La puntata proibita

Perché il documentario della Bbc sulle rivolte in Gujarat fa così paura a Narendra Modi

Priscilla Ruggiero

Il premier nazionalista indiano sta censurando in ogni modo India: The Modi questionsulle responsabilità che ha avuto da primo ministro dello stato del Gujarat nel pogrom del 2002 contro la comunità musulmana. Così il Bjp si avvicina alle elezioni nel 2024 della più grande democrazia del mondo

Nei giorni  scorsi  il governo indiano di Narendra Modi ha cercato in ogni modo di censurare nel paese il documentario della Bbc India: the Modi question, andato in onda il 17 gennaio nel Regno Unito. In India non è possibile vedere il documentario se non con una Vpn, ma la diffusione di spezzoni video e post  sui social media ha fatto arrabbiare il Bharatiya Janata Party (Bjp), il partito nazionalista hindu al governo, che è ricorso a una legislazione introdotta nel 2021 dallo stesso Modi che consente il “blocco delle informazioni in caso di emergenza”. Il documentario è stato etichettato come un pezzo di “propaganda ostile e spazzatura anti India” da  Kanchan Gupta, consigliere del ministero dell’Informazione  indiano, e sono state inviate centinaia di richieste da parte di funzionari a Twitter e YouTube per rimuovere   clip del documentario  sulla base del fatto che stava “minando la sovranità e l’integrità dell’India” e “facendo accuse infondate”. Gupta ha poi aggiunto che le piattaforme hanno “rispettato le indicazioni”.  

 

Il documentario è diviso in due parti ma è la prima ad aver suscitato le polemiche: racconta i tre giorni di vent’anni fa, nel febbraio 2002, quando in un incendio su un treno alla stazione di Godhra, in Gujarat, pieno di attivisti della Vishwa Hindu Parishad (Vhp), morirono 59 hindu scatenando uno spaventoso pogrom sull’intera comunità musulmana che causò oltre mille morti. Carlo Buldrini nel suo libro Cronache indiane (edizioni Lindau), descrive le violenze tra le comunità hindu e musulmana di quei giorni: “Di buon mattino, i militanti delle organizzazioni hindu si riversarono nelle strade.  Erano armati: bastoni, spade, tridenti, bottiglie incendiarie, taniche di cherosene, bombole di gas liquido. C’era anche chi impugnava delle armi da fuoco. Tutti gridavano: ‘Jai Shri Ram’, Evviva il dio Rama. (…) ‘Maro, kato’, Uccideteli, fateli a pezzi, gridavano i più esaltati. Molte abitazioni erano già avvolte dalle fiamme. I musulmani cercavano disperatamente di mettersi in salvo. Venivano presi e uccisi. Per le donne, soprattutto le più giovani, la fine era ancora più atroce. A turno venivano violentate e poi uccise a colpi di bastone. Prima di cospargere i loro corpi di cherosene e darli alle fiamme, c’era chi strappava dai cadaveri ancora caldi collane e orecchini”. 

 

Secondo il documentario della Bbc, Narendra Modi, che al tempo era primo ministro dello stato del Gujarat, è “direttamente responsabile” di quanto accaduto in quei giorni, per aver “ordinato alla polizia di non intervenire” e di aver sostenuto gli estremisti hindu nella ribellione. Un documento inedito  afferma come quella violenza fu “pianificata e motivata politicamente: l’obiettivo era di eliminare i musulmani dalle aree hindu”, e che le morti furono oltre duemila. La censura sul documentario ha ottenuto l’effetto contrario attirando ancora di più l’attenzione sui fatti di vent’anni fa. I partiti d’opposizione stanno fornendo link a chiunque voglia vedere il documentario, e martedì è stata staccata la corrente  alla Jawaharlal Nehru University, dove un gruppo di studenti stava proiettando The Modi question.  Mercoledì alcuni studenti  di New Delhi sono stati arrestati poche ore prima che potessero proiettarlo. E’ così che Modi e il suo partito si avvicinano alle elezioni nel 2024 della più grande democrazia del mondo.   
 

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