Foto di Markus Schreiber, via LaPresse 

la riunione

Con i suoi “no” Scholz aiuta Putin. Per Draghi e Macron, Berlino mette a rischio l'unità

David Carretta

La Germania continua a bloccare iniziative come il price cap sul gas e il debito comune e Ursula von der Leyen è vista come complice. "Il rischio è quello della frammentazione del mercato", ha detto il primo ministro italiano a Bruxelles

Bruxelles. “Vladimir Putin si sbaglia, se pensa di avere successo con la sua guerra di aggressione e usando la fame e l’energia come armi. Vuole seminare paura, dividere e intimidire l’Europa. Ma ottiene il contrario: il nostro paese è unito e l’Europa è unita”, ha detto ieri il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, prima della riunione del Consiglio europeo per affrontare l’emergenza dei prezzi dell’energia. Poche ore dopo a Bruxelles, è stato Scholz a ritrovarsi sul banco degli imputati: l’Unione europea non è unita e la colpa è della Germania che, complice la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, continua a bloccare iniziative come il price cap sul gas o uno strumento di debito comune per aiutare famiglie e imprese. “Il rischio è quello di una frammentazione del mercato che può avere riflessi negativi sull’unità europea, se i paesi che hanno maggior spazio fiscale operano in autonomia”, ha spiegato Mario Draghi, criticando i ritardi di von der Leyen e lo scudo da 200 miliardi della Germania. “Non è bene né per la Germania né per l’Europa che la Germania si isoli”, ha detto Emmanuel Macron, puntando il dito contro Scholz.

 

Con meno brutalità, lo stesso avvertimento è stato lanciato da altri. “Abbiamo fatto diversi vertici in cui abbiamo sentito molti ‘no’. Penso che a questo vertice dovremmo sentire dei ‘sì’”, ha detto il belga Alexander De Croo. Ieri i leader si sono lanciati in una maratona negoziale che potrebbe prolungarsi a oggi. Secondo De Croo, “la posta in gioco sono i cittadini che hanno enormi difficoltà e le Pmi e le imprese che sono sull’orlo di interrompere le loro attività”. I “no” di Scholz non solo paralizzano l’Ue, ma rafforzano Putin. 

 

L’energia “ha un impatto sulla situazione politica dei nostri paesi”, ha detto ieri il presidente della Lituania, Gitanas Nausėeda. Le proteste per il caro bollette e l’inflazione si stanno moltiplicando un po’ ovunque. La recessione si avvicina. I settori energivori hanno subìto un crollo della produzione. Le chiusure di imprese si moltiplicano. Il sostegno dell’opinione pubblica per l’Ucraina e le sanzioni contro la Russia non può più essere dato per scontato. “A situazione eccezionale, risposta eccezionale”, ha detto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Eppure, prima del vertice, Scholz non ha fatto concessioni su tetto ai prezzi e solidarietà finanziaria.

 

“Un price cap fissato politicamente comporta sempre il rischio che i produttori poi vendano il loro gas altrove e che noi europei otteniamo meno gas invece che di più”, ha detto il cancelliere al Bundestag. Per abbassare i prezzi del gas, secondo Scholz, si deve fare un cartello del Gnl con Giappone e Corea del sud e negoziare con i fornitori amici: “Sono convinto che paesi come Stati Uniti, Canada o Norvegia, che sono nostri alleati nella solidarietà con l’Ucraina, abbiano un interesse a fare in modo che l’energia in Europa non diventi proibitiva”. La Germania, nonostante gli squilibri creati dal suo scudo da 200 miliardi, è ferma sulle sue posizioni anche sulla solidarietà finanziaria. “Siamo i più grandi contributori dell’Ue e paghiamo il 26 per cento del bilancio comunitario”, ha spiegato Scholz: le risorse di altri “meccanismi di solidarietà”, come il Recovery fund e RePowerEu, “non sono state ancora usate”. “No” a un Sure 2.0: per Berlino, vanno usati i soldi che ci sono già.

 

Al Consiglio europeo Scholz non è totalmente isolato. Svezia, Danimarca, Paesi Bassi e Austria sono più o meno sulla stessa linea su price cap e solidarietà finanziaria. Ma il gruppo dei frugali è sempre più stretto, mentre il presidente del Consiglio, Mario Draghi, è riuscito a costruire una coalizione  più ampia. Non più solo Belgio, Grecia e Spagna, ma un numero crescente di paesi del nord e dell’est. “La Finlandia è pronta a sostenere metodi molto poco ortodossi, come il price cap”, ha detto la premier Sanna Marin. Il lettone Arturs Krisjanis Karins ha accusato la Germania di “tendenze protezioniste”. Forse non è 26 contro 1. Ma  Berlino  si trova senza molti  alleati tradizionali. Compreso Macron che ha deciso di andare allo scontro con Scholz. “Dobbiamo abbassare i prezzi del gas”, ha detto: sulla solidarietà la Francia chiede “meccanismi di garanzie o prestiti”. Al suo ultimo Consiglio europeo, Draghi ha chiesto un fondo comune considerevole utilizzabile non solo per gli investimenti ma anche per mitigare i prezzi. Scholz deve scegliere tra l’isolamento a vantaggio di Putin e l’unità europea.