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Infanzia russizzata

Mosca ha separato famiglie ucraine e internato bambini. I crimini secondo l'Osce

Pietro Guastamacchia

Deportazione, indottrinamento, adozioni. Ecco il rapporto sui crimini russi contro i quasi ventimila minori portati via illegalmente dalla loro terra a opera del Cremlino

Bruxelles. Solo 361 dei 19.393 bambini ucraini portati illegalmente in Russia sono stati restituiti alle autorità di Kyiv e dietro a questo dato si nasconde un dedalo di cosiddetti “campi ricreativi”, affidamenti forzati e una revisione del quadro giuridico russo per accelerare la fornitura di passaporti di Mosca per i minori. Sono queste le rivelazioni di un un rapporto riservato di 90 pagine che è stato consegnato ai 57 ambasciatori dell’Osce. Il report, visionato dal Foglio, è la conseguenza dell’attivazione del cosiddetto Meccanismo di Mosca, una clausola presente nei trattati fondanti dell’Osce. È proprio tramite questa clausola che si può richiedere l’attivazione di una missione di esperti qualora ci siano sospetti di violazioni dei diritti fondamentali. Nelle sue conclusioni, il rapporto conferma e approfondisce l’analisi diffusa da Yale che ha generato il mandato di arresto della Corte penale internazionale contro il presidente russo Vladimir Putin.

 

Se la terminologia giuridica è fredda, il contenuto del rapporto è agghiacciante: “Il filtraggio e l’internamento della popolazione civile fedele all’Ucraina da parte della potenza occupante ha portato alla separazione delle famiglie in violazione del diritto umanitario internazionale. Invece di essere internati insieme ai genitori, alcuni bambini sono stati deportati in Russia per essere ‘portati in salvo’ non in termini di sicurezza ma ideologici. La missione ha riscontrato che questa pratica di separazione non consensuale delle famiglie vìola la Convenzione di Ginevra e costituisce un crimine di guerra”, spiega il testo nelle prime pagine. La missione è stata condotta dalla professoressa Veronika Bilkova dell’Istituto di Relazioni Internazionali di Praga, dall’avvocato norvegese Cecilie Hellestveit del Centro studi per la Pace di Oslo e dalla professoressa lettone Elina Steinerte, e ha preso in analisi le cosiddette “evacuazioni per motivi di sicurezza” utilizzate come base giuridica per il trasferimento di bambini messi a rischio dalle operazioni belliche, come per esempio il trasferimento di 225 orfani dall’orfanotrofio numero 1 del distretto di Donetsk a Rostov sul Don, avvenuto il primo giorno di guerra e da cui nessun bambino ha mai fatto ritorno.

 

Ancora più angosciante è la sezione del rapporto relativa ai “campi ricreativi” in Crimea e in Russia. Secondo il documento infatti i bambini destinati a tali strutture non erano orfani, ma membri di famiglie residenti nelle zone che si trovavano sotto il controllo effettivo della Federazione russa e a cui veniva “offerto” un soggiorno vacanza per i loro figli. “Tali offerte erano però difficili da rifiutare a causa delle dure condizioni di vita sotto occupazione delle pressioni degli organi russi o filorussi nel dimostrare fedeltà. La missione ha raccolto segnalazioni di bambini trasferiti tra vari campi, senza il consenso dei genitori o dei tutori legali”, continua l’analisi. Sulle condizioni di trattamento nei campi il rapporto si fa ancor più inquietante, “gli effetti cumulativi delle molteplici violazioni ai danni dei bambini ucraini deportati danno origine a preoccupazioni molto serie sul fatto che i diritti di questi bambini a essere liberi da torture e maltrattamenti o trattamenti inumani o degradanti siano stati violati.

 

La missione ha inoltre raccolto testimonianze su sessioni di ‘studio patriottico’ e l’obbligo di recitazione dell’inno della Federazione russa al mattino”. Gli esperti si soffermano anche a descrivere lo “snellimento legale in materia di adozione e cambio di cittadinanza portato avanti dal Cremlino dall’inizio del conflitto in poi” inclusa la legge federale sulla “peculiarità dello status giuridico dei cittadini della Federazione russa che hanno la cittadinanza dell’Ucraina, adottata il 18 marzo 2023” ai sensi della quale la rinuncia alla cittadinanza ucraina per i minori di 14 anni può avvenire su richiesta dei genitori o di altri tutori legali, compresi i rappresentanti delle istituzioni in cui sono collocati: “Un processo di rimozione forzata della nazionalità che non tiene alcun conto dell’opinione del minore”. Stralci del rapporto sono stati letti giovedì a Vienna durante la riunione del Consiglio permanente dell’Osce davanti alla faccia impassibile dell’ambasciatore russo, Alexander Lukashevich e al delegato di Washington, Michael Carpenter che a margine ha commentato: “Non c’è conforto per chi soffre oggi. Ma grazie a queste pagine c’è la certezza che le generazioni future guarderanno indietro a questi crimini e metteranno in dubbio l’umanità dei loro autori”.