PUBBLICITÁ

dopo il vertice osce

Botte e risposte tra due ambasciatori (americano e russo) sulla sicurezza

Pietro Guastamacchia

“Putin stato messo nell’angolo anche dai suoi alleati”, ci dice l'ambasciatore americano presso l’Osce. Quello russo lascia Lodz amareggiato. Sulla necessità di un dialogo i due concordano ma sulla definizione di dialogo si torna sulle barricate

PUBBLICITÁ

Lodz. Per Michael Carpenter, ambasciatore americano presso l’Osce, il vertice di Lodz è stato un successo: “La Russia ora è isolata nell'Osce, a parte Minsk nessuno ha difeso la sua barbarica guerra, Putin stato messo nell’angolo anche dai suoi alleati”, ha detto al Foglio. L’ex consigliere speciale di Biden sulla Russia è soddisfatto, e non lo nasconde, la sua linea di isolare Mosca in un’organizzazione in cui i russi hanno spesso fatto da padroni ha pagato. Per Washington dunque l’Osce non rischia di diventare inutile, “abbiamo trovato modo di aggirare il veto di Mosca, continueremo il nostro lavoro portando avanti progetti promossi da un gruppo di paesi affini troveremo il modo di rimanere a fianco di Kyiv”. 

 
A guidare la delegazione russa a Lodz invece, dopo il rifiuto di Varsavia a concedere il visto a Sergei Lavrov, c’era l’ambasciatore Aleksander Lukashevichc che invece ai margini del vertice ha detto al Foglio che lascia Lodz amareggiato. Lukashevich se la prende con la dirigenza polacca chiamandoli “uomini pragmatici e gretti” che “ripetono accuse copia incollate e scritte altrove”, per l'ambasciatore la guerra in Ucraina, per quanto grave, “non è il cuore del problema”. I due ambasciatori non si sono incontrati, e anzi gli uffici di protocollo hanno lavorato sodo per fare in modo che non avvenisse neanche per sbaglio. La guerra che sta lacerando l’Europa per il diplomatico di Mosca è solo una conseguenza, il nodo invece “è il ripetuto rifiuto di offrire garanzie di sicurezza per il suo paese” e per spiegarlo l’ambasciatore la prende, come i russi amano fare, da molto lontano. “La storia dell’Osce è la storia di una spinta verso la ricerca di una sicurezza comune, una spinta che abbiamo creato con gli americani e gli europei. Immaginate il segretario generale del Pcus al tavolo con il presidente degli Stati Uniti, nel 1975, a firmare un documento d’intesa. Era impossibile immaginarlo ma si fece e si fece perché c’era fiducia reciproca sul fatto che si cercasse una sicurezza duratura”, spiega Lukashevich.

 
Girare attorno al conflitto invece non ha senso per Carpenter, che sugli eventi che hanno seguito il 24 febbraio ha un idea molto chiara: “Vladimir Putin voleva il controllo completo dell’Ucraina, voleva occupare l’intera nazione e incorporarla alla Federazione russa: quella di Putin è una guerra coloniale di conquista”. La compattezza del fronte anti Mosca, stando all’ambasciatore, è dovuta anche ai ripetuti sforzi portati avanti per evitare l’escalation: “Tutti hanno capito che abbiamo tentato il possibile per trovare modi per discutere prima di febbraio, per arrivare a  una definizione di cosa siano i legittimi problemi di sicurezza della la Russia, ma Mosca ha rifiutato, senza nemmeno provarci”.

PUBBLICITÁ

  
Per Mosca invece il riconoscimento dei propri dubbi circa la sicurezza sono proprio il motivo del contendere e Lukashevich lo sottolinea ripartendo nuovamente da lontano: “Dal 2008 abbiamo capito che non potevamo più fidarci e infatti abbiamo messo sul tavolo delle trattative l’European security treaty, risposte? anni di silenzio! Allora abbiamo chiesto garanzie legali per la nostra sicurezza e Bruxelles ci ha detto che solo la Nato poteva darcele. Lo scorso dicembre le abbiamo chieste alla Nato, la risposta? ‘ognuno può scegliere la propria politica estera e le proprie alleanze liberamente’. No, questa non è la sicurezza indivisibile di cui parlano gli accordi, rileggete uno dei princìpi fondamentali: ‘non rafforzare la propria sicurezza a discapito della sicurezza degli altri’, questo dicono gli accordi fondanti di questa organizzazione”, sottolinea col dito su una copia dei trattati.

PUBBLICITÁ

     

Le richieste di Mosca infatti gravitano tutte su concetto di sicurezza indivisibile ma a Carpenter spazientisce anche solo la definizione:  “E’ un concetto che  può essere interpretato in molti modi, se per sicurezza indivisibile si intende che la sicurezza di uno stato è influenzata dalla sicurezza di un altro, siamo tutti d’accordo. Ma i russi usano questo termine in modo particolare per dire che nessuno stato può intraprendere alcuna azione per difendersi o per rafforzare la propria sicurezza senza l'approvazione di Mosca. Ritengono di avere un veto sul fatto che l'Ucraina o la Georgia o la Bosnia scelgano di entrare nella Nato, perché apparentemente questo ha un impatto sulla sicurezza della Russia, ma quando invece invadono i suddetti paesi non chiedono il permesso a nessuno, lo fanno e basta”.

  
Sulla necessità di un dialogo i due ambasciatori concordano ma sulla definizione di dialogo si torna nuovamente sulle barricate. Per Lukashevich si può riproporre “un dialogo Osce, cessate il fuoco e istituzione di una missione di monitoraggio”. Nelle pieghe della sua risposta però c’è anche il riconoscimento dei territori annessi da Mosca, linea rossa per Kyiv e Washington, e a domanda l’ambasciatore conferma: “Le regioni di Kherson, Zaporizhzhya e del Donbas, fanno parte della Federazione russa”.

 
E quando gli si fa notare che questo è un ostacolo alla  pace, ripete: “Lasci perdere l’Ucraina, torniamo al concetto di sicurezza indivisibile, in - di - vi - si - bi - le, capisce?, vuol dire che senza includere Mosca non c’è architettura possibile di sicurezza in Europa”.

 
Per Carpenter la porta per al dialogo di Mosca è aperta su un abisso, e l’americano non intende caderci  “potenzialmente c’è spazio per dialogare in futuro, ma Putin non ha mostrato assolutamente alcun segno di voler fermare questo conflitto, ha l'opportunità di farlo oggi stesso , anche ora, ma invece decide di bombardare la rete elettrica dell'Ucraina, di impegnarsi nelle operazioni di filtraggio più brutali dagli anni Trenta a oggi. Al momento, anche solo pensare di trovare un compromesso con il paese che sta perpetrando questo tipo di azioni è un concetto assolutamente barbarico”, taglia secco il rappresentante di Washington.

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ