è solo un paese senza possibilità di dominare il mondo. Tutto ciò che l’Ucraina acquisisce è qualcosa che viene tolto alla Russia.

  
In secondo luogo, la visione della guerra non come una catastrofe ma come un mezzo straordinario per risolvere tutti i problemi non è solo una filosofia dei vertici di Putin, ma una pratica confermata dalla vita e dall’evoluzione. Dalla seconda guerra cecena, che ha reso il poco conosciuto Putin il politico più popolare del paese, passando per la guerra in Georgia, l’annessione della Crimea, la guerra nel Donbas e la guerra in Siria, l’élite russa negli ultimi 23 anni ha imparato regole che non hanno mai fallito: la guerra non è così costosa, risolve tutti i problemi di politica interna, fa salire alle stelle l’approvazione dell’opinione pubblica, non danneggia particolarmente l’economia e, soprattutto, i vincitori non devono rispondere di nulla. Prima o poi, uno dei leader occidentali, che cambiano in continuazione, verrà da noi per negoziare. Non importa quali motivazioni lo spingeranno – la volontà degli elettori o il desiderio di ricevere il Nobel per la pace – ma se dimostrerete la giusta perseveranza e determinazione, l’occidente verrà a fare la pace.

  
Non dimenticate che negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in altri paesi occidentali ci sono molti politici che sono stati sconfitti e hanno perso terreno a causa del loro sostegno a questa o quella guerra. In Russia, semplicemente, non esiste una cosa del genere. Qui la guerra è sempre una questione di profitto e di successo.
 In terzo luogo, quindi, la speranza che la sostituzione di Putin con un altro esponente della sua élite cambi radicalmente questa visione della guerra, e in particolare della guerra per “l’eredità dell’Urss”, è quantomeno ingenua. Le élite sanno semplicemente per esperienza che la guerra funziona, meglio di qualsiasi altra cosa.
 
L’esempio migliore è forse quello di Dmitri Medvedev, l’ex presidente su cui l’occidente riponeva tante speranze. Oggi questo divertente Medvedev, che una volta è stato portato a visitare la sede di Twitter, rilascia dichiarazioni così aggressive da sembrare una caricatura di quelle di Putin.
 
In quarto luogo, la buona notizia è che l’ossessione sanguinaria per l’Ucraina non è affatto diffusa al di fuori delle élite di potere, a prescindere dalle bugie che i sociologi filogovernativi possono raccontare.
 
La guerra aumenta l’indice di gradimento di Putin supermobilitando la parte della società che ha una mentalità imperiale. L’agenda delle notizie è completamente consumata dalla guerra; i problemi interni passano in secondo piano: “Evviva, siamo tornati in gioco, siamo grandi, stanno facendo i conti con noi!”. Tuttavia, gli imperialisti aggressivi non hanno un dominio assoluto. Non costituiscono una solida maggioranza di elettori, e anche loro hanno bisogno di un costante contributo della propaganda per sostenere le loro convinzioni.
 
Altrimenti Putin non avrebbe avuto bisogno di chiamare la guerra “operazione speciale” e di mandare in prigione chi usa la parola “guerra”. (Non molto tempo fa, un membro di un consiglio distrettuale di Mosca ha ricevuto sette anni di prigione per questo). Non avrebbe avuto paura di inviare coscritti in guerra e non sarebbe stato costretto a cercare soldati nelle prigioni di massima sicurezza, come sta facendo ora. (diverse persone sono state “arruolate per il fronte” direttamente dalla colonia penale in cui mi trovo).
 
Certo, la propaganda e il lavaggio del cervello hanno un effetto. Tuttavia, possiamo affermare con certezza che la maggioranza degli abitanti di grandi città come Mosca e San Pietroburgo, così come i giovani elettori, sono critici nei confronti della guerra e dell’isteria imperiale. L’orrore per le sofferenze degli ucraini e la brutale uccisione di innocenti risuonano nell’anima di questi elettori.

 
Possiamo quindi affermare quanto segue: la guerra contro l’Ucraina è stata iniziata e condotta, ovviamente, da Putin, nel tentativo di risolvere i suoi problemi politici interni. Ma il vero partito della guerra è l’intera élite e il sistema di potere stesso, che è un autoritarismo di tipo imperiale che si autoriproduce all’infinito. L’aggressione esterna in qualsiasi forma, dalla retorica diplomatica alla guerra vera e propria, è la sua modalità operativa preferita e l’Ucraina è il suo bersaglio preferito. Questo autoritarismo imperiale autogenerato è la vera maledizione della Russia e la causa di tutti i suoi problemi. Non possiamo liberarcene, nonostante le opportunità che la storia ci offre regolarmente.
 
La Russia ha avuto la sua ultima occasione di questo tipo dopo la fine dell’Urss ma sia l’opinione pubblica democratica all’interno del paese sia i leader occidentali di allora hanno commesso il mostruoso errore di accettare il modello – proposto dalla squadra di Boris Eltsin – di una repubblica presidenziale con enormi poteri per il leader. Dare molto potere a un bravo ragazzo sembrava logico all’epoca.
 
Ma presto accadde l’inevitabile: Il buono è diventato cattivo. Per cominciare, ha scatenato lui stesso una guerra (quella cecena) e poi, senza normali elezioni e procedure corrette, ha ceduto il potere ai cinici e corrotti imperialisti sovietici guidati da Putin. Hanno causato diverse guerre e innumerevoli provocazioni internazionali e ora stanno tormentando una nazione vicina, commettendo crimini orribili per i quali né molte generazioni di ucraini né i nostri stessi figli ci perdoneranno.
 
Nei trentuno anni trascorsi dal crollo dell’Urss, abbiamo assistito a uno schema chiaro: i paesi che hanno scelto il modello della repubblica parlamentare (gli stati baltici) stanno prosperando e sono entrati con successo in Europa. Quelli che hanno scelto il modello presidenziale-parlamentare (Ucraina, Moldavia, Georgia) hanno affrontato una persistente instabilità e hanno fatto pochi progressi. Quelli che hanno scelto un forte potere presidenziale (Russia, Bielorussia e repubbliche dell’Asia centrale) hanno ceduto a un rigido autoritarismo, la maggior parte di essi è costantemente impegnata in conflitti militari con i propri vicini, sognando a occhi aperti il proprio piccolo impero.
 
In breve, la vittoria strategica significa riportare la Russia a questo momento storico chiave e lasciare che il popolo russo faccia la scelta giusta.
 
Il modello futuro per la Russia non è “potere forte” e “mano ferma”, ma armonia, accordo e considerazione degli interessi dell’intera società. La Russia ha bisogno di una repubblica parlamentare. E’ l’unico modo per fermare il ciclo infinito dell’autoritarismo imperiale.
 
Si può obiettare che una repubblica parlamentare non è una panacea. Chi può impedire a Putin o al suo successore di vincere le elezioni e ottenere il pieno controllo del Parlamento?
 
Naturalmente, anche una repubblica parlamentare non offre garanzie al 100 per cento. E’ possibile che stiamo assistendo alla transizione verso l’autoritarismo dell’India parlamentare. Dopo l’usurpazione del potere, la Turchia parlamentare si è trasformata in una repubblica presidenziale. Il nucleo del fan club europeo di Putin si trova paradossalmente nell’Ungheria parlamentare.
 
E la nozione stessa di “repubblica parlamentare” è troppo ampia.
Eppure credo che questa cura offra vantaggi cruciali: una riduzione radicale del potere nelle mani di una persona, la formazione di un governo a maggioranza parlamentare, un sistema giudiziario indipendente, un aumento significativo dei poteri degli enti locali. Tali istituzioni non sono mai esistite in Russia e ne abbiamo un disperato bisogno.
 
Per quanto riguarda il possibile controllo totale del Parlamento da parte del partito di Putin, la risposta è semplice: una volta che la vera opposizione potrà votare, ciò sarà impossibile. Una grande fazione? Sì. Una maggioranza di coalizione? Forse. Controllo totale? Sicuramente no. Troppe persone in Russia oggi sono interessate alla vita normale e non al fantasma di conquiste territoriali. E ci sono sempre più persone simili ogni anno. Semplicemente non hanno nessuno per cui votare adesso.
 
Certamente il cambiamento del regime di Putin nel paese e la scelta della via per lo sviluppo non sono questioni che riguardano l’occidente, ma posti di lavoro per i cittadini russi. Tuttavia, l’occidente, che ha imposto sanzioni sia alla Russia come stato sia ad alcune delle sue élite, dovrebbe rendere il più chiara possibile la sua visione strategica della Russia come democrazia parlamentare. In nessun caso dovremmo ripetere l’errore dell’approccio cinico dell’occidente negli anni Novanta, quando all’élite post sovietica fu di fatto detto: “Fai quello che vuoi lì; bada solo alle tue armi nucleari e forniscici petrolio e gas”. Infatti, anche adesso sentiamo voci ciniche dire cose simili: “Lasciamo che ritirino le truppe e facciano quello che vogliono da lì. La guerra è finita, la missione dell’occidente è compiuta”. Quella missione era già “compiuta” con l’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014, e il risultato è una guerra in Europa nel 2022.
 
Si tratta di un approccio semplice, onesto ed equo: il popolo russo è ovviamente libero di scegliere il proprio percorso di sviluppo. Ma i paesi occidentali sono liberi di scegliere il formato delle loro relazioni con la Russia, di revocare o no le sanzioni e di definire i criteri per tali decisioni. Il popolo russo e l’élite russa non hanno bisogno di essere forzati. Hanno bisogno di un segnale chiaro e di una spiegazione del perché tale scelta sia migliore. Fondamentalmente, la democrazia parlamentare è anche una scelta razionale e desiderabile per molte delle fazioni politiche attorno a Putin. Dà loro l’opportunità di mantenere la propria influenza e lottare per il potere, garantendo al tempo stesso che non vengano distrutti da un gruppo più aggressivo.
 
La guerra è un flusso incessante di decisioni cruciali e urgenti influenzate da fattori in costante cambiamento. Pertanto, mentre elogio i leader europei per il loro continuo successo nel sostenere l’Ucraina, li esorto a non perdere di vista le cause fondamentali della guerra. La minaccia alla pace e alla stabilità in Europa è l’autoritarismo imperiale aggressivo, continuamente inflitto dalla Russia a sé stessa. La Russia del dopoguerra, come la Russia del dopo Putin, sarà condannata a diventare nuovamente belligerante e putinista. Ciò è inevitabile finché si mantiene l’attuale forma di sviluppo del paese. Solo una repubblica parlamentare può impedirlo. E’ il primo passo verso la trasformazione della Russia in un buon vicino che aiuta a risolvere i problemi invece di crearli.

  
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