L'allarme dei sauditi e il ritorno di Bibi

L'Iran mostra i muscoli in Ucraina per mandare un messaggio in medio oriente

Cecilia Sala

Stati Uniti e Arabia Saudita sono preoccupati dall'ipotesi di un attacco iraniano "nelle prossime 48 ore". I pasdaran e la deterrenza spettacolare con i droni su Kyiv per mandare un messaggio in medio oriente

Ieri sono emersi nuovi dettagli rispetto a una notizia che aveva pubblicato il Wall Street Journal il giorno prima: l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti sono preoccupati dall’ipotesi di un attacco imminente da parte dell’Iran condotto con  droni e missili. Una fonte americana ha detto al giornale che l’intelligence saudita ha avuto questa notizia e li ha avvisati subito – negli ultimi tempi i rapporti tra i due paesi erano  freddi. Il principe ereditario Mohammed bin Salman  non ascolta i consigli e le richieste di Joe Biden mentre appoggia la guerra energetica di Vladimir Putin e riduce la produzione di petrolio per fare alzare il suo prezzo di mercato. La rivelazione è arrivata il giorno delle elezioni in Israele, vinte dall’uomo che ha accusato tutti i governi dopo il suo di essere troppo teneri con l’Iran e ha promesso che la linea sarebbe cambiato di nuovo al suo ritorno: Bibi Netanyahu.

Gli iraniani considerano Netanyahu – insieme a Donald Trump e all’ex segretario di stato americano Mike Pompeo – direttamente responsabile sia dell’uccisione del generale Qassem Suleimani a gennaio 2020 sia di quella dello scienziato-pasdaran padre del programma nucleare Mohsen Fakhrizadeh a novembre 2020. Secondo gli analisti, i Guardiani della rivoluzione dicono da anni che l’Iran ha un problema di deterrenza che va risolto: dal loro punto di vista, la guerra in Ucraina, i droni e i missili balistici venduti a Putin sono stati l’occasione perfetta per mostrare in modo clamoroso la capacità distruttiva delle proprie armi e spaventare i nemici. 

Ieri è emerso che, secondo alcune fonti, nel report inviato dai sauditi ci sarebbe scritto che l’attacco iraniano che potrebbe avere nel mirino sia il territorio del regno sia gli americani di stanza a Erbil, in Iraq, potrebbe cominciare “già nelle prossime 48 ore”. E’ un dettaglio del report dell’intelligence saudita che il Wall Street Journal non conosceva ma che ha pubblicato sia la testata Iran International sia, subito dopo, Associated Press, che cita una propria fonte anonima. 


Un passo indietro: da anni la diplomazia iraniana e quelle dei paesi arabi del Golfo muovono dei piccoli passi di riavvicinamento. Quest’estate il Kuwait ha inviato un ambasciatore a Teheran per la prima volta in sei anni e nello stesso periodo la diplomazia  emiratina aveva fatto sapere che “si sta procedendo per ricostituire completamente le nostre relazioni con l’Iran”. Con i sauditi la situazione è più complicata, ma sono stati fatti passi in avanti grazie alla mediazione irachena e dopo numerosi incontri proprio in Iraq sauditi e iraniani avevano annunciato il passaggio da una timida collaborazione che riguardava esclusivamente questioni di sicurezza a una “discussione politica”. L’ultimo incontro delle delegazioni a Baghdad era stato in primavera.


A settembre, l’esercito russo inizia a usare centinaia di droni suicidi iraniani Shahed in Ucraina. Per i sauditi quei droni sono una ferita aperta perché sono gli stessi che, nel 2019, avevano colpito loro: lo stabilimento Aramco nell’est del paese era saltato in aria, dimezzando la produzione petrolifera del regno. Gli iraniani avevano negato un coinvolgimento ma l’attacco era opera dei ribelli yemeniti sostenuti dalla Repubblica islamica e i droni precipitati su Aramco erano triangolari, piatti, di colore chiaro: identici a quelli che i sauditi oggi vedono quando guardano i filmati girati in Ucraina. 


Settembre è anche il mese in cui sono cominciate le proteste in Iran. Una delle testate più seguite e rilanciate dagli iraniani dissidenti all’estero (ma anche da alcuni manifestanti) è proprio Iran International, che pubblica sia in inglese sia in farsi, ha sede a Londra ed è di proprietà di un saudita. La propaganda di Teheran, all’inizio, aveva detto che le proteste erano state istigate e manipolate da “Stati Uniti e Israele”, poi il comandante in capo dei pasdaran Hossein Salami ha aggiunto che c’erano dietro anche i sauditi. “Ci sono i vostri media dietro l’istigazione dei nostri giovani e per questo voi pagherete il prezzo”: si riferiva a Iran International.