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Al Consiglio Ue

L'Europa spiega a Meloni perché è finita la pacchia

David Carretta

Mes, balneari, Green deal e migranti. Sta svanendo la luna di miele tra Roma e Bruxelles. Gli europei vogliono evitare una rottura con l’Italia, ma la premier deve rispettare gli impegni

Bruxelles. La luna di miele di Giorgia Meloni con l’Unione europea sta per finire. Dopo la fase iniziale di rassicurazioni e pragmatismo, ricambiati dai partner con aperture di credito e ampia disponibilità a cooperare, i prossimi mesi dovrebbero trasformarsi in un periodo più conflittuale. I primi segnali sono già visibili. Le politiche migratorie hanno avuto uno spazio molto limitato nella discussione e nelle conclusioni del Consiglio europeo. L’Italia è fortemente penalizzata dal potenziale accordo che la Commissione intende concludere con la Germania sui carburanti sintetici per sbloccare il regolamento che mette fine all’immatricolazione di auto con motore a combustione nel 2035. Le misure del Green deal europeo sembrano destinate a diventare uno dei bersagli privilegiati della maggioranza Meloni in vista della campagna per le elezioni europee. Nel frattempo, dal Mes ai balneari, il governo Meloni non sta rispettando i patti firmati dall’Italia. L’Ue è pronta a dare, ma vuole anche ricevere. Si moltiplicheranno le occasioni di scontro, potenzialmente esplosive con un governo nazionalista.

 

Il rischio per Meloni è di fare la fine di un Viktor Orbán: un leader che fa molto rumore, ma che è marginale nei processi decisionali dell’Ue. Al suo primo Consiglio europeo a dicembre, Meloni era stata accolta come una leader normale, nonostante la paura di alcuni di ritrovarsi con una nazionalista di estrema destra e anti europea al tavolo dei capi di stato e di governo. Il presidente del Consiglio aveva rassicurato, evitando rotture e attacchi pubblici e facendo capire che avrebbe partecipato al normale gioco europeo. Al Consiglio europeo di febbraio è stata accontentata quando ha chiesto di fare delle politiche migratorie una delle due priorità. Il fatto che il Consiglio europeo si sia soffermato solo brevemente sulle migrazioni è normale. Il tema era già stato discusso dai leader il 9 febbraio per spingere la Commissione a fare di più sulla rotta del Mediterraneo centrale. Serve tempo per mettere in opera i piani d’azione. Il problema è che, dopo la tragedia di Cutro, la stessa Meloni ha alimentato le aspettative di una svolta europea. Il presidente del Consiglio ha detto di essere “soddisfatta”, ma è esposta alle critiche delle opposizioni per mancanza di risultati.

 

Dal Consiglio europeo Meloni rischia di tornare sconfitta nella battaglia per salvare il motore a combustione, dopo che esponenti del suo governo avevano strombazzato una grande vittoria per essere riusciti a rinviare il voto facendo fronte comune con la Germania. Da allora la Commissione ha negoziato solo con Berlino, snobbando Roma e facendo concessioni sui carburanti sintetici. L’Italia non è stata ascoltata sui biocarburanti. L’accordo che si sta disegnando è “svantaggioso”, ammettono fonti di Palazzo Chigi. Se confermerà il suo voto contrario al regolamento per azzerare le emissioni delle automobili nuove dal 2035, l’Italia si ritroverà isolata con Polonia, Bulgaria e (forse) Repubblica ceca. Lo stesso scenario potrebbe riprodursi su molti altri provvedimenti del Green deal che devono ancora essere approvati prima delle elezioni europee. Il governo Meloni ha cambiato posizione sulla direttiva sull’efficienza energetica degli immobili, affermando un “no” sempre più forte alle “case green”. Il “no” è destinato ad allargarsi ad altre misure: nuovi standard Euro 7 per le auto, riduzione delle emissioni di tir e autobus, riutilizzo degli imballaggi al posto del riciclaggio, normative ambientali per il tessile. Anche se può trovare occasionalmente sponde in altri paesi – come accaduto con la Germania sul motore a combustione – l’Italia rischia di finire sostanzialmente isolata. È accaduto questa settimana sulle emissioni industriali, quando è stata l’unico paese a votare contro la nuova direttiva a causa dell’inclusione parziale degli allevamenti intensivi.

 

Gli altri leader vorrebbero evitare una rottura. Emmanuel Macron terrà stasera il primo bilaterale con Meloni dallo scontro sulla Ocean Viking. La Commissione ha chiuso gli occhi su dossier sensibili per Roma, come le balneari, il decreto contro le navi delle ong o il rispetto delle regole di Dublino. Ma, più il tempo passa, più l’Italia sarà chiamata a rispettare gli impegni. L’elenco è lungo e include la liberalizzazione delle concessioni, gli obiettivi di bilancio per il 2024, la ratifica del nuovo trattato del Mes e dell’accordo di libero scambio con il Canada, la ripresa dei trasferimenti dei “dublinanti”. “Alla fine spetta a Meloni decidere se vuole stare al gioco e trarne beneficio per l’Italia oppure cedere alla tentazione di fare come Orbán”, spiega al Foglio un diplomatico dell’Ue. L'Ungheria fa molto rumore contro Bruxelles in nome di una presunta difesa degli interessi nazionali. Ma rimane inascoltata e, sempre più spesso, è sanzionata dalla Commissione. Nelle dinamiche di potere interne all’Ue, se non si è la Germania, veti, voti contrari e proteste alla lunga condannano all’irrilevanza.

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