Al Congresso americano

Lo speaker McCarthy asseconda il ricatto trumpiano e avvia l'inchiesta per l'impeachment di Biden

Paola Peduzzi

Il repubblicano decide di non far votare l'aula ma affida l'indagine sul figlio del presidente a tre commissioni. Ha cambiato idea sulla procedura per salvarsi il posto: i trumpiani gli si erano rivoltati contro

Lo speaker del Congresso americano, il repubblicano Kevin McCarthy, ha deciso ieri di dare il via libera all’inchiesta formale di impeachement del presidente Joe Biden, il quale avrebbe beneficiato degli affari di suo figlio, Hunter Biden. “Si tratta di accuse di abuso di potere, ostruzione e corruzione e meritano ulteriori indagini da parte della Camera”, ha detto McCarthy motivando la sua decisione, anche se i cronisti di Washington già spiegavano quali sono le sue reali motivazioni: non perdere il posto. Lo speaker ha deciso di non sottoporre la richiesta di avviare l’inchiesta a tutta la Camera – i repubblicani hanno la maggioranza, ma molti avevano dichiarato di essere contrari – ma di farla condurre da tre commissioni parlamentari, tutte a guida repubblicana.

Il primo di settembre, McCarthy aveva detto in un’intervista al sito Breitbart che avrebbe organizzato un voto di tutta la Camera, perché si tratta di una decisione, quella di aprire l’inchiesta per l’impeachment, “che non può essere presa da una persona sola”: è “una questione seria”, e i repubblicani “non la prenderanno alla leggera né la useranno per scopi politici”. Hunter Biden ha raggiunto un accordo con il dipartimento di Giustizia, a giugno, riguardo a tre accuse a suo carico: due sono di natura fiscale e Biden jr si è dichiarato colpevole (non ha pagato le tasse); la terza riguarda il possesso illegale di un’arma e Biden jr ha accettato di sottoporsi al programma di prevenzione preprocessuale, che prevede una specie di libertà vigilata ed evita la condanna. Sull’accusa più rilevante per il presidente, cioè gli affari con paesi stranieri, in particolare con l’Ucraina, è in corso un’indagine da nove mesi: lunedì, i deputati democratici hanno pubblicato un documento di 14 pagine in cui dettagliano “lo straordinario fallimento” dell’indagine. Nonostante siano state visionate 12 mila pagine di documenti bancari su attività sospette, nonostante siano state già fatte ore e ore di interrogatori a persone che hanno lavorato con Biden jr, non è finora stata trovata nessuna prova di pagamenti diretti al presidente. I repubblicani avevano comunque intenzione di andare avanti, lo stesso McCarthy lo voleva, ma non erano certi di avere i numeri, e per questo lo speaker ha modificato la procedura, evitando un confronto interno al partito che avrebbe potuto essere controproducente.

Lo speaker ha cambiato idea per ragioni che riguardano lui stesso: anche la sua elezione è stata il frutto di un accordo personale con l’ala trumpiana del Congresso, cioè il suo incarico è iniziato grazie a questo patto che, fin dall’inizio, è sembrato più simile a un ricatto. Lo stesso schema è stato ripetuto dai trumpiani negli scorsi giorni:  il deputato trumpiano Matt Gaetz, che è spesso stato critico con McCarthy in passato, ha raccolto sostegno e materiale per provare a cacciare McCarthy. Le argomentazioni che porta riguardano la gestione maldestra dello speaker della legge di Bilancio, ma soprattutto il fatto che McCarthy non è abbastanza aggressivo nei confronti di Biden. Per mettere a tacere la rivolta interna, lo speaker ha deciso di accelerare l’inchiesta di impeachment, dicendo che l’Amministrazione ha riservato “un trattamento speciale” a Biden jr e che “le prove raccolte” rivelano una “cultura della corruzione” alla Casa Bianca. Il ricatto trumpiano su McCarthy ha avuto ancora una volta la meglio: chissà che si dice a Kyiv nel vedere che, se l’inchiesta dovesse proseguire, l’Ucraina sarebbe in mezzo a due procedure di impeachment al presidente degli Stati Uniti nel giro di cinque anni.
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi