Emiri e uccellini

Con Musk entra in Twitter anche il fondo sovrano del Qatar, non proprio un amico della libertà

Giulio Meotti

Tante le aspettative libertarie che la nuova proprietà suscita. Ma nella cordata del patron di Tesla e Space X, oltre al principe saudita Alwaleed, ci sono anche i 375 milioni di dollari della Qatar Holdings, la sussidiaria del fondo sovrano dell'emirato

“L’uccello è libero”, ha twittato Elon Musk all’annuncio dell’acquisizione, dopo mesi di diatribe, del social che cinguetta. Tante le aspettative libertarie che la nuova proprietà suscita su Twitter. Ma nella cordata del patron di Tesla e Space X, oltre al principe Alwaleed dell’Arabia Saudita, ci sono anche i 375 milioni di dollari della Qatar Holdings, la sussidiaria del fondo sovrano del Qatar, un paese che non è certo noto per apprezzare la libertà di parola (nel 2022 ha battuto molto cassa a seguito della guerra in Ucraina).  Resta da vedere quale influenza i nuovi partner azionari islamici di Musk saranno in grado di esercitare sulla piattaforma. 
  

Un paese, il Qatar, che, nell’indice di Freedom House, ottiene 25 su 100 nel punteggio delle libertà (la Russia è poco sotto con 19). E secondo Amnesty International dall’anno scorso “le autorità del Qatar hanno continuato a limitare la libertà di espressione usando leggi abusive per soffocare le voci critiche”. L’organizzazione ha evidenziato il caso di Malcolm Bidali, un blogger e attivista per i diritti dei lavoratori  keniota tenuto in isolamento per aver parlato contro gli abusi in vista della Coppa del mondo. Il Qatar ha condannato all’ergastolo Muhammad Ibn al Dheeb al Ajami, che nelle sue poesie derideva gli “sceicchi che giocano sulle loro playstation” a manovrare il mondo. Ma non è solo libertà di parola.

 

Documenti scoperti dal Middle East Forum hanno rivelato che il Qatar ha distribuito quasi un miliardo di dollari alle organizzazioni islamiste attraverso la Eid Charity, i cui fondi sono andati a 288 organizzazioni islamiche per un totale di oltre 770 milioni di dollari. Il Carnegie Endowment for International Peace ha descritto la Eid Charity come “la più grande e influente organizzazione umanitaria al mondo controllata dai salafiti”. Lo confermano le notizie arrivate nei giorni scorsi dalla Germania. “I documenti provenienti da fughe di dati da enti di beneficenza del Qatar indicano che milioni di euro sono affluiti dal Qatar alle moschee in Germania”, scrive il settimanale  Zeit. Moschee ad Amburgo, Bielefeld, Bonn, Essen, Francoforte, Offenbach, Heidelberg e Monaco. C’è anche la Moschea Dar-as-Salam della capitale. Titola il Tagespost: “Il Qatar ha donato milioni alle moschee tedesche affiliate ai Fratelli musulmani”. E  il giornale della sinistra francese, Libération: “Il Qatar, finanziatore dell’Islam europeo”. 

  
Dopo che la Germania ha siglato un accordo con il Qatar per il gas, il quotidiano Welt ha scritto che “il sollievo in Germania è enorme. Finalmente non si dipenderà più dalle forniture di un paese governato autocraticamente in cui la vita degli omosessuali è difficile e i diritti umani non sono sempre presi sul serio”. Molta ironia. Come dimenticare quel venerdì 12 febbraio 2021, pochi minuti dopo la vittoria del Bayern Monaco nella finale di Coppa del Mondo per club a Doha. Lo sceicco Joaan bin Hamad Al Thani non porge la mano né saluta le due donne arbitro al termine della partita, a differenza di quanto aveva fatto con le controparti maschili, davanti al presidente della Fifa, Gianni Infantino. E chissà cosa pensare di Paola Schietekat, messicana ufficiale della Coppa del Mondo, che rischia di essere condannata a cento frustate e sette anni di carcere in Qatar perché le autorità dell’emiro l’hanno accusata di “sesso extraconiugale” dopo che la donna ha denunciato di aver subito uno stupro. 

 
Un miliardario eclettico e geniale, un principe saudita e il fondo di stato del Qatar, gran burattinaio dei Fratelli Musulmani nel mondo. Più di bot e fake news, dovrebbe essere la cordata di Musk a far cinguettare i passeri della bolla digitale.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.